Nei Paesi più avanzati la richiesta di banda larga da connessioni fisse è ormai più o meno stabile, con crescite molto contenute, mentre la domanda di broadband da dispositivi mobili continua a salire a ritmi impressionanti. La pressione su Governi e operatori infrastrutturali per uno sviluppo delle reti mobili sempre più performanti è quindi molto forte, ma diversi opinionisti non ritengono che questa sia una priorità. La critica è che la richiesta di banda larga mobile è trainata dalla diffusione di smartphone (con una penetrazione che oggi è del 45%, e che diventerà del 60% nel 2020), ma l’uso dello smartphone si concentra in gran parte sulla consultazione e aggiornamento dei social network, attività che non migliorano le competenze digitali delle persone, né la qualità della vita.
Uno dei più recenti contributi al dibattito su questo tema viene da un articolo su “Agenda Digitale”, scritto da Rossella Lehnus di Infratel. Nel 2020 il 90% della popolazione mondiale sopra sei anni di età avrà un proprio telefono mobile, scrive Lehnus citando l’Ericsson Mobility Report di novembre 2014, e mentre gli abbonamenti a servizi di banda larga fissa sono costanti dal 2010 e lo saranno anche per tutto il decennio, quelle mobili – soprattutto da smartphone – registrano una crescita impressionante: da 0,5 miliardi di sottoscrittori nel 2010 a 8 miliardi nel 2020.
Una tendenza questa particolarmente importante anche per l’Italia dove già ora ci sono più SIM che persone, e la penetrazione globale del mobile è del 95%, con un primato europeo se ponderato al numero di abitanti. Il punto però per Lehnus è che, pur essendo in effetti l’esplosione della connessione dati da smartphone che “traina” la domanda di banda larga mobile, questa comunque si aggiunge al traffico voce da mobile senza cannibalizzare né quest’ultimo né il traffico dati sul fisso che, infatti, rimangono costanti negli anni.
«Considerando le tre modalità di accesso ai servizi broadband – “solo mobile”, “mobile e fisso” e “solo fisso” – quella che è aumentata significativamente negli anni è la percentuale di popolazione che ha sottoscritto servizi di connettività sia sul mobile sia sul fisso. Quindi, in altre parole, non solo la navigazione via smartphone si aggiunge e non si sostituisce a una presenza in rete più strutturata, ma anche la stessa navigazione “mobile only” è oggi, molto articolata e variegata».
Insomma con lo smartphone si possono fare moltissime cose: non solo chattare e stare sui social network ma anche informarsi, fare la spesa, comprarsi vestiti da indossare, leggere libri. La nostra vita può, dunque, spostarsi online per quasi tutto, e lo può fare anche attraverso un dispositivo mobile: ora è solo una questione di qualità della vita. E l’indice di qualità online si misura in capacità infrastrutturale, sottolinea Lehnus.
«Con connessioni poco performanti, anche le attività che si possono compiere in rete non potranno alimentare la creatività delle startup, non incoraggeranno le imprese a innovarsi e non potranno soddisfare l’utente. Alla conquista dei nuovi mondi ci si deve andare con navi adeguate e marinai con esperienza: se i nostri marinai non possono fare pratica probabilmente non riusciranno ad essere competitivi. Se, infatti, la concorrenza fra gli operatori di rete si gioca sui prezzi invece che sulla qualità, abbiamo come risultato la rete più lenta d’Europa con prezzi d’accesso competitivi, ma che non valgono più di quello che offrono. Il ruolo pubblico in questo mercato, quindi, deve saper premiare la qualità dell’infrastruttura, mantenendo una posizione tecnologicamente neutrale e colmando i naturali squilibri d’offerta fra i territori».