Il food è con il fashion il cuore del Made in Italy. La qualità del cibo prodotto nel nostro paese è un segno di eccellenza in tutto il mondo. Non a caso, a partire dal cosiddetto “italian sounding”, le forme di imitazione o le produzioni che sfruttano la forza di attrazione del tricolore, si moltiplicano e sconfinano frequentemente nella contraffazione alimentare. Con il digitale l’impresa agroalimentare del nostro Paese può disporre di nuovi strumenti per proteggersi e per valorizzare la propria produzione. Strumenti che consentono di aumentare l’efficienza nella produzione e la qualità del prodotto sostenendo l’eccelenza delle filiere e difendendo il comparto dai fenomeni dell’imitazione e della contraffazione, con vantaggi per l’industria, per i produttori e per i consumatori finali.
L’industria alimentare confida da tempo nella tecnologia e nel digitale per avere nuove forme di tutela, e oggi grazie alla combinazione di Internet of Things, analytics e capacità di integrazione, si è intrapreso un percorso di innovazione, che prende il nome di “foodtech”, che manifesta concretezza e linearità. Un esempio, forse il più significativo, arriva dalla possibilità reale e praticabile, di creare un ponte sempre più percorribile tra l’innovazione del settore primario e l’industria di trasformazione, con la produzione, che a sua volta è sempre più integrata con il retail e con le reti commerciali. Una prospettiva che aggancia in modo coraggioso il tema dell’innovazione sul campo con quello dell’Industry 4.0 in una logica integrata fortemente sostenuta e abilitata dalle piattaforme digitali.
Abbiamo affrontato il tema dell’innovazione nel foodtech e dell’integrazione industriale con una azienda, Cisco, che è direttamente coinvolta e impegnata sia in una specifica innovazione sul campo e negli ambiti del food, sia sull’Industria 4.0, ovvero con un attore che porta avanti una visione sempre più integrata della filiera dell’industria agroalimentare. In particolare ne abbiamo parlato con Michele Festuccia, che per Cisco Italia ha il duplice ruolo di direttore dell’ingegneria e responsabile dei progetti rivolti al settore agroalimentare nel piano di investimenti denominato “Digitaliani”.
Partiamo dalla connessione tra Industria 4.0 e produzione agricola. Si può già oggi ipotizzare una evoluzione delle logiche del Precision Farming verso un Farming sempre più digitale, che riesce ad agganciare le informazioni del campo con quelle necessarie per integrarsi con l’industria di trasformazione?
Il ponte tra il “campo” e l’industria di trasformazione è quasi naturale, nel senso che la filiera agroalimentare in tante specifiche declinazioni non termina con un prodotto finito, ma va a collegarsi, in qualità di conferitrice di materie prime, ad un soggetto industriale che si occupa della aggregazione, produzione e commercializzazione di quanto derivato dal processo di trasformazione.
Ci sono filiere come quella del grano duro, o come quella del pomodoro, che alimentano una produzione industriale, che a sua volta è collegata ai domini della distribuzione e commercializzazione.. In altre parole il primo presupposto per guardare all’innovazione digitale nel settore primario è quello di guardare a questo processo come a una filiera estesa che parte dal campo e arriva allo scaffale o genericamente, al punto di contatto con il consumatore.
Siamo quindi in modo chiaro entrati nel dominio dell’Industry 4.0.
Questa chiave di lettura attribuisce all’industria un ruolo di stimolo e di guida?
Diciamo che per certi aspetti il centro di questa filiera è di fatto rappresentato dal comparto dell’Industria, che soprattutto in questo periodo è indotta e incoraggiata a leggere l’innovazione digitale sulla base delle logiche Industria 4.0, ovvero guardando a tutto il processo in modo sempre più integrato e digitale. E questa visione allargata non può non arrivare al punto dal quale prende vita tutto il processo dell’agroalimentare, ovvero dal field.
Forse è un processo che inizia proprio dal campo?
Certamente, il Precision Farming ha acceso nuovi processi e ha alzato il livello, in termini di quantità e qualità, di dati che “fanno” un prodotto. Prima di tutto per aumentare la qualità e la quantità della produzione sul campo e secondariamente perché in questo modo il settore primario è in grado di conferire all’industria non solo delle materie prime ma anche tante informazioni preziose che anticipano l’arrivo delle materie prime stesse e che possono permettere all’industria di operare con maggiore efficienza e con più opportunità di valorizzare la qualità dei prodotti.
Possiamo dire che cambia forse prima di tutto il modo di “comunicare”?
E’ qualcosa di più. Quando guardiamo a questa trasformazione digitale tra il campo, l’industria e lo scaffale dove finisce il prodotto prima di approdare sulla nostra tavola, troviamo un parallelo tra la logistica digitale che unisce i tre domini fisici del campo, dell’industria e del retail, con una “logistica” fisica.
Gli automezzi che trasportano materie prime o semilavorati sono sostituiti da “pacchetti” digitali che trasportano tutte le informazioni relative a queste materie prime. Questi pacchetti di informazioni rappresentano la logistica dei dati, viaggiano sulla strada di Internet e creano un legame orizzontale tra domini differenti. Ancora una volta stiamo parlando di una Industria 4.0 applicata al mondo agrifood grazie a una visione integrata di tutti i componenti della filiera. La velocità dei prodotti digitali è naturalmente diversa e può anticipare l’arrivo del prodotto fisico, può portare informazioni preziose per chi deve programmare la lavorazione o per chi deve conoscere in anticipo le caratteristiche organolettiche di un “treno” di materie prime, per gestirne il “mix” di produzione con altre materie prime.
Ma al di la del fatto di essere più o meno pronta, la filiera agroalimentare è concettualmente coerente con una logica Industria 4.0?
L‘Industria 4.0 ha fondamentalmente due modelli di sviluppo: filiera o chain, a sviluppo sequenziale e Pivot, il classico indotto industriale .
La filiera sequenziale è prodotta da una serie di attori che collaborano nella forma di clienti-fornitori generando prodotti che in forma appunto sequenziale aumentano il proprio valore sino ad approdare all’ultimo attore, tipicamente il retail, che rappresenta il punto di contatto con il cliente finale. L’indotto industriale ha un attore prevalente, denominato anche “Pivot”, che assume il ruolo di crocevia di tante e diverse filiere.
Possiamo dire che a parte poche eccezioni l’agrifood è una filiera sequenziale del tutto coerente con le logiche dell’Industry 4.0.
Che ruolo sta svolgendo Cisco in questo processo di innovazione?
La proposizione di Cisco si muove su due ambiti: da una parte punta a creare le condizioni per far sviluppare questi processi portando innovazione e sostenendo l’innovazione di nuovi attori con Start Up e Open Innovation, dall’altro mette a disposizione una proposta tecnologia e una offering con una verticalizzazione spinta ad alta specializzazione. Cisco mantiene fede al core business in particolare con una offerta di tecnologie per le infrastrutture di comunicazioni. Tutte le comunicazioni sono core business per Cisco e rappresentano un elemento abilitante fondamentale per questi domini.
In concreto, sul campo della SmartAgrifood come si traduce questa visione?
In concreto significa rendere collegabili sensori, Internet of Things, apparati, wearable nel campo della zootecnia e apparati ad esempio per l’irrigazione intelligente o per il monitoraggio di piante, per il controllo delle condizioni ambientali, per la verifica della posizione lo studio e l’analisi del comportamento degli animali. Qualunque sia il contesto o la tecnologia la base di partenza è rappresentata dalla capacità di connessione e dalla sicurezza della connessione. Qui c’è Cisco.
Noi lavoriamo sulla connettività da una parte e sul computing per lavorare i dati e per permettere a questi dati di diventare informazioni e poi azioni.
C’è poi il grande tema della cybersecurity. Se creiamo un mondo parallelo con la rappresentazione dei contesti fisici, e dei prodotti, con le loro caratteristiche, con informazioni che viaggiano e che determinano logiche di produzione, questa rappresentazione è vulnerabile e va protetta e occorre gestire la sicurezza dei dati, la confidenzialità dei dati e la loro gestione sicura lungo tutta la filiera e lungo tutti i passaggi. Anche questo è terreno d’azione di Cisco.
Che ruolo gioca l’Open Innovation e la collaborazione con le Startup?
Importantissimo. Si sviluppa con lo stesso approccio con cui le aziende gestiscono il loro portafoglio. Le aziende consolidano il portafoglio prodotti esistente e investono in ricerca e sviluppo per generare nuovi prodotti e per rinnovare l’offerta. Con la stessa modalità cerchiamo di seguire quei canali che permettono di creare innovazione, come acceleratori, hub, incubatori e cerchiamo di sostenere gli sviluppatori nel settore dell’agroalimentare. Il tutto con una doppia visione.
Da una parte siamo interessati ai processi di innovazione sia a livello di procedure e metodologie sia a livello di di prodotto vero e proprio. Come si sviluppano nuove tecniche di produzione agricola o nuove “cultivar”, può rappresentare un buon esempio del dove ci stiamo concentrando. Per questi scenari il digitale offre gli strumenti di misura e analisi dei rendimenti e performance e facilità lo scambio interdisciplinare delle informazioni. Dall’altra parte guardiamo al filone dell’innovazione digitale applicata alla produzione agricola o zootecnica, per sviluppare un sistema a controllo numerico, per l’automazione e la programmabilità delle filiere, capace di implementare il principio di “self driving” e modelli di supporto alle decisioni.
Tutto questo è quanto ritroviamo come invarianti, al’interno dei trend del precision farming, chain treacebility, safety and security, consumer experience …
Come Cisco ci confrontiamo con tutti gli stakeholder, lavoriamo con tecnici del mondo delle scienze agricole e zootecniche per comprendere al meglio metodologie e processi. Ma lavoriamo anche con chi fa sviluppo digitale nella parte della filiera food più sbilanciata sul consumatore, ad esempio a livello di marketing, a livello di supporto al retail, o nella creazione di sentiment analysis, ovvero su tutti gli strumenti che servono per trasformare la produzione in business.
Torniamo al cuore della SmartAgrifood e vediamo meglio cosa vuol dire attuare processi di innovazione nel controllo e miglioramento della produzione e a livello di innovazione nelle prospettive di business
Può essere utile l’esempio di una società come Penelope che mette a disposizione un nuovo approccio al tema del controllo e della qualità delle materie prime e che ha sviluppato soluzioni che portano innovazione su tutta la filiera (vedi servizio su ValueGo). In particolare Penelope è un Competence Center nel settore agroalimentare che permette di capire l’evoluzione del settore e le sue dinamiche. Cisco ha attuato una alleanza con Penelope che è basata prima di tutto sulla conoscenza e sulla spinta al cambiamento. Dall’alleanza con Penelope ha preso vita una galassia di soggetti che sono specializzati in vari elementi tecnologici, si tratta di soggetti che lavorano sui sensori e sul monitoraggio, che lavorano sugli analytics e che operano con altre realtà che lavorano sui processi, sull’organizzazione e sulla struttura di filiera.
Stiamo poi provando a portare le azioni di queste aziende all’interno di un contesto popolato anche da realtà che fanno ricerca e che si affiancano alle startup, con centri che lavorano nello specifico sulla ricerca alimentare, sulla nutraceutica.
Anche per la SmartAgriculture e per la digitalizzazione della filiera agrolimentare sta emergendo un grande tema di sicurezza, allo stesso modo in cui è arrivata per l’Industry 4.0. Si stanno portando su Internet domini e asset che prima non erano digitali con tutti i vantaggi e i rischi che questo comporta.
Per attuare la trasformazione digitale nell’agrifood occorre creare la rappresentazione digitale del mondo fisico. Si tratta di una grandissima opportunità naturalmente, ma significa aprire un varco e rendere vulnerabile questo dominio. Ecco che diventa prioritario trovare il modo di difenderla. Come Cisco abbiamo sviluppato soluzioni che sono espressamente concepite per garantire protezione a domini di produzione, di logistica, di filiera che un tempo non esprimevano questa esigenza. Un esempio certamente molto rilevante in questo senso arriva dall’ambito Industry 4.0 (articolo sulla sicurezza Cisco nell’Industry 4.0).
Quali sono gli scenari che determinano l’attuale situazione della SmartAgrifood in Italia e nel mondo. Quali sono i fattori che ne aiutano la diffusione e quali invece la rallentano?
In Italia il primario è popolato prevalentemente da imprese agricole di piccole dimensioni a conduzione familiare. imprese che spesso fanno fatica a permettersi investimenti in tecnologie. Per superare questo problema come Cisco stiamo lavorando per favorire le aggregazioni, i consorzi, e per dare vita a entità di dimensioni tali da affrontare un percorso di digitalizzazione.
C’è poi un secondo motivo che frena questo sviluppo e riguarda il fatto che il mercato interno italiano è molto evoluto dal punto di vista della cultura e conoscenza dei prodotti e, paradossalmente, l’industria sente meno bisogno in Italia di indirizzare il valore della qualità. Il budget assegnato alla comunicazione sulla qualità del prodotto food in Italia è purtroppo più basso rispetto ad altri paese e manca dunque una voce importante in termini di investimenti. Al contrario questa attenzione è molto forte in Paesi come il Giappone o come in Nord America, dove il prodotto Italiano è percepito come eccellenza e dove il consumatore vuole conoscerne la storia e avere garanzie sulla sua qualità e origini.
C’è poi una storia diversa che riguarda aree del mondo che sono o presumibilmente saranno, ad alta intensità di produzione agricola come il Sud America e come l’Africa, dove il digitale serve per accreditare i prodotti verso l’industria di trasformazione, ovvero per dare garanzie che sono sulla qualità, e le conformità ai disciplinari delle materie prime conferite alle imprese.
In concreto, i mercati maturi vogliono il digitale per raccontare il prodotto finito. I mercati in via di evoluzione hanno bisogno del digitale per accreditare le proprie produzioni verso l’industria di trasformazione.
Concludiamo con l’Industry 4.0 applicata al mondo agrifood o meglio a un agrifood che si integra con processi Industry 4.0. Che ruolo sta svolgendo Cisco e che ruolo svolge l’Italia?
Sul tema innovazione nel food Cisco Italia sta diventando il Competence Center della Corporate e per certi aspetti il lavoro che si sta facendo sta riscuotendo più interesse all’estero che sul territorio Nazionale. Il ruolo dell’Italia per l’agrifood è fondamentale perché ci mette nella condizione di sviluppare competenze uniche a livello di produzioni, di processi, di visione della filiera, con soluzioni che poi Cisco porta in altri paesi.
In altre parole l’Italia è il terreno ideale per fare innovazione nell’agrifood a tutti i livelli, ma ancora non è un mercato forte in termini di numeri.
In Italia si sviluppano soluzioni basate sulla centralità dei disciplinari che permettono un controllo delle qualità organolettiche delle materie prime su tutta la filiera di produzione e di trasformazione. Il risultato che si ottiene con questo tipo di approccio ha un grande effetto sui processi. Se pensiamo che una industria ha più conferitori della stessa materia prima, per mantenere costante la qualità di un prodotto è necessario lavorare sul concetto di mix delle produzioni, “blending”, supportati da un sistema di compliance che faciliti la programmazione dei piani di lavoro sulla base delle informazioni acquisite ex ante, cioè direttamente dal campo e durante le fasi di trasporto e conferimento delle materie prime.
Francesco Marandino di Penelope descrive l’effetto di questo scenario a due dimensioni, digitale e fisico, attraverso il “fenomeno del riavvolgimento del nastro“, allegoria delle vecchie musicassette. Se si è effettuata la digitalizzazione di tutte le informazioni è possibile, in qualunque momento o fase di lavorazione nella filiera, riavvolgere il nastro e andare a vedere cosa è successo e cosa ha provocato un eventuale problema. E ancora, con questo recupero di informazioni dal passato si possono fare simulazioni differenti sulla base dell’esperienza e si può disporre di una maggior capacità di innovazione e una maggior conoscenza del comportamento stesso delle materie prime.