“Se in passato potevamo dirci che non c’era nel Paese un percorso per ragionare sull’innovazione, per iniziare a integrarla nelle strategie di crescita, oggi non possiamo più dirlo. Dobbiamo muoverci. Nel resto del mondo i settori chiave della nostra economia come il manifatturiero, l’agroalimentare, il turismo, il retail di qualità crescono grazie all’integrazione con le nuove tecnologie, sostenuta da cifre di tutt’altro calibro rispetto a quelle che esprimiamo noi oggi. Se crediamo nelle nostre eccellenze imprenditoriali e nelle capacità dei nostri giovani, dobbiamo cambiare scala”. Agostino Santoni, ceo di Cisco Italia non ha dubbi: fare open innovation in Italia è possibile, ma è necessario un salto di qualità.
Intervenendo al convegno “ItaliaReStarts Up, Meet the Italian Innovation Ecosystem” che si è tenuto questa mattina, nella giornata inaugurale dell’edizione 2017 di Smau Milano, il numero uno di Cisco Italia ha posto l’accento sull’importanza di favorire una contaminazione di sapere e idee fra impresa tradizionale e innovativa: “Dobbiamo assolutamente fare un salto di qualità negli investimenti sulle nostre startup: cambiare scala, per fare in modo che la nostra capacità di creare innovazione diventi per il nostro paese un patrimonio di competitività, occupazione e crescita – ha spiegato Santoni -. L’ecosistema dell’innovazione italiano ha tanti punti di forza: grandi competenze e qualità delle persone, una distribuzione territoriale che non accentra in pochi poli di attrazione la possibilità di sviluppare le idee innovative, una rete molto attiva di attori che offrono opportunità di scouting, incubatori, acceleratori. È questa ricchezza che ci ha motivato, ormai quasi due anni fa, a fare dell’innovazione uno dei pilastri del nostro piano di investimenti Digitaliani”, ha sottolineato ricordando il piano lanciato nel gennaio 2016 per accelerare la digitalizzazione del Paese, che ha contribuito con 5 milioni di euro al fondo Invitalia Venture I, collabora oggi con un network che oggi comprende 20 incubatori e acceleratori, coinvolge università e centri di ricerca, e ha incontrato oltre 120 start up, 25 delle quali sono state attivamente ingaggiate in progetti di co-innovazione con clienti.
“Tutto questo lavoro sta dando i suoi frutti, in termini di apertura delle imprese italiane, anche piccole, alla collaborazione con le start up in ottica di trasformazione digitale, e in termini di visibilità del nostro ecosistema anche a livello internazionale. Ma – ha avvertito Santoni – non basta, senza un salto di qualità nel volume di investimenti diretti sulle nostre realtà innovative non potremo sfruttare veramente tutto questo potenziale e perderemo, magari a favore di altri paesi, i ritorni in termini di competitività e di occupazione che potremmo avere”.