Post emergenza Covid-19

Fase 2 Coronavirus: la ripartenza dipende dal livello di contagio e di readiness delle città

Il nuovo report di EY, incrociando gli indicatori di resilienza dello Smart City Index (fattori sanitari, economici e sociali) con i dati del contagio Covid-19, analizza quanto i capoluoghi italiani sono pronti a ripartire e ad affrontare la fase 2 post emergenza

Pubblicato il 27 Apr 2020

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Secondo EY, più del 20% dei capoluoghi italiani non sarà nella condizione di ripartire immediatamente, ma farà molta fatica, perché non possiede le infrastrutture e le tecnologie adatte ad affrontare la complessità della ripartenza post emergenza Covid-19. Per di più, non è detto che le città più resilienti e dotate di più leve siano conseguentemente più avvantaggiate nel percorso verso la nuova normalità. E’ il caso delle città del Nord che, partendo da una situazione di contagio molto più elevato, saranno costrette ad una ripartenza più cauta. EY ha incrociato gli indicatori di resilienza dello Smart City Index (fattori sanitari, economici e sociali) con i dati del contagio Covid-19, restituendo un’analisi di quanto i capoluoghi italiani sono pronti a ripartire e ad affrontare la famosa fase 2.

Le condizioni essenziali per ripartire dopo il Covid-19

La pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova le nostre città, alle prese con il lockdown e la gestione dell’emergenza sanitaria, economica e sociale. Le condizioni per la ripartenza post-emergenza sono ancora da definire nel dettaglio, ma i contorni sono noti.

EY delinea le principali leve da cui si deve ripartire:

  1. un adeguamento delle strutture sanitarie, sia in termini di posti letto (soprattutto in terapia intensiva, per la cura dei malati gravi) sia di medicina di base, per la sorveglianza epidemiologica ma anche in termini di risposta da parte delle farmacie per la distribuzione dei dispositivi di protezione;
  2. una riorganizzazione delle infrastrutture di mobilità, verso una maggiore flessibilità del trasporto pubblico (ad es. integrato con bike e car sharing e anche i monopattini, secondo alcuni il mezzo più indicato nella nuova situazione) ed una moltiplicazione della mobilità alternativa, il tutto supportato da servizi di infomobilità (es. app) che ne consentano un più facile e immediato utilizzo;
  3. un potenziamento delle reti di telecomunicazioni, quindi ampia copertura delle infrastrutture di comunicazione a banda ultralarga fissa (fibra ottica) e mobile (5G), per supportare non solo lo smart working, la didattica a distanza e l’entertainment on-line, ma anche il tracciamento capillare degli individui;
  4. un rafforzamento delle tecnologie di controllo delle città attraverso la sensoristica e le centrali di controllo urbano (traffico, sicurezza), per monitorare in tempo reale i flussi di spostamento dei cittadini, regolare opportunamente l’afflusso ai mezzi pubblici e agli esercizi commerciali, prevenire le situazioni di congestionamento evitando i picchi degli orari di punta, quando verranno riaperti.
  5. servizi pubblici interamente digitalizzati che permettono la continuità di erogazione dei servizi evitando l’affollamento agli sportelli e che sviluppano la capacità di engagement digitale dei cittadini (comunicazione con app e social network), che più abituati ad interagire con la PA tramite strumenti digitali, c’è più possibilità che scarichino le app di tracciamento.

Il diverso livello di contagio nelle città italiane

Bisogna però partire da una premessa. Il Nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2) non ha colpito in egual misura tutti i territori e la penetrazione dei contagi in rapporto alla popolazione è molto diversa da città a città, anche all’interno della stessa regione. Le città più colpite (numero di contagi totali su 10.000 abitanti) sono Cremona (con 151 contagiati totali su 10.000 abitanti) seguita da Lodi (118) e Piacenza (117).

In una situazione critica sono:

  • quasi tutte le città della Lombardia (oltre a Lodi, soprattutto Bergamo con 96 contagiati su 10.000 ab. e Brescia con 94,Varese è la meno contagiata con solo 24 contagiati su 10.000 ab.);
  • diverse città dell’Emilia-Romagna (oltre a Piacenza, anche Reggio Emilia, Parma e Rimini, tutte con valori superiori ai 50 contagiati per 10.000 ab., Ravenna e Ferrara a metà classifica con 23 e 22 contagiati);
  • Aosta, Trento e diverse città del Piemonte (Verbania, Alessandria, Vercelli nelle 20 città italiane più contagiate e le altre comunque nelle prime 40). Tra le città più contagiate anche Imperia, Massa, Genova, Bolzano, Trieste;
  • tra le città del Veneto, Verona è la più colpita (poco sotto i 40 contagiati per 10.000 ab.),Rovigo ne ha solo 13, confermando un miglior controllo dell’infezione nelle città venete e del Friuli-Venezia Giulia (che è complessivamente la regione meno colpita del Nord).

Nella parte “buona” della classifica, vi sono tutte città del Sud, soprattutto le isole (Sardegna e Sicilia), ma anche Calabria, Basilicata, Puglia.

La ripartenza dipende dal livello di contagio e di resilienza delle città

Le condizioni per la riapertura dipendono da fattori sanitari, economici e sociali. È indubbio che le città hanno situazioni e prospettive molto diverse, il che rende evidente che trarranno dalla ripartenza vantaggi diversificati. Da un lato, influisce il livello di contagio che condiziona l’allentamento dei vincoli. Una città con un livello di contagio più elevato potrebbe essere costretta a mantenere più rigorosamente il distanziamento sociale rispetto ad un’altra con meno contagi e che può consentire ai cittadini maggiore libertà di movimento, con meno ripercussioni in termini di nuove ondate di contagi.

Dall’altro, entra in gioco la resilienza e cioè infrastrutture e tecnologie in grado di supportare la ripartenza e di raggiungere più facilmente o più velocemente il new normal. Difatti, se questa città ha un sistema di mobilità più capiente e flessibile, se il sistema di logistica urbana è più avanzato, se ha più fibra ottica nelle abitazioni e magari il 5G è già partito, potrà permettersi più libertà di azione, perché i suoi cittadini potranno fare più agevolmente smart working e didattica a distanza, avere più facilmente la spesa a domicilio ed uscire solo quando è strettamente necessario; se invece non hanno banda sufficiente e non riescono a lavorare efficacemente da casa, saranno costretti ad andare più spesso in ufficio ed aumentare così il rischio di assembramenti.

Bisogna accelerare sulle iniziative di Smart City e sulle scelte di governance locali

Le città del Nord, generalmente più mature nella gestione dei fenomeni sopra descritti, e quindi più resilienti e dotate di più leve, sono in teoria più avvantaggiate nella ripartenza. Tuttavia, partendo da una situazione di contagio molto più elevato, saranno costrette ad una ripartenza più cauta.

Marco Mena, Senior Advisor di EY  sostiene che “Tutte le città devono sfruttare gli investimenti fatti nella smart city negli ultimi anni e capitalizzarli verso la ripartenza, facendo sistema tra i soggetti coinvolti. Chi è in una situazione critica di contagio farà molto più fatica a muoversi in quest’ottica, mentre le città che hanno il contagio sotto controllo hanno maggiori probabilità di sfruttare la ripartenza e tornare più velocemente alla situazione new normal, che sarà comunque molto diversa da quella precedente”. Secondo le stime di EY, più del 20% dei capoluoghi italiani farà molta fatica a cogliere queste opportunità, perché non ha le infrastrutture e le tecnologie adatte ad affrontare la complessità della ripartenza.

Oltre a questi aspetti, ci sono scelte più legate alla governance, per indirizzare investimenti e comportamenti. “Le città dovranno definire i piani della ripartenza, con una declinazione locale molto spinta” spiega Andrea D’Acunto, Mediterranean Government and Public Sector Leader di EY che sottolinea, oltre alla necessità di considerare la situazione del contagio e lo stato delle infrastrutture urbane, l’importanza della comunicazione per influenzare i comportamenti dei cittadini, la rifocalizzazione dei fondi nazionali ed europei sugli investimenti su infrastrutture e servizi e lo snellimento delle decisioni per favorire la collaborazione con i soggetti privati in grado di capitalizzare sulle infrastrutture e sviluppare i servizi (es. sanità e mobilità). “Diviene indispensabile la velocità nel mettere a punto le concessioni e lanciare i servizi per adattarsi al cambio di abitudini e creare il new normal delle città”.

La mappa e i quattro cluster della ripartenza

Incrociando gli indicatori di resilienza dello Smart City Index di EY (fattori sanitari, economici e sociali) con i dati del contagio Covid-19, emerge il livello di readiness delle città italiane alla ripartenza e quindi quanto i capoluoghi italiani sono pronti a ripartire e ad affrontare la fase 2 post emergenza. Come risultato abbiamo una mappa della ripartenza post-Covid19, in cui ogni città è fortemente condizionata nel suo percorso dalla situazione di partenza, misurata qui, come esempio, dalla % di contagio della popolazione. Ma emergono anche quattro scenari, che individuano altrettanti “cluster” di possibili vantaggi nella ripartenza.

I quattro cluster , sulla base della diffusione del contagio ad oggi (situazione che può cambiare nelle prossime settimane), sono:

  • Ripartenza facile (basso contagio/buona resilienza): sono le città (prevalentemente del Centro e del Sud) dove approfittare della ripartenza è più facile, perché hanno le infrastrutture e le tecnologie già pronte, e possono controllare meglio i pochi contagi sul territorio. Cagliari è la città dove la ripartenza potrebbe essere più facile, grazie ad un ottimo sistema di trasporto pubblico integrato dai servizi di sharing mobility e fortemente digitalizzato, e ad una rete di sensori collegati ad una centrale di controllo urbano molto avanzata. Appartengono a questo cluster anche città del Sud come Bari e Lecce, ma anche alcune città medie del centro-nord, come Siena, Pisa, Pordenone, Udine, che hanno infrastrutture e tecnologie di ottimo livello, e che sono state abbastanza al riparo dal contagio;
  • Ripartenza lenta (basso contagio/scarsa resilienza): sono città (anche in questo caso molte del Sud: Caltanissetta, Caserta, Crotone, ma anche alcune del Centro Italia come Viterbo e L’Aquila) dove la ripartenza potrebbe avvenire presto, dato il basso livello di contagio, ma più lentamente, perché le loro infrastrutture di mobilità e comunicazione non sono di livello elevato e non consentono grandi prestazioni;
  • Ripartenza frenata (alto contagio/buona resilienza): sono le città del Nord tradizionalmente smart, come Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, che, pur avendo sistemi di mobilità, reti TLC e reti di sensori molto avanzate, appaiono frenate nella ripartenza da alti livelli di contagio (spesso correlati ad elevati livelli di ospedalizzazione e carenza di medici di base sul territorio);
  • Ripartenza critica (alto contagio/scarsa resilienza): sono le città dove la ripartenza appare più critica, perché accanto a situazioni di contagio molto elevate si abbinano livelli di resilienza molto bassi (reti di trasporto pubblico poco capillari e scarsa presenza del car sharing, limitate coperture TLC, pochi sensori sul territorio e mancanza di piattaforme e centrali di controllo dove raccogliere i dati). Sono città come Cremona, Lodi, Lecco, Alessandria, Verbania, raramente ai primi posti nelle classifiche di smart city italiane, dove sembrano mancare le leve delle infrastrutture moderne e delle tecnologie avanzate per potersi risollevare prontamente.

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