L’integrazione tra ERP (Enterprise Resource Planning) e MES (Manufacturing Execution System) non è una conquista tecnologica recente. Da anni, infatti, la capacità di dialogo dei due sistemi è una delle principali caratteristiche con cui le aziende hanno cercato di eliminare le barriere tra la gestione dei processi aziendali in generale e quella inerente ai reparti produttivi. Se l’ERP presiede ciclo attivo e passivo dell’azienda, monitorando ordini, acquisti, vendite e magazzino, il MES si potrebbe definire il suo braccio operativo, visto che si focalizza sullo shop floor. La loro relazione, poi, negli ultimi tempi ha dovuto fare i conti con l’avvento di Industry 4.0 e, in particolare, con l’introduzione in fabbrica di architetture e dispositivi IoT (Internet of things) che rappresentano una delle tecnologie abilitanti proprie del paradigma 4.0. Tanto che IBM, un paio di anni fa, ha lanciato un dibattito chiedendosi provocatoriamente se i sistemi MES fossero estinti, soppiantanti da IoT e intelligenza artificiale. In realtà, oltre a una chiara intenzione pro domo sua, cioè volta a perorare la maggiore efficacia delle sue soluzioni, la multinazionale americana ha posto correttamente una linea di demarcazione tra MES tradizionali incapaci di raccogliere e analizzare tutti i dati provenienti dagli impianti, e MES di nuova generazione in cui si concretizza la convergenza tra Information Technology (IT) e Operational Technology.
Perché l’OEE è la metrica che collega ERP e MES
“Un approccio moderno per integrare o sostituire il MES ha messo in evidenza IBM porta vantaggi a prodotti, processi e apparecchiature e si concentra su una dashboard integrata di KPI e analytics”. Se questa considerazione si applica al modo attraverso cui ERP e MES oggi devono interagire tra di loro, per quanto riguarda lo scambio di dati condiviso, in genere questo è possibile tramite connettori che si basano su metodi standard quali Tabelle di frontiera, Web Service o File system. Per quanto riguarda, invece, il Key Performance Indicator che deve fungere da trait d’union fra l’uno e l’altro non vi è dubbio che debba essere l’OEE (Overall Equipment Effectiveness). L’OEE è la metrica più diffusa in ambito manifatturiero per calcolare l’efficienza produttiva e viene utilizzata per identificare eventuali scostamenti nei livelli di performance di impianti e risorse rispetto a valori ritenuti ottimali. In tal senso mette in relazione quanto programmato teoricamente dall’ERP con quanto effettivamente realizzato e recepito tramite il MES. “Pianificazione delle risorse d’impresa”, infatti, è la traduzione letterale di Enterprise Resource Planning, mentre “sistema di esecuzione della produzione” rende evidente le prerogative del MES, che vanno dalla raccolta dati a bordo macchina al controllo dello stato di avanzamento delle lavorazioni, dalla gestione delle risorse di produzione alla tracciabilità di prodotti e impianti.
Disponibilità, rendimento, qualità: i 3 indici OEE
Il modello OEE misura la differenza tra percentuale di efficienza ideale, che si potrebbe ottenere solo in condizioni di assoluta perfezione del ciclo produttivo, e percentuale di prestazioni reali. Per farlo adotta 3 indici chiave: disponibilità, rendimento, qualità. Ognuno di questi indici viene influenzato da quelle che vengono definite “six big losses”, le sei maggiori perdite, ovvero:
- Guasti
- Tempi di setup
- Interruzione dovute a piccoli inconvenienti
- Lavorazione a ritmo rallentato
- Tempi di startup
- Scarti e rilavorazioni
La disponibilità, vale a dire il rapporto fra tempo effettivo di produzione e tempo pianificato per la produzione, può risultare modificata a causa di guasti e setup non preventivati. Il rendimento o performance, che si esprime mediante il rapporto tra il numero totale di pezzi realizzati e quello che in teoria la macchina dovrebbe riuscire a realizzare, può variare per via degli arresti dovuti a piccoli inconvenienti e a una maggiore lentezza dell’impianto rispetto a quanto programmato. Il parametro della qualità, infine, che ha lo scopo di misurare l’incidenza dei tempi spesi per la produzione di pezzi conformi sul totale dei tempi di produzione, è condizionato negativamente dagli scarti e dalle rilavorazioni, nonché dalla fase di avviamento, cioè di startup, che spesso occorre per portare gli impianti a regime.
L’OEE nell’attuale scenario interconnesso di Industry 4.0
L’OEE, in un panorama sempre più interconnesso come quello odierno, ha ancora la medesima centralità che aveva prima dell’arrivo di Industry 4.0? La domanda potrebbe sorgere come variante di quella posta da IBM riguardo ai MES concepiti quando ancora non esisteva la quarta rivoluzione industriale. La risposta non può che essere affermativa. L’OEE, infatti, non solo conserva la sua validità, facendo anche da collegamento logico e funzionale tra ERP e MES, ma viene ulteriormente raffinato grazie alla maggiore quantità e qualità dei dati che confluiscono in quella dashboard di KPI e analytics a cui faceva riferimento sempre “Big Blue”. Anzi, proprio sul fronte della raccolta delle informazioni, la maggiore ricchezza che l’IoT porta nei siti produttivi si riflette nella capacità di elaborazione molto più potente di un’altra delle tecnologie dell’era 4.0, il cloud computing. Sebbene il calcolo dell’efficienza produttiva si possa fare anche a mano o ricorrendo al classico file Excel, avere a disposizione un “cruscotto” che in ogni momento offre una visione dell’andamento della produzione, sia nel suo complesso sia suddividendola per commessa o singolo prodotto, è una leva competitiva unica. E, per questo motivo, irrinunciabile.