In tempi di cloud, che fine farà la colocation (ovvero l’esternalizzazione dei server e dello storage aziendale)? A dispetto di quanto si possa pensare, la domanda continua a crescere, anche se per i colocator si stanno intensificando le sfide e le prove da affrontare. Lo evidenzia una ricerca svolta da Schneider Electric in collaborazione con 451 Research,che ha coinvolto 450 decision maker in ambito colocation negli Stati Uniti, Australia, Europa e Cina. Il punto di partenza è che oggi i provider hanno a che fare con una tipologia di clienti molto variegata e in continua evoluzione, che hanno richieste e necessità sempre più mutevoli, in un quadro di tecnologie emergenti come l’Internet of Things (IoT), l’edge computing di nuova generazione e il cloud computing.
Le nuove opportunità per la colocation
Ognuna di queste rappresenta sia un’opportunità che una sfida per la colocation, in particolare per quanto riguarda il cloud. il 62% degli intervistati che hanno dichiarato di aver spostato le applicazioni IT dai Data Center di co-location per affidarsi al cloud pubblico negli ultimi due anni. Dunque è chiaro che i colocator devono trovare un modo per mantenere gli attuali clienti e attrarne di nuovi, facendo in modo che considerino la colocation come un’opzione valida per le loro attività. L’82% degli intervistati ha dichiarato di essere interessato a utilizzare più servizi a distanza dal proprio fornitore di servizi di co-location, per controllare o monitorare quello che sta succedendo tramite un portale online. Per i provider, ciò offre l’opportunità di ampliare o introdurre nuovi servizi e di avviare nuove opportunità per la loro attività. Un’evoluzione che, di fatto, è già in atto: sia che forniscano i servizi direttamente o tramite partner, i principali colocator stanno sempre più ampliando la propria offerta di servizi.
Un ruolo ancora da giocare
Il cloud, però, non è soltanto un pericolo: l’82% degli intervistati ha affermatp che è importante che i servizi cloud siano ospitati nello stesso Data Center dove si trova anche l’infrastruttura IT in colocation, a testimonianza che tra le due forme di esternalizzazione dell’infrastruttura possono crearsi delle sinergie sorprendenti. Anche altre tecnologie come le batterie agli ioni di litio, la capacità modulare prefabbricata on-demand (PFM) e il raffreddamento diretto hanno suscitato molto interesse da parte dei clienti. In definitiva, le prospettive di questo tipo di servizio rimangono positive: secondo il 64% del campione la colocation giocherà un ruolo importante nella loro strategia di Data Center nei prossimi due o tre anni.
L’Internet of Things ha bisogno dell’edge computing per raccogliere i dati provenienti dai sensori o da altri dispositivi ed effettuarne una prima analisi.
In effetti, potremmo considerare l’edge computing come una sorta di assist al cloud, come un supporto per rispondere alle esigenze dei clienti, che hanno bisogno di potenza computazionale esattamente in prossimità del luogo dove si trovano macchine e sensori.
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L’edge computing, o fog computing secondo alcune declinazioni, ha un ruolo sempre più importante in tutto quanto ruota intorno a quella che IDC definisce Terza Piattaforma, vale a dire il nuovo paradigma tecnologico nel quale si realizza una perfetta integrazione tra risorse e applicazioni, cloud, infrastrutture mobili, big data e social media.
E proprio per questa sua crescente importanza, l’edge computing comincia a rappresentare un’opportunità di business per tutti i fornitori di servizi di colocation.
La colocation che piace ai decisori aziendali
Secondo un’indagine condotta nei mesi scorsi da 451 Research su un panel di 450 decisori aziendali, nell’arco dei prossimi 2 o 3 anni i fornitori di servizi di colocation avranno un ruolo sempre più importante presso tutte quelle realtà che hanno bisogno di gestire i dati vicini alla loro origine. Il 26 per cento dei rispondenti pensa di ricorrere prevalentemente ai datacenter dei colocator e a questi si aggiunge un ulteriore 38 per cento che ritiene di utilizzare un mix di potenza computazionale in house ed erogata dai colocator. Insieme questi due gruppi già rappresentano il 64 per cento del panel.
C’è poi un 15 per cento di rispondenti che pensa di rivolgersi ai fornitori di servizi di public cloud. Anche in questo caso, la scelta andrebbe a vantaggio dei colocator, dal momento che i giganti del public cloud tendono ad appoggiarsi proprio a loro per tutto quanto attiene i servizi edge.
Resta un ultimo 12 per cento di rispondenti orientati all’utilizzo delle risorse interne. Ma è, evidentemente, una percentuale minoritaria.
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