La supply chain negli ultimi anni ha subito una grande trasformazione: si è passati da produzioni di massa, che dunque permettevano l’ottimizzazione delle economie di scala, alla richiesta di volumi sempre più ridotti e, al contempo, customizzati, fino ad arrivare, in certi casi, al lotto uno per singolo cliente. Una rivoluzione che ha avuto un forte impatto sul mondo produttivo e su quello logistico: disponibilità di materie prime, necessità di macchinari più flessibili e intercambiabili, cambi di linea più efficienti sono oggi condizioni irrinunciabili per una supply chain che funzioni.
A essere in ascesa continua è, anche, la richiesta di visibilità: la necessità di conoscere, real time, l’allocazione delle materie prime nei magazzini, negli impianti o, anche, nella catena di fornitura, è oggi indispensabile e propedeutica alla pianificazione puntuale degli ordini. È chiaro che in questo contesto, per garantire l’approvvigionamento degli stock in maniera automatica e, al contempo, conoscere lo stato degli ordini (approvato, in corso di approvvigionamento, in spedizione), gioca un ruolo di fondamentale importanza il dialogo tra tecnologie hardware e software, dunque l’interconnessione tra sistemi aziendali (MES, ERP, ecc.) e quelli dei fornitori. Una premessa indispensabile per avere le produzioni flessibili di cui sopra, senza interruzioni: lo stop della catena ha infatti un impatto gravissimo, al pari di un incidente, sia in termini di costi, sia in termini di danno all’immagine.
I vantaggi dell’IoT e sistemi edge
L’interconnessione tra i sistemi è possibile grazie all’IoT e i sistemi edge di elaborazione locale, con i quali è possibile elevare il dato a informazione: accumulare dati, infatti, grazie all’impiego dei sensori, non è complicato, ma non è nemmeno sufficiente. I sistemi di interconnessione IoT based, in unione con unità di processo locale e distribuito, capaci di dialogare con protocolli evoluti, possono invece collettare dati di tutti i tipi rendendoli fruibili.
Va detto, però, che nella maggior parte delle Pmi italiane, al momento sono pochi i sistemi IoT: da questo punto di vista l’automazione sta facendo passi da gigante, perché permette di inserire sistemi software capaci di aggregare soluzioni anche datate, totalmente disconnesse, trasformandole in sistemi IoT e edge in grado, per esempio, di valutare le performance di un impianto, la disponibilità di materie prime, lo stato di salute dei macchinari. L’IoT, in sintesi, permette di prendere decisioni non casuali, perché basate su certezze.
Il ruolo dei software industriali
Quanto ai software, quelli di ultima generazione sono ad alto tasso di intelligenza artificiale. Si tratta di reti che imparano, esattamente come fa l’uomo: per esempio i sistemi di visione sono in grado di capire se un processo è giusto o sbagliato perché l’intelligenza artificiale è in grado di imparare dagli esempi forniti dagli operatori. Le decisioni prese dai software basati su intelligenza artificiale derivano quindi dall’apprendimento per esempi e dalla conoscenza trasferita dagli operatori di processo.
L’integrazione tra sistemi, dunque tra MES, ERP, WMS, permette visibilità real time: il che è possibile grazie alla combinazione tra tecnologie hard (tag, Rfid, Gps) e software, il quale trasforma i dati provenienti dagli hardware in informazioni che trasmettono al MES, all’ERP i quali, a quel punto, sono in grado di generare gli ordini di produzione, di approvvigionamento verso i fornitori, dunque anche all’esterno.
Molto utili anche i software capaci di integrare al proprio interno competenze diverse, in grado quindi di garantire la tracciabilità, la visibilità, la genealogia, la storia di un prodotto anche dopo anni: informazioni molto utili soprattutto quando la produzione è, come si diceva, sempre più customizzata.
Un investimento valutabile da tutti
Sebbene siano inequivocabili i benefici dell’automazione, a fare da barriera all’innovazione tecnologica potrebbe essere il timore dell’investimento, sia per le piccole e medie imprese, sia per le enterprise. Queste ultime, pur avendo una maggiore capacità di spesa ed essendo dotate di strutture interne dedicate, possono avere tempi decisionali più lunghi, perché ponderano l’investimento in funzione di diversi parametri. Per esempio ci sono aziende più propense al cloud, perché preferiscono fruire di un servizio che non necessiti di un investimento in termini infrastrutturali: tendenzialmente queste aziende ambiscono alla manutenzione predittiva, alla visibilità totale da remoto. Altre, invece, sono più protettive del proprio know how e dunque preferiscono avere i sistemi installati localmente.
Quanto alle Pmi, la maggior parte di quelle italiane sono reattive, ma alcune possono essere spaventate dalla spesa, non percependone appieno il ritorno. Il quale, per essere stimato, dovrebbe sempre essere commisurato al possibile danno, per esempio il fermo o, anche, la non visibilità delle cause di errori che portano alla mancata qualità.
Trovare il partner giusto
In ogni caso, per compiere la strada dell’automazione, occorre affidarsi a partner in grado di valutare la migliore soluzione in funzione delle specifiche esigenze.
Un’azienda di questo tipo è SICK, player che, grazie all’intelligenza dei sensori, è in grado di intervenire nell’automazione della fabbrica, della logistica o dei processi con il fine ultimi di rendere i processi più efficienti e sicuri sia per le persone, sia per l’ambiente.
In sintonia con il proprio claim, “Sensor Intelligence”, SICK sviluppa, produce e commercializza sensori intelligenti, sistemi e servizi per l’automazione industriale tailor made, con l’unico scopo di apportare valore aggiunto ai clienti che operano in diversi settori a diversi livelli.