Open Innovation e formazione, ecco come superare la distanza tra istruzione e lavoro

Sono sempre di più le università e aziende che collaborano per supportare la formazione sul campo di figure professionali nuove: ecco come l’open innovation aiuta a superare il gap tra mondo accademico e lavoro.

Pubblicato il 29 Gen 2020

open innovation

Open Innovation e formazione, un connubio vincente. Sì, perché se dall’Open Innovation nascono cultura e innovazione, allora significa che questa iniziativa può anche essere codificata e trasmessa a tutti coloro che vogliono formarsi per avvicinarsi a nuove opportunità professionali. E che, soprattutto, oltre ai contenuti è possibile insegnare un approccio metodologico, un mindset.

È quel che sta accadendo sempre più spesso in Italia, dove l’Open Innovation diventa realtà nelle collaborazioni tra università-aziende-startup; ma, ancora di più, è interessante quando la sinergia si realizza direttamente sul campo della formazione, unendo le forze di organismi pubblici e privati per la co-creazione (termine oggi così in uso e qui, in effetti, adeguato) di nuove figure professionali e nuovi servizi alle imprese. Vediamo qual è la situazione.

Formazione e lavoro, due mondi distanti

L’atavica questione della distanza tra pubblico e privato, in particolare tra la formazione accademica e le esigenze delle aziende che agiscono sul mercato è purtroppo cosa nota e, in parte, insolvibile, se si considera la cultura accademica come la parte “teorica” che fa da basamento a una struttura “pratica” che si forma poi solidamente durante il percorso professionale. Ma cosa accade quando invece queste categorie mentali si mischiano, si contaminano, e l’università si fa per prima portavoce delle istanze del mercato e di neo-laureati e professionisti, formandoli a una dimensione professionale dinamica e aggiornata?

Da questa contaminazione nasce il progetto del master Blockchain Economy, organizzato in un territorio difficile ma ricco di talenti come l’Abruzzo. Blockchain Economy è il primo master universitario italiano in Blockchain che rilascia un titolo accademico a tutti gli effetti: 1500 ore di formazione e 60 CFU per creare nuove figure professionali pronte a operare nel settore dell’innovazione tramite la blockchain, risposta concreta all’ampia domanda da parte di aziende e strutture pubbliche.

Competenze e supporto aziendale

Il percorso formativo fornisce le competenze necessarie, tecniche e giuridiche, a gestire tutto l’iter di progettazione e implementazione di un progetto blockchain based, dall’analisi allo sviluppo. Nozioni teoriche e pratiche sull’architettura della blockchain e dei sistemi distribuiti, criptovalute e sistemi di consenso: una volta acquisite queste nozioni gli allievi si misureranno con la disciplina tecnica e giuridica degli smart contract, per poi entrare appieno nel cuore del programma affrontando temi fondamentali quali la cyber security, la cyber intelligence, i sistemi aziendali ed economici basati su blockchain e i nuovi modelli organizzativi che ne derivano, senza tralasciare l’aspetto del digital marketing e la gestione sia aziendale che pubblica rispetto ai nuovi mercati e agli interessi dei cittadini su questo tema. Ovviamente privacy e Gdpr saranno il corollario necessario alla formazione di una nuova figura professionale, il Blockchain expert, con numerosi sbocchi professionali sul mercato del lavoro.

Ora, in questo quadro è fondamentale il ruolo giocato dalle aziende da un lato – che saranno le committenti dei project work – e Consulenza e Risorse dall’altro: perché se è vero che le aziende hanno il know how del proprio specifico settore di appartenenza, dall’altra è vero che sono le società di consulenza con i loro esperti nei vari campi (dai processi aziendali al marketing, dall’ICT puro alla compliance normativa) il tassello che unisce domanda e offerta. In questo caso noi selezioniamo le aziende che a loro volta commissionano i project work, facendo confluire le loro richieste in progetti adeguati alla loro realità e realizzabili concretamente nell’ambito dei project work. L’idea è offrire ai professionisti che frequentano il master un’opportunità di sperimentare in tempo reale, con il supporto e il monitoraggio dei tutor e dei docenti insieme, la progettazione e implementazione di progetti blockchain e allo stesso tempo offrire alle aziende la possibilità di esprimere le proprie esigenze e sottoporle a un team di esperti per una corretta valutazione dei possibili sviluppi in ambito blockchain.

Lo scenario

Per concludere, crediamo che l’innovazione vada supportata, stimolata, ma soprattutto “strutturata”: quando una tecnologia è matura dal punto di vista tecnico e inizia a essere offerta sul mercato, affinché si diffonda c’è bisogno di professionisti in grado di implementarla. E se le grandi navi-scuola come IBM hanno centri di ricerca interni e offrono servizi ai grandi gruppi, quali le proposte per le PMI italiane? E come si collocano i “piccoli” player della consulenza? Nella nostra proposta l’open innovation diventa un modus operandi alla base di un progetto di formazione che triangola gli attori principali del mondo professionale e dell’innovazione, anche su piccola scala: un’università piccola ma attenta all’innovazione, le aziende – non grandissimi gruppi – interessate a sporcarsi le mani con la blockchain, e le società di consulenza come noi. A latere, gli allievi: giovani e meno giovani, neolaureati o già professionisti (il master infatti si svolge in formula week end), che pur non vivendo a Milano o Londra hanno l’opportunità di adeguare le proprie conoscenze e competenze a quanto richiesto dal mercato.

Se l’open innovation nella formazione diventa best practice, ci chiediamo se si possa allora insegnare questo metodo, se si possa finalmente rompere i confini tra pubblico e privato, tra formazione universitaria e formazione privata, tra università mondo del lavoro.

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