La diffusione dei terminali mobili (telefonini, PDA) sia per utilizzo privato che business ha registrato negli ultimi anni una crescita significativa: nel 2005 l’incremento, rispetto all’anno precedente, è stato del 20% circa, per un totale di oltre 2 miliardi di utenti nel mondo (fonte: Iht febbraio 2006).
La diffusione di terminali mobili è, e sarà in futuro, significativamente superiore a quella del pc (si stimano attualmente circa 670 milioni di utenti pc nel mondo). Lo scarto è dovuto all’adozione di terminali mobili da parte di tutte le tipologie di utenti, sopratutto per servizi di comunicazione “tradizionali” (voce, Sms). Ci sono però prospettive molto interessanti, alcune già in atto, per la creazione di nuove opportunità di business legate anche all’accesso a Internet e al traffico dati in mobilità.
Tali opportunità sono state, in ambito consumer, fino a questo momento appannaggio soprattutto delle compagnie telefoniche e dei manifacturer. Grazie all’evoluzione della tecnologia e alla maturazione del mercato, si sono creati nuovi spazi per soggetti diversi dai player tradizionali. Le imprese, quindi, operanti nell’ambito dei media, dell’advertising, dei servizi online (banche, assicurazioni, servizi turistici,…) e dell’entertainment, si stanno dunque affacciando al “mobile business” come soggetti autonomi o in partnership con i carrier di telefonia per estendere, attraverso soluzioni di mobility, il proprio business (mentre nell’articolo successivo vedremo come le soluzioni di mobility stanno diffondendosi nelle organizzazioni aziendali a livello europeo). Le ragioni di questa apertura di possibilità sono dovute sia all’evoluzione tecnologica sia alla trasformazione del mercato.
Sul versante tecnologico elementi rilevanti, rispetto all’apertura di opportunità di nuovi players, sono rappresentati soprattutto dall’evoluzione dei terminali mobili e dallo sviluppo della rete di trasmissione. Il cellulare è diventato uno strumento personale multifunzione, integrato ad altri strumenti e sempre più utilizzato per la fruizione, creazione e condivisione di “dati” multimediali. I device di nuova generazione integrano infatti nuove funzionalità quali fotocamere (circa il 73% dei telefoni venduti in Europa Occidentale nel 2005 era dotato di telecamera – fonte Idc, 2005), dispositivi Gps per la georeferenziazione, capacità di interfacciamento con altri strumenti (ad esempio, le autovetture con porta Usb integrata).
Oltre alle caratteristiche dei terminali, la larghezza di banda disponibile per la trasmissione di dati sta aumentando: oltre al 3G (la cui penetrazione è in crescita, in l’Italia circa al 10%), sono attive sperimentazioni sulla quarta generazione e si va verso la prospettiva della Tan (Total area network) ovvero il passaggio fluido tra diverse tecnologie di trasmissione (WI-FI, Bluetooth, 3G, 4G ….) in modo da assicurare velocità di trasmissione maggiori a costo inferiore.
Sebbene tutti gli elementi descritti siano considerati dagli analisti come indicatori di crescita del mercato legato al traffico dati sia in ambito consumer che business, permangono fattori di segno inverso che hanno fino ad ora frenato gli investimenti. Fino a questo momento, infatti, le previsioni di revenue per i servizi “dati” in ambito consumer si sono rivelate poco attendibili: nuove opportunità di sviluppo sono state create soltanto da un numero limitato di servizi legato a personalizzazione ed entertainment (musica, suonerie, sfondi, giochi). Uno dei fattori chiave che ha determinato la bassa diffusione e offerta di servizi “dati” è stato l’alto costo della connessione a Internet, che oltre a limitare l’utilizzo da parte degli utenti finali, ha scoraggiato almeno in parte alcuni potenziali player (media, banking, servizi, enterteinement) dal compiere investimenti consistenti su servizi per la mobilità.
Servizi per la mobilità: alcuni principi di progettazione
Il costo di trasmissione più contenuto, che lentamente si sta prospettando, non è l’unica condizione per la diffusione e il successo di servizi in mobilità.
La semplice replica su terminale mobile di servizi già disponibili su web, tv digitale o altri media non è infatti sufficiente a riscuotere l’interesse degli utenti finali, come dimostrano le esperienze fallimentari di molti servizi WAP.
E’ un dato che non appare del resto sorprendente, tenuto conto che ciascun potenziale utente è, nei paesi avanzati, ad un massimo di due ore di distanza da una postazione Internet fissa (ufficio, casa, internet point) dalla quale può fruire in modo più semplice e completo delle potenzialità del web.
Gli esperti del settore si sono concentrati dunque negli ultimi tempi nella ricerca di principi di progettazione in grado di assicurare un reale valore per l’utenza dei servizi mobile. Fra questi, uno studio compiuto nel 2005 da Assist consulting (www.assist.it – tel 02.48104280), su oltre 400 utenti di telefonia mobile dotati di terminali multimediali e compresi nella fascia di età 16 – 35 anni, identifica tre principali linee guida.
Offrire servizi di valore per la mobilità – Un ruolo fondamentale per concepire servizi mobile di successo è legato alla corretta concezione di esperienze in mobilità che soddisfino bisogni originali rispetto a quelli soddisfatti da altri media. Nonostante i numerosi esempi negativi (portali generalisti su mobile, servizi di news, complicati e limitati servizi di way-finding), esistono ambiti in cui la ricerca di valore per la mobilità ha prodotto significativi successi. I servizi collegati a suonerie, sfondi e toni di chiamata hanno ad esempio intercettato il bisogno latente di personalizzare il proprio terminale e trasformarlo in un accessorio digitale dell’identità personale. Un buon successo è stato riscontrato inoltre dai servizi di musica in mobilità (download di brani e mobile radio) che rispondono all’esigenza di integrare in un device le funzionalità di ascolto e download. Anche servizi più “operativi”, come ad esempio i servizi a pagamento di alerting sull’utilizzo delle carte di credito, si stanno rivelando degli ottimi casi di business.
La lezione che ne deriva è quella di concentrarsi su servizi realmente utili per la mobilità, spesso orientati a un bisogno specifico e delimitato. In questo ambito appare promettente ad esempio lo sviluppo di servizi legati alla georeferenziazione e al self caring (l’attuazione in modalità “fai da te” di interventi tipici del servizio clienti come per esempio la risoluzione di problemi tecnici o di utilizzo).
Fornire una “User Experience” adeguata all’utilizzo su Mobile – Un’esperienza di interazione semplice e piacevole è un fattore critico nell’accettazione e diffusione di ogni servizio interattivo. È necessario quindi superare il modello del mobile Internet tradizionale (per esempio WAP) che offre un’esperienza di interazione “povera” e spesso eccessivamente complessa.
Una tendenza in atto, analogamente al mondo pc, è ad esempio la realizzazione di applicazioni client dedicate (gli “on device portal”) che offrono un’esperienza di interazione molto più simile all’uso delle normali applicazioni telefoniche. Un esempio di questo tipo di soluzioni sul mercato italiano è costituito dall’applicazione per il download di musica integrata sul “Musifonino” Mimmo messo in commercio da 3 nel 2005. Anziché spingere gli utenti a utilizzare il tradizionale portale Wap, la funzione di navigazione, preascolto e acquisto dei brani è stata integrata nel player musicale presente “on board” sul telefonino. I risultati sono stati convincenti, con una percentuale di download per utente superiore fino a cinque volte rispetto a quella ottenuta tramite il portale.
Valorizzare la propensione degli utenti a condividere contenuto “auto prodotto” – Una delle principali tendenze attuali di utilizzo di Internet è la diffusione di servizi per la condivisione di contenuti autoprodotti dagli utenti (YouTube, Flicker, MySpace, i blog). Sono in atto tentativi di individuare opportuntà di business in ambito mobile rispetto a questo tipo di servizi.Un discreto successo stanno riscuotendo i “mobile blog” e gli strumenti di archiviazione a distanza dei media personali.
L’integrazione di contenuti autoprodotti non offre possibilità soltanto alle aziende IT per lo sviluppo di servizi di comunicazione e archiviazione, ma può essere utilizzato come volano per aumentare la percezione di valore da parte degli utenti di servizi offerti anche da altri player.
Alcune esperienze in questo senso testimoniano come strumenti per la condivisione di contenuti personali siano un’ottima chiave per il “permission marketing” su mobile (ad esempio, offerta di spazi di condivisione per le proprie foto delle vacanze per offrire proposte commerciali legate a servizi turistici). La fruizione di spazi convidivisi per la pubblicazione dei propri media apre inoltre spazi interessanti all’advertising su Mobile.
Partire dall’utente
I criteri presentati offrono spunti interessanti per lo sviluppo di servizi per la mobilità (in ambito consumer ma anche business) che creino valore agli utenti finali, generino un’esperienza di interazione ricca e soddisfacente e, quando opportuno, sfruttino la tendenza delle persone a condividere contenuti autoprodotti.
Il tema è come riuscire a concepire e realizzare servizi che integrino queste indicazioni rispetto a utenti, domini e contenuti specifici. Le tradizionali metodologie e strumenti del marketing quantitativo, per quanto fondamentali, non sono sufficienti: è scarsa la capacità predittiva delle metodologie quantitative per concepire i servizi e definirne a priori la predisposizione all’uso o il valore da parte degli utenti finali. Il rischio è quello di creare servizi che non portino valore e/o non offrano un’esperienza di interazione soddisfacente agli utenti target. In quest’ottica, l’approccio alla concezione e progettazione di servizi interattivi, denominato “progettazione centrata sull’utente”, che integra, oltre alle tradizionali metodologie quantitative, anche strumenti di tipo “qualitativo” di indagine sull’utenza finale durante la concezione, progettazione e valutazione di servizi interattivi, costituisce l’approccio più appropriato che può garantire la corrispondenza tra gli obiettivi di business e le reali esigenze degli utenti finali, requisito fondamentale per il successo del servizio proposto.
Lo User Centered Design: Come fare
L’attività di concezione e progettazione di servizi interattivi, dovrebbe partire, oltre che dagli obiettivi di business e dalle soluzioni tecnologiche, anche dai bisogni e dalle competenze degli utenti finali.
L’utente è infatti una componente attiva e dinamica, che giudica e decide se utilizzare o meno le applicazioni proposte in funzione di quanto queste risultino utili, usabili e piacevoli. Queste componenti – che definiscono la User Experience offerta da uno strumento interattivo- sono dunque un fattore critico di successo per tutte le applicazioni interattive, come un portale web, un software o un servizio per terminali mobili.
Sulla base di questi presupposti, a partire dagli anni ’80 si è sviluppata negli Stati Uniti una metodologia di progettazione nota con il nome di “User Centered Design”, un approccio alla concezione delle applicazioni digitali che prevede un dialogo costante con gli utenti finali in diverse fasi del processo di sviluppo del prodotto o servizio.
Nella fase iniziale, durante l’analisi dei requisiti, l’approccio “User Centered” prevede una approfondita indagine del comportamento degli utenti attraverso varie metodologie qualitative (indagini etnografiche, interviste, osservazioni participative,…). La principale differenza rispetto alle tradizionali indagini di mercato sta nel fatto che non ci si limita a chiedere esplicitamente agli utenti di esprimere i propri bisogni (tecnica non sempre affidabile quando si tratta di nuove tecnologie) ma si osservano direttamente le loro attività al fine di evidenziare potenziali esigenze da soddisfare.
Le informazioni così ottenute guidano dunque la concezione del servizio, che viene rapidamente concretizzata in un prototipo dell’applicazione. Il prototipo, che viene realizzato con tecniche di rapida implementazione, simula le principali modalità di utilizzo e interazione con il sistema e consente quindi di realizzare vere e proprie sessioni di test con un campione di utenza finale prima che vengano affrontati pesanti costi di sviluppo.
In questo modo è possibile realizzare precocemente sessioni di test con un campione rappresentativo dell’utenza finale per raccogliere i giudizi dell’utenza e modificare progressivamente le caratteristiche del servizio in modo che esso risulti realmente vicino alle esigenze degli utenti reali.
In funzione degli obiettivi del progetto il ciclo analisi-prototipazione-test può essere ripetuto più volte fino a raggiungere una completa soddisfazione degli utenti e procedere dunque con l’implementazione finale del sistema.
L’approccio User Centered è stato integrato da molte aziende leader dell’industria IT statunitense ed europea ed è un percorso che arriva da lontano. La prima compagnia a sperimentare felicemente tale metodologia è stata infatti l’Apple Computer, che già nel 1982 utilizzò le tecniche previste dallo User Centered Design per concepire il primo sistema operativo Macintosh, raggiungendo un successo di livelli inaspettati.
Fra le figure più rappresentative dell’approccio User Centered vanno ricordati Jacob Nielsen, “guru” della progettazione web e autore del noto “Usabilità del Web” (Ed. Apogeo, 1999), e Donald Norman, autore, fra l’altro, del testo di riferimento per la progettazione di sistemi interattivi “Il computer invisibile” (Ed. Apogeo, 2000).
Le soluzioni di mobility sono oggi al centro dei piani strategici di sviluppo del business di numerose aziende (si veda in proposito la ricerca Forrester presentata più avanti) e soprattutto a livello europeo, dove la tecnologia mobile ha raggiunto livelli di diffusione molto capillare, il dibattito su come estendere il canale mobile è estremamente di attualità.
Il punto critico è però offrire servizi davvero utilizzabili dagli utenti target. Per questo motivo l’interazione con l’utente assume un ruolo focale nei piani di sviluppo delle imprese. Oggi lo user centered design vive di nuovi strumenti di collaborazione e communication. Guardiamo ad alcuni esempi.
Nel corso del 2005 Vodafone ha lanciato un progetto di revisione dei propri servizi mobile “Vodafone Live!” sui principali mercati internazionali (Europa e Giappone) allo scopo di rivedere la User Experience globale offerta ai propri utenti. Lo studio, che è stato presentato in diverse conferenze di Human Computer Interaction, si è avvalso di numerose società di consulenza locali specializzate nell’approccio UCD (fra le quali l’italiana Exit Consulting) ed ha coinvolto lungo l’arco di un anno centinaia di utenti per ogni paese che hanno provato i servizi di Vodafone e dei principali competitor e hanno commentato le possibili variazioni proposte per i servizi. La revisione della offering Vodafone Live! è stata dunque realizzata in modo progressivo, integrando iterativamente le modifiche richieste dagli utenti. I risultati non si sono fatti attendere: solo in Italia, stando alle comunicazioni effettuate a marzo 2006 dalla società, il numero di utenti Vodafone Live! è praticamente raddoppiato (5 milioni e 300 mila utenti al marzo 2006, contro i 2 milioni e 700 mila dell’anno precedente) con un balzo in avanti dei ricavi sulla trasmissione dati del 45,2%.
Anche player diversi dalle compagnie telefoniche stanno cominciando ad utilizzare tecniche “User Centered” per sviluppare i propri prodotti. Dopo i non brillanti risultati del sistema operativo per terminali mobili Windows PocketPC, per sviluppare il concept relativo all’Home Computing (funzionalità di comunicazione “wireless” distriubuite su vari dispositivi in ambiente domestico), anche la joint venture Microsoft e HP si è rivolta alla nota compagnia californiana Ideo (specializzata in progettazione User Centered). L’intero processo di concezione degli aspetti sia hardware che software è stato realizzato attraverso prototipi e cicli di test con gli utenti finali ed è stato realizzato fra il 2005 ed il 2006. Non resta dunque che attendere l’arrivo sul mercato dei prodotti di Home Computing di Microsoft – HP per verificare l’effettiva rispondenza delle soluzioni alle esigenze dei consumatori target. Modelli di sperimentazione e di coinvolgimento degli utenti finali a cui necessariamente devono guardare anche quelle imprese tradizionali che vogliano estendere con successo il proprio business ai servizi on line in modalità mobile.
UN BRAINSTORMING CON 150.000 PERSONE PER DECIDERE LE TECNOLOGIE DEL FUTURO
Un brainstorming online planetario che ha coinvolto oltre 150.000 persone, dipendenti Ibm e loro famigliari, università, business partner e clienti di 67 aziende, appartenenti a 104 Paesi (anche ZeroUno vi ha partecipato). Due sessioni da 72 ore ciascuna, durante le quali i partecipanti hanno presentato oltre 46.000 idee relative alle tecnologie più avanzate messe a punto da Ibm Research e, in particolare, alla loro applicazione ai problemi del mondo reale e alle opportunità di business emergenti. Questi i numeri dell’ultimo Innovation Jam, serie di incontri virtuali che Ibm organizza fin dal 2001 per individuare le migliori opportunità di innovazione all’interno di determinate aree della società e del business, numeri ai quali va aggiunto l’ultimo, decisamente importante: 100 milioni di dollari che BigBlue è pronta a investire per sviluppare nuove attività scaturite dalle idee raccolte nel corso dell’Innovation Jam. È quanto ha dichiarato Samuel J. Palmisano, Chairman e Ceo di Ibm, che ha spiegato: “I modelli di innovazione collaborativa impongono la fiducia nella creatività e nelle competenze del proprio personale, dei propri clienti e di tutti gli altri attori che aderiscono al network dedicato all’innovazione: per questo Ibm ha aperto le porte dei suoi laboratori offrendo al mondo “i gioielli della corona”. InnovationJam e gli altri programmi di questo tipo stanno accelerando significativamente la nostra capacità di innovare, in maniera utile sia per il business sia per la società più in generale”.
Tra le iniziative sulle quali Ibm focalizzerà il proprio interesse: sistemi intelligenti di pagamento per la sanità; business engine semplificati che permetteranno alle Pmi di sfruttare facilmente applicazioni personalizzate per le loro particolari esigenze di business; servizi di traduzione in tempo reale; reti intelligenti per utilità; 3D Internet; Digital Me, un servizio sicuro e intuitivo che semplifica l’archiviazione, la gestione e l’accesso a lungo termine al patrimonio di contenuti digitali accumulati dalle persone; la banca senza sportelli; sistema informativo integrato per il trasporto pubblico; cartella medica elettronica; innovazioni “Big Green”, una nuova business unit di Ibm dedicata ad applicare le competenze e le tecnologie della società alle opportunità ambientali emergenti come la modellazione avanzata dell’acqua, il filtraggio idrico per mezzo di nanotecnologie e i sistemi efficienti a energia solare. (P.F.)
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