Big data, cos’è e come funziona il self-driving storage

L’innovazione digitale ha consegnato ai manager di qualunque impresa un oro digitale a prezzo minimo: i big data. E tecnologie come il cloud, l’Internet of Things e l’intelligenza artificiale stanno inaugurando un nuovo paradigma: il self-driving storage, nuovo alleato della business intelligence

Pubblicato il 20 Ott 2017

Hive Apache

La digital transformation ha rivoluzionato i paradigmi tradizionali delle attività d’impresa. La capacità di individuare nuove idee di business è però rimasta la prima qualità richiesta a un’azienda che voglia crescere sul mercato ed essere competitiva. L’innovazione digitale non ha solo portato sul mercato nuove tecnologie come il cloud, l’Internet of Things o l’intelligenza artificiale, ma ha consegnato ai manager di qualunque impresa un oro digitale a prezzo minimo: i big data. Le informazioni generate dai dispositivi connessi, dal più semplice personal computer al più sofisticato macchinario industriale 4.0, rappresentano oggi un’arma micidiale per ottenere un vantaggio competitivo. La sfida non è tanto raccogliere i dati, ma archiviarli a dovere, analizzarli ed estrarre da questa mole di informazioni un valore aggiunto. In questo contesto c’è un paradigma che si sta ritagliando un ruolo di primo piano: il self-driving storage.

Cos’è il self-driving storage: tecnologie e fattori abilitanti

Avere sistemi di information technology che non si fermino alla semplice catalogazione delle informazioni è ormai fondamentale. La rapidità della trasformazione digitali e delle dinamiche di mercato non permette più ai responsabili aziendali di trascorrere ore e ore fra decine di fogli Excel.

Così assumono un rilievo assoluto quelle soluzioni IT che in autonomia riescono a mettere in relazioni i big data, a costruire su di essi dei modelli predittivi e a imparare dal passato. Questi sono esattamente i vantaggi promessi dal nuovo paradigma del self-driving storage che con il suo nome richiama non a caso il più famoso concetto di self-driving car, cioè di auto a guida autonoma.

Le analogie infatti non mancano. I veicoli senza pilota sono ormai comunemente considerati il futuro del mondo automobilistico, anche se prevedere il debutto della prima macchina autonoma appare oggi difficile. Ciò nonostante i produttori, i giganti tecnologici e altri player della filiera stanno spianando la strada a questa invenzione, seguendo dei fari che ben si applicano anche al mondo storage: lo sfruttamento della sensoristica diffusa, l’automatizzazione dei processi interni, l’auto-apprendimento tramite l’intelligenza artificiale e il concetto di rete. Questo modello, che include anche altri temi collaterali ma non meno importanti come la cybersecurity e la privacy, si adatta perfettamente anche allo storage e si appresta a scrivere una nuova pagina della data science.

Dai big data alla business intelligence: i vantaggi del self-driving storage

Il principio base è l’eliminazione delle operazioni manuali. Tecnologie come il cloud, l’intelligenza artificiale e il machine learning consentono di dargli piena applicazione, generando dei sistemi che spingono l’ecosistema IT di un’azienda verso un futuro più veloce, affidabile, disponibile e meno dispendioso economicamente.

In che modo il self-driving storage fa tutto ciò? Offrendo ai dipendenti di uno stabilimento, ai lavoratori di un negozio o ai dirigenti delle strutture sanitarie delle soluzioni che non solo archiviano e analizzano il passato, ma monitorano il presente e offrono previsioni sull’andamento futuro. Tutte informazioni che fungono da base per una business intelligence più mirata e concreta per risolvere i problemi e ottimizzare i carichi di lavoro.

Sulle fondamenta costituite dai dataset raccolti da sensori, smartphone e altri dispositivi connessi il self-driving storage costruisce soluzioni capace di allertare subito gli utenti in caso di guasti, permettendo così un approccio immediato ai problemi e in alcuni casi anche una loro anticipazione. Tutto con un’accessibilità agli analytics garantita sempre, in tempo reale, da qualsiasi luogo e con ogni dispositivo. E con l’intelligenza artificiale e il machine learning sempre pronti ad aggiornare i modelli, ad auto-apprendere appunto, e quindi ad ottimizzare in automatico i carichi di lavoro. Sempre sulle indicazioni del fruitore finale delle informazioni, che può essere più interessato ad un aspetto piuttosto che ad un altro ma che in ogni caso ha sempre a disposizione una panoramica globale di ciò che accade in aziende e delle interconnessioni che ci sono al suo interno.

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