di Federico Adrodegari*, Nicola Saccani*
*Laboratorio di ricerca RISE – Research & Innovation for Smart Entrerprises – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia – RISE
Anche in Italia, le sempre più forti pressioni competitive hanno radicalmente mutato il contesto produttivo. Se da un lato, infatti, il fenomeno della globalizzazione ha portato alla riduzione dei margini e dunque alla necessità di ridurre i costi di sviluppo, produzione, messa in opera e manutenzione dei prodotti, dall’altro le aspettative dei clienti in termini di soluzione offerta e contenuto tecnologico della stessa continuano a crescere ed obbligano i produttori ad accelerare i tempi del ciclo di rinnovo dei prodotti. In questo contesto, molte imprese manifatturiere hanno deciso di estendere la propria offerta attraverso l’erogazione di servizi avanzati, spesso abilitati dalle nuove tecnologie, non solo a supporto del prodotto ma anche dei clienti e dei loro processi. Tale strategia di cosiddetta “servitization” o “service transformation” prevede appunto il passaggio dalla vendita di un prodotto o servizio standard, alla fornitura di una vera e propria soluzione, costituita da un pacchetto di prodotti e servizi (talvolta personalizzati) volti a soddisfare uno specifico bisogno di uno specifico cliente. Ciò permette infatti di creare vantaggi competitivi durevoli attraverso la fidelizzazione del cliente, la differenziazione dell’offerta e la generazione di flussi di ricavi costanti nel tempo, indipendenti dalle vendite e dunque anticiclici. IBM, Rolls-Royce e Xerox sono solo alcuni degli esempi più noti di questo nuovo paradigma di prodotto-servizio che sempre più aziende, anche in Italia, stanno perseguendo.
Tuttavia, il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da aziende di medie dimensioni, il cui contesto organizzativo, gestionale ed informativo può non essere pronto a sostenere una così radicale trasformazione. Spesso, infatti, queste aziende incontrano forti difficoltà ad accedere a strumenti e conoscenze avanzate per lo sviluppo di nuove offerte prodotto-servizio. Al tempo stesso però, le nuove tecnologie digitali, fattore abilitante di queste trasformazioni, risultano disponibili a prezzi sempre più accessibili. Secondo uno studio della Cambridge Service Alliance, infatti:
“New technologies, in various forms, are helping to blur the boundaries between manufacturing and services. […] Using new digital technologies such as mobility, cloud computing, social media and Big Data, the manufacturing industry can reimagine its service business to create greater value for the stakeholders in a new ecosystem” [1]
Nascono nuovi ruoli che richiedono nuove competenze, ad esempio area data science
Tali trasformazioni però impattano a 360° sull’organizzazione ed i processi aziendali: di conseguenza stanno anche radicalmente modificando la necessità di competenze da parte delle imprese.
Nuovi ruoli quali il data scientist, il digital transformation officer, il digital service manager diventeranno sempre più fondamentali per governare queste trasformazioni. Oggi è quindi indispensabile per le aziende capire:
- quali sono le figure/competenze necessarie nella digital servitization;
- come e dove trovarle;
- come riqualificare le persone interne.
Un gruppo di ricercatori delle Università di Brescia e Firenze operanti nell’www.asapsmf.org , la community italiana sul service management e sulla servitizzazione, ha analizzato questo fenomeno studiando 12 importanti realtà operanti in diversi settori di business (macchine utensili e macchinari per la produzione, sistemi per la stampa digitale, macchine movimento terra, elettrodomestici, …), coinvolgendo esponenti della direzione aziendale, della direzione HR e Service manager. Di seguito alcune delle evidenze emerse, che saranno approfondite e discusse il 7 novembre nel XIV ASAP Service Management Forum, quest’anno dedicato al tema “Le competenze digitali per la service transformation”.
L’assenza di competenze è un ostacolo alla Digital Transformation
Servitization e Digital Transformation sono oggi visti, da tutte le aziende intervistate, come pilastri su cui sviluppare la propria strategia, innovare il proprio modello di business e ridefinire gli attuali vantaggi competitivi. In questo nuovo scenario economico-produttivo, analizzare e stabilire le competenze chiave per il futuro è visto come elemento inevitabile per la competitività delle imprese.
Allo stesso tempo, non sorprende quindi che, proprio l’assenza di competenze allineate ai nuovi fabbisogni, rappresenti oggi l’ostacolo principale per le imprese analizzate per intraprendere con successo la digital service transformation. Quindi, le trasformazioni in atto sembrano creare una forte discontinuità nel fabbisogno di competenze da parte delle imprese, in particolare con riferimento a competenze di taglio più innovativo e specialistico.
Questo anche perché la quasi totalità delle aziende intervistate concorda nel definire quello che si sta vivendo oggi un «cambio di paradigma radicale del modo di fare business». Non solo i tradizionali modelli B2B si sono evoluti, avvicinandosi molto ai modelli B2C; oggi sempre più anche le tradizionali aziende manifatturiere si ritrovano a lavorare con modelli B2Person (B2P), in cui il cliente è interessato all’utilizzo e non al possesso del prodotto in sé, e le esigenze di utilizzo sono fortemente personalizzate. Ecco perché è quindi fondamentale per l’azienda acquisire i talenti, che siano anche in grado di «parlare la stessa lingua del cliente». Se infatti tradizionalmente le competenze si sono concentrate sugli aspetti produttivi, oggi la necessità di instaurare relazioni di lungo termine con i propri clienti rende necessario sviluppare nuove competenze per le persone che operano soprattutto nelle fasi iniziali e finali del ciclo di vita.
Il ruolo dei Big Data nei processi di trasformazione
Allo stesso modo le aziende intervistate riconoscono che, sebbene l’elemento centrale della trasformazione in atto sia rappresentato dalle nuove tecnologie digitali, non è sufficiente possedere le competenze tecniche, bensì occorre sviluppare competenze che permettano di sfruttare appieno i vantaggi derivanti da queste tecnologie. Un esempio concreto che emerge dall’indagine è quello legato ad uno degli asset fondamentali per lo sviluppo della digital servitization: la gestione delle informazioni. Infatti, il ritorno dei dati (dai clienti verso i produttori) legate allo stato di funzionamento del prodotto e delle condizioni al contorno, rappresenta la base su cui poter elaborare specifiche politiche di manutenzione e service che possono abilitare contratti legati all’utilizzo del prodotto (i.e. pay-per-use, pay-per-availability, pay-per-performance). Tuttavia l’investimento in tecnologie e strumenti per la raccolta e gestione delle informazioni (es. IoT, Analytics, …), non basta: deve essere affiancato da un forte investimento in risorse e competenze. Si rendono in particolare necessarie nuove figure, come il Business and data analyst, in grado di utilizzare i dati a disposizione al fine di identificare le esigenze di business dei clienti per determinare le soluzione più adatte; nel nuovo “mare di dati”, l’azienda deve essere in grado di selezionare quelli più importanti, sintetizzandoli per poter prendere decisioni. È quindi necessario saper trattare ed analizzare grandi quantità di dati di natura eterogenea per creare valore dalle informazioni attraverso una nuova logica, multidisciplinare e di processo. Il Business and data analyst deve quindi affiancare alla competenza tecnica (estrazione, memorizzazione, protezione dei dati), competenze scientifiche (analisi ed elaborazione statistica dei dati) e di business (comprendere, organizzare e utilizzare i dati a supporto delle decisioni.
Le nuove competenze richiedono riqualificazione delle persone e acquisizione di talenti
Questo esempio mostra chiaramente come la digital service transformation richieda competenze che si collocano all’intersezione tra tecnologia, marketing e management, poiché hanno il compito di leggere i trend socio-culturali, individuare, aggregare ed elaborare fonti di dati, interpretare le informazioni raccolte e darne una prima traduzione a livello di impatti di business. In questo senso l’ambito digitale non può essere considerato come un semplice strumento su cui addestrarsi, ma un vero e proprio ambiente di lavoro (e di vita) che richiede anche una trasformazione (spesso significativa) di sensibilità, attitudini e comportamenti, un adattamento non superficiale delle proprie pratiche di lavoro.
Gestire il cambiamento, significa quindi oggi per le aziende sapere gestire la riqualificazione delle persone, che possono continuare a rappresentare un valore aggiunto se e solo se opportunamente coinvolte e (ri)formate. In questo senso, l’indagine svolta da ASAP ha mostrato come esistano oggi specifici percorsi di formazione, volti ad introdurre il digitale in azienda e nel service department. Ad esempio, in molte tra le aziende analizzate il personale tecnico, sempre più spesso dotato di nuove tecnologie utili per erogare e comunicare l’esito del processo di assistenza, viene coinvolto in corsi di formazione che riguardano aspetti digitali (utilizzo tool, linguaggio digitale, sicurezza dati, …), competenze soft (comunicazione, relazione cliente, critical thinking, …) e di business (es. marketing, statistica, economia, …). Le aziende intervistate sono però concordi nel vedere la riqualificazione del personale, per quanto importante, non sufficiente: per cogliere appieno le opportunità della trasformazione in atto è necessario che le aziende investano anche nell’acquisire nuovi talenti che siano in grado di ricoprire ruoli, quasi inesistenti fino a pochi anni fa. Ne sono un esempio figure, come: il Digital strategist, che decide le strategie di web-marketing e social; il Digital project manager, responsabile della gestione dell’intero ciclo di vita di un progetto basato sulla comunicazione digitale; il Social media manager, che deve ottimizzare la presenza di un’azienda sui social, affiancato dal Social media analyst che studia il ritorno dell’investimento sui social media; o ancora figure più ampie, come il Digital Marketing Manager che ha il compito di gestire e ottimizzare le interazioni digitali con i propri consumatori e prospect attraverso i canali social, web e mobile, nel rispetto degli obiettivi di vendita e di marketing e coerentemente con la brand reputation dell’azienda; o il Digital Service Manager responsabile dello sviluppo e implementazione dei nuovi servizi abilitati dalle nuove tecnologie.
Un impatto che arriva fino ai C-Level
Nell’indagine però emerge come la digital servitization non stia impattando solo i ruoli “operativi”; anche la C-Line dell’azienda si trova oggi costretta a cambiare, al fine di includere nuove figure quali: il Chief Digital Officer, che ha il compito di sovrintendere (e coordinare fra loro) tutte le funzioni dell’azienda che hanno in qualche modo a che fare con il mondo digitale; il Chief Innovation Officer, che ha il compito di proporre modelli innovativi per il business dell’impresa, come appunto la servitiazion; o ancora il Chief Security Officer, ovvero una figura tecnica che ha l’incarico di proteggere la sicurezza delle informazioni e dei sistemi dell’azienda.
Appuntamento il 7 novembre per ASAP Forum
Il XIV ASAP Service Management Forum (http://www.asapsmf.org/augmented-enterprise-services-2017/), che si terrà a Milano il prossimo 7 novembre nell’ambito dell’iniziativa di due giorni “Augmented Enterprise and Services”, attraverso esperienze, idee, momenti di discussione e networking, approfondirà il tema delle competenze che le aziende devono sviluppare per implementare con successo una strategia di servitizzazione attraverso le nuove tecnologie. In particolare, si tenterà di dare risposta a queste domande:
- Quali trasformazioni sono necessarie per sviluppare nuovi servizi e nuovi modelli di business abilitati dalle nuove tecnologie?
- Quali sono le competenze per la trasformazione digitale delle imprese?
- Come cambiano le esigenze del Service Department?
- Come cambiano i modelli di reclutamento e formazione dei nuovi assunti?
- Come rendere efficace la riqualificazione del personale esperto?
[1] Dinges, V., Urmetzer, F., Martinez, V., Zaki, M., & Neely, A. (2015). THE FUTURE OF SERVITIZATION: Technologies that will make a difference. Cambridge Service Alliance Executive Briefing Paper.
Per informazioni: federico.adrodegari@unibs.it
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