All’Accademia Nazionale dei Lincei si è tenuto un convegno su zootecnia e big data.
Quest’alleanza è preziosa per studiare mangimi sostenibili e trovare le razze locali più resistenti ai cambiamenti climatici, sotto il profilo genetico.
Quando la zootecnia incontra i big data
L’allevamento di precisione nasce dall’alleanza fra la zootecnia sostenibile e i big data.
Questa collaborazione infatti aiuta a: svolgere ricerca sui mangimi; sviluppare tecniche per gestire i capi di bestiame; sfruttare i big data per identificare i geni delle razze locali più resistenti ai cambiamenti climatici.
Sul fronte climatico, un salvagente arriva da biodiversità e tutela delle razze autoctone, i cui geni permettono agli animali a resistere ai fenomeni legati ai climate change.
La mutazione del gene del recettore della prolattina accorcia il pelo attraverso il fenotipo ‘slick’. Tale mutazione consente agli animali di tollerare le alte temperature che provocano stress e perdite produttive nei bovini da latte. Dopo averla individuata in due razze locali caraibiche (Carora e Senepol), gli scienziati hanno traghettato la mutazione nella razza Holstein.
Lo studio punta a usare i big data per individuare altre varianti altrettanto rilevanti nelle razze locali.
In tal modo, queste varianti potrebbero entrare nei programmi di selezione delle razze industriali mediante re-incrocio o nuove tecnologie dell’editing genetico.
Il mercato zootecnico in cifre: in Italia e nel mondo
La politica agroalimentare ‘Farm to Fork’ dell’Unione europea punta a ridurre l’impatto delle produzioni animali su territorio, suolo, aria, acqua, biodiversità e cambiamenti climatici. Le produzioni animali costituiscono il 40% del Pil agricolo a livello globale. Il mercato zootecnico è composto da 1,3 miliardi di persone e fornisce un terzo delle proteine che noi consumatori assumiamo.
In Italia il comparto zootecnico sfiora il 30% della produzione agricola.