Analytics Economy: interpretare correttamente i dati per differenziarsi sul mercato

I dati rappresentano il vero valore di competizione delle aziende. Crescono gli investimenti su Cloud, IoT e Analytics, la necessità di sfruttare l’Intelligenza Artificiale e di inserire Data Scientist all’interno dei propri staff.

Pubblicato il 04 Dic 2017

Marco-Icardi-scaled

«I dati sono il vero fulcro su cui si può basare la differenziazione sul mercato di un’azienda e la capacità intellettuale di analizzarli, di modellarli, fa la differenza». Così, Marco Icardi, Regional Vice President di SAS e Ceo di SAS Italia, riassume efficacemente la sfida (e il valore) delle aziende che intendono primeggiare nell’Analytics Economy.

LAnalytics Economy è già qui

È l’Analytics Economy il tema sul quale sono stati chiamati a dibattere la scorsa serata alcuni clienti e prospect di SAS Italy, quel nuovo paradigma economico dove gli Analytics vengono portati ovunque si trovino i dati e dove, al contempo, creatività, intuito e ragionamento diventano fondamentali per costruire un’unica strategia analitica e comunicare con le macchine. «Secondo me il binomio che oggi porta un’azienda al business digitale è dato da “dati e analisi” (modelli) e la differenziazione di valore delle aziende (che prima si basava sull’innovazione di prodotto) oggi diventa sempre di più basata sulla capacità di elaborare in maniera dinamica i dati e le informazioni», è l’esordio di Icardi.

«La capacità di profilazione degli utenti sulla quale costruire servizi differenzianti (ancor meglio se addirittura personalizzati) è oggi una delle sfide maggiori per quasi tutte le tipologie di aziende con le quali ci troviamo a interloquire», prosegue nel ragionamento Icardi. «Oggi i prodotti, i servizi (ma anche le piattaforme software) si copiano in pochi mesi. Sono il valore accumulato sui dati e l’esperienza e le competenze maturate sui modelli analitici a rappresentare gli elementi distintivi di competitività ed innovazione».

Data Analytics: la sfida è passare dalle analisi descrittive a quelle prescrittive

I dati del mercato italiano mostrano una buona accelerazione degli investimenti su Cloud, IoT e Analytics, a testimonianza di come l’attenzione sul dato sia oggi più concreta che mai: «le aziende leader oggi fanno evolvere i propri sistemi fino ad avere architetture completamente automatizzate attraverso le quali costruire nuovi servizi; in quest’accezione, il Paas sta diventando “la cassetta degli attrezzi” con la quale sperimentare percorsi di innovazione per esempio nell’ambito degli Advanced Analytics e dell’Intelligenza Artificiale», è quanto esposto da Stefano Mainetti, CEO dell’incubatore d’impresa e startup PoliHub e professore del MIP – School of Management del Politecnico di Milano.

Tuttavia, il “cambio di passo” non è semplice. «tutte le aziende sono in grado oggi di fare analisi descrittive – commenta Mainetti – ma quando si deve fare il salto verso le analisi predittive o ancor di più verso quelle prescrittive o totalmente automatizzate, i percorsi si complicano e le aziende devono far fronte a sfide che non sono solo tecnologiche ma anche organizzative e, soprattutto, legate alle competenze».

Servono competenze nuove: Data Scientist cercasi!

Se la sfida primaria è riuscire a tradurre in informazioni utili la moltitudine di dati con una capacità analitica che deve diventare pervasiva nelle aziende ma che deve cominciare là dove i dati vengono generati, è innegabile che tale obiettivo lo si possa raggiungere solo attraverso adeguate competenze, non solo di dominio verticale di business e di processo (indiscutibilmente necessarie) ma anche, e soprattutto, di analisi e modellazione specifiche per guidare il corretto utilizzo dei dati in contesti di industry diversificati.

«In una tavola rotonda cui ho partecipato pochi giorni fa – racconta Icardi – è emerso che le maggiori sfide cui devono far fronte oggi i CEO delle aziende italiane sono la digitalizzazione, l’innovazione e la focalizzazione sui clienti. Far finta che queste tendenze non stiano impattando sulle proprie aziende potrebbe essere pericoloso, siamo tutti esposti e coinvolti in una profonda trasformazione dei modelli di business che negli ultimi cinque anni ha già mostrato tutta la dirompente forza con la quale coinvolge le organizzazioni di tutto il mondo».

Ci stiamo spostando verso modelli di “affari” e di proposta di beni e servizi cui solo cinque anni fa non eravamo abituati ma che, in modo persino naturale, sono già oggi parte del nostro quotidiano. «Non c’è da stupirsi quindi se sono gli stessi amministratori delegati a prevedere prossimi investimenti tecnologici per le proprie aziende – prosegue il suo racconto Icardi -. Le soluzioni per l’analisi dei comportamenti di clienti/utenti e l’Intelligenza Artificiale sono le due aree di investimento con maggior focus d’attenzione da parte dei numeri uno aziendali».

«Non stupisce dunque che quasi la metà delle aziende italiane che abbiamo monitorato quest’anno prevede, per il 2018, di inserire nel proprio staff almeno un Data Scientist», è l’eco di Mainetti.

Intelligence: il collante per l’Analytics Economy

Tutte queste sfide richiedono oggi «piattaforme tecnologiche che viaggino in Cloud, che abbiano il real-time, che permettano l’instant processing dei dati che arrivano dai “generatori di informazioni” (sensori, dispositivi vari, macchine, “cose”). La sfida è riuscire ad elaborare le informazioni là dove esse vengono generate: è questo il tipo di visione prospettica che devono avere le aziende che intendono percorrere una strada nel percorso digitale», commenta Icardi.

Per sostenere l’Analytics Economy, ancor di più in aziende che intendono abbracciare anche la componente di Intelligenza Artificiale, «servono gli adeguati pilastri tecnologici e organizzativi – commenta Angelo Tenconi, Analytics & Technology Director di SAS -; sono necessari i sistemi IT in grado di “sopportare” e supportare progetti in chiave digitale (sapendo a priori che è necessario ragionare sulla coesistenza e integrazione di sistemi legacy con tecnologie più moderne e open); analogamente sono cruciali le cosiddette “things” che aiutano ad automatizzare i processi e al contempo rappresentano le fonti (sensori e dispositivi) che generano dati utili per l’azienda; è vitale modellare un ecosistema di fornitori e partner che collaborino ma soprattutto integrino visone e tecnologie; infine, non vanno dimenticati gli utenti che sono ormai abituati ad avere una interazione diretta e sempre più digitale con le aziende (considerazioni che valgono ovviamente anche nelle relazioni B2B)».

Di questi quattro pilastri l’Intelligence (che dal punto di vista tecnologico va intesa come strumenti di Advanced Analytics e di Intelligenza Artificiale) ne è il collante. «Poter reagire velocemente è oggi la discriminante per sopravvivere e prosperare nel proprio business», osserva Tenconi. «I dati e la loro analisi nel momento e nel luogo giusto diventano allora il vero motore dello sviluppo».

E se spostare le capacità di Analytics vicino a dove viene prodotto il dato diventa fondamentale per accelerare progetti di IoT e Intelligenza Artificiale, il “motore” tecnologico «deve essere rappresentato, a nostro avviso, da una piattaforma che assicuri all’azienda la capacità di gestire tutti i tipi di dati, integri funzionalità di discovery per sviluppare Advanced Analytics e consenta di portare questi modelli analitici in ambienti produttivi», conclude Tenconi.

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