Davanti a una situazione come quella causata dall’emergenza Coronavirus, appare più che mai evidente quanto stia crescendo a tutti i livelli il bisogno di conoscenza. Tutti noi abbiamo bisogno di “sapere di più” e siamo indotti a riflettere sull’importanza di riuscire ad accedere in modo veloce, preciso e semplice alle informazioni che servono riducendo al massimo il rischio di errore. Questo bisogno di conoscenza pone sfide nuove a chi lavora e sviluppa Intelligenza Artificiale e invita ad adottare un approccio capace di superare gli ambiti della pur importantissima innovazione tecnologica per abbracciare quelli del rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana.
Ne abbiamo parlato con Omar Fogliadini, Founder e managing partner di LIFEdata, una realtà che punta proprio ad abilitare le imprese alla crescita del business grazie alla conoscenza, con una impostazione che insiste sui concetti di Business Performance as a Service e di Self Learning Enterprise con la convinzione che questo percorso si concretizza solo grazie a una forte focalizzazione sui temi dell’esperienza utente e di una Omnicanalità che sa unire in modo frictionless il mondo fisico e il mondo digitale.
Commentando la realtà creata dal lock down e dell’emergenza Coronavirus, Fogliadini osserva subito che “sono venuti a mancare molti punti di riferimento e per la maggior parte delle persone il cambiamento è evidentemente fonte di un forte disorientamento”. Anche in ragione di questa accelerazione nei cambiamenti e nelle prospettive, si sta approfondendo il dibattito tra centralizzazione e decentralizzazione, non solo per gli aspetti amministrativi, ma anche per le logiche che governano la costruzione della conoscenza. “Noi come LIFEdata – osserva – abbiamo scelto di dare vita ad una organizzazione decentralizzata che punta a realizzare un disegno di Intelligenza Collettiva proprio per cercare nuova sintesi tra dati del mondo fisico e dati del mondo digitale”.
Cresce l’attenzione verso l’evoluzione nei comportamenti
I segnali e gli esempi di questa evoluzione e di questo percorso non mancano. “Certamente l’e-commerce sta rispondendo oggi a un bisogno molto concreto – afferma – e vive, come è comprensibile, una forte polarizzazione sul tema delle conseguenze del Coronavirus. Cambiano le abitudini, ma cambiano anche le modalità organizzative nel lavoro e negli spostamenti. “Molti decisori non devono più affrontare viaggi e hanno più tempo a disposizione. Nello stesso tempo industrie come Telco, banche, assicurazioni stanno aumentando ancora di più la loro attenzione alle tematiche legate ai comportamenti e alle sollecitazioni che guidano i bisogni di conoscenza dei cittadini.
Certo l’impatto a livello di relazioni è complesso e ricco di intrecci, ma appare chiaro che i mutamenti nelle abitudini, nei comportamenti, nelle azioni e nelle operazioni quotidiane impongono alle aziende un cambio di visione del proprio business, per essere in grado di comprendere appieno e di rispondere al ripensamento sociale che impatta sulle scelte di lavoro e di acquisto. Questo è un punto veramente chiave che permette ad esempio di dare risposte nuove ad abitudini nuove”.
Dalla risposta all’emergenza alla identificazione dei bisogni della nuova normalità
Non si tratta solo di una “risposta all’emergenza”, ma della preparazione e della costruzione di una Nuova Normalità. Ecco che da una fase delle aziende caratterizzata dalle priorità legate al contingency plan, si devono riesaminare le attività in una prospettiva che – come sottolinea Fogliadini – è ragionevole pensare che sia sempre più focalizzata sui servizi, perché siamo in un contesto – prosegue – in cui le parole chiave devono essere helping, aiuto, supporto. Ed è oggi necessario riuscire a interpretare e comprendere a fondo il cambiamento sociale attraverso tutti i segnali che arrivano dai cittadini, dai consumatori, dai partner e occorre un atteggiamento di solidarietà nei confronti dei nuovi bisogni partendo da un approccio che deve essere rigorosamente in modalità service first“.
I passaggi chiave: decentralizzazione e Service First
Fogliadini aggiunge che se il “distanziamento sociale” è stato compreso e se c’è una consapevolezza diffusa verso le necessità e le possibilità di gestire il lavoro e le attività da remoto dobbiamo considerare questo fenomeno come un passaggio culturale profondo e importante. Un passaggio che ci sta conducendo verso un New Normal in cui le aziende potranno essere realmente efficaci e veramente vicine ai nuovi bisogni solo se riescono a lavorare in una modalità maggiormente decentralizzata. “I fenomeni che abbiamo davanti – prosegue Fogliani – possono essere raggruppati sotto due grandi ambiti di innovazione sociale e professionale: Decentralizzazione e Service First. Si tratta di due fenomeni da leggere come strettamente legati tra loro e che hanno un denominatore comune nella necessità di far crescere una propensione ad una cultura veramente omnichannel che deve trovare una sintesi tra il mondo fisico e il mondo digitale per garantire una risposta, un supporto, un aiuto a tutti, a prescindere dal touchpoint con il quale stanno formulando la loro richiesta”.
Conversazioni come passaggio chiave per costruire conoscenza
Ed è anche su questa dimensione che si colloca il ruolo delle “conversazioni”. “Per capire come questo si può esprimere – osserva Fogliadini – occorre sottolineare un altro concetto chiave: la tecnologia può essere ovunque, ma il valore no. Il valore va costruito. La tecnologia è un attore fondamentale in questa costruzione, ma da sola non basta. Occorre infatti capire, alzare il livello di attenzione e di sensibilità ed è necessario saper ascoltare, stimolare, costruire, sostenere e interpretare le conversazioni. Perché – sottolinea – l’intelligenza, la conoscenza e il definitiva il servizio arrivano dalle conversazioni“.
Ecco che con questo presupposto la capacità di interpretare e agire sulle conversazioni appare come il primo abilitatore di nuovi servizi e come un amplificatore della capacità di dare soddisfazione ai servizi esistenti. Senza dimenticare che questo fenomeno si completa solo con la necessità delle aziende di disporre di controllo, di compliance, di security. “E questo obiettivo si raggiunge – prosegue ancora Fogliadini – nel rispetto del concetto di innovazione tecnologica come complemento all’intelligenza e alla capacità creativa dell’uomo”. Questo è il vero punto che permette di trasformare in servizi concreti i concetti che abbiamo seguito.
Un primo esempio, in termini di progettualità concrete delle imprese, riguarda proprio il fenomeno della digital servitization. “Oggi più che mai le aziende lo stanno considerando proprio perché il distanziamento sociale ha un effetto anche sulla relazione con i prodotti, sul loro possesso e l’attenzione e la relazione passa ancora di più sul valore del servizio, sui vantaggi che possiamo ottenere dagli oggetti e dai sistemi a prescindere dal fatto di possederli”. La service transformation inizia a superare i confini tradizionali, dai prodotti che quasi naturalmente ci si aspetta possano evolvere in servizi, ad una migrazione verso i servizi anche per macchinari industriali, per sistemi di produzione, per apparati destinati ad ambienti molto complessi.
Grazie ai dati questi prodotti possono sostenere la migrazione “culturale”, possono essere proposti in modalità “pay per use”, ma per percorrere questa strada è necessario lavorare sul “dialogo uomo – macchina”, su nuove forme di conversazione e sul concetto di omnicanalità, che vede questo dialogo esprimersi con operatori che lavorano direttamente alla macchina e altri che a loro volta si interfacciano con la stessa macchina pur trovandosi a migliaia di chilometri. E insieme, in una user experience uomo – macchina innovativa la personalizzano, in funzione, ad esempio, delle esigenze del mercato e delle esigenze della produzione.
Il percorso verso le imprese distribuite
Gli operatori stessi, a loro volta, sono arricchiti di strumenti che aumentano la capacità di ascolto e di conversazione. “Le imprese possono diventare imprese distribuite senza avere le persone in ‘viaggio per il mondo’, possono connettere ogni macchina e ogni dipartimento, possono passare dall’interpretazione della business intelligence alla shared intelligence, che sull’ascolto costruisce la capacità di indirizzare i temi di business. Un esempio? Prima c’era il field service oggi c’è il service basato su logiche di remotizzazione. Oggi magari in fabbrica non c’è il collega a portata di mano con cui condividere l’informazione, ma c’è un esperto a migliaia di chilometri che dialoga con la stessa macchina con cui si costruisce una conversazione complessa e completa. Ma come? Come si sviluppa questo dialogo? Questo è il vero punto: la capacità di conversare e la capacità delle macchine, grazie all’Intelligenza Artificiale, di estrarre valore da queste conversazioni, è lo snodo dal quale partono nuovi percorsi di innovazione e nuove opportunità di inventare e proporre servizi.
Come mettere a disposizione la conoscenza aziendale in modo intelligente
In questo scenario si collocano le soluzioni LifeData Omni-Channel Cloud, come Intelligent Product Information Management (PIM) per le imprese e le organizzazioni che hanno compreso l’importanza della user experience nella gestione dei prodotti e che con questa soluzione possono gestirli utilizzando Voce o servizi di Instant Messaging. La sfida sta nella capacità di conoscere in modo sempre più approfondito l’esperienza utente per sviluppare nuove opportunità di ingaggio mettendo a disposizione il patrimonio di conoscenza delle imprese, ad esempio permettendo di avere tutte le informazioni relative ai prodotti, da quelle tecniche, a quelle legate al marketing, in un unico punto di accesso che facilita e velocizza il lavoro delle reti di vendita. La stessa logica permette di portare velocità ed efficienza nella ricerca di informazioni sui servizi e-commerce, nei cataloghi online o sui social media. Ma attenzione, user experience è capacità di servizio che si traduce in impatto sul ROI, in velocità nell’accesso alle informazioni e nella loro gestione. Se poi si aggiungono i livelli di personalizzazione consigliati dall’Intelligenza Artificiale, nella logica del miglioramento continuo, ecco che un’attività puramente gestionale può cambiare la propria prospettiva di sviluppo e arrivare a incidere direttamente sui risultati di business.
LIFEdata Intelligent Enterprise si presenta come uno strumento che centralizza il ruolo della persona, che con le Next Best Action alza il livello di personalizzazione rendendo visibile e praticabile il raggiungimento di best practices e permette a tutte le imprese di cambiare prospettiva sfruttando le potenzialità e la conoscenza che arrivano dal content management.
Concentrare la conoscenza e lavorare sui touchpoint del customer journey
Ma il tema della “voce” è strategico anche nel momento in cui si guarda ai processi. Ancora una volta sono proprio la voce stessa e l’Instant messaging che permettono di cambiare prospettiva e aprono la via a modelli che consentono di attuare logiche come quella proposta con il LIFEdata One-Stop Service Hub. Grazie (ancora una volta) a una user experience che permette di “lavorare” con la voce e con l’instant messaging e grazie all’Intelligent Relationship Management, One-Stop Service Hub permette di reinterpretare il sito web come un “concentratore di conoscenza” sul quale l’azienda può andare ad arricchire il patrimonio di servizi da mettere a disposizione su ogni touchpoint del customer journey. Questo può anche voler dire che si possono dare risposte nuove alle aziende che stanno affrontando (o stanno pensando di affrontare) progetti di Service Transformation. E qui si può collocare anche un passaggio culturale importante dove voce e Instant Messaging si candidano a diventare un componente chiave per la gestione digitale delle operations portando velocità, automazione e precisione in una tutta una serie di attività che hanno come baricentro helpdesk e content management aziendale.
Ripensare le business operations puntando sulla conoscenza
Siamo così davanti anche a modo molto concreto per ripensare le Business Operations e per renderlo non solo più efficiente, ma anche molto più efficace e più incisivo per il business. In questo ambito si colloca, la piattaforma AI no-code che sempre grazie a Voce e a Instant Messaging permette di ottimizzare i processi. La vera chiave di volta è nella integrazione tra mondo fisico e mondo digitale, nella capacità di gestire tutti i canali lungo i quali si sviluppa il customer journey dell’azienda per dare una risposta realmente omnichannel, ovvero senza forzature per portare in digitale azioni e segnali che sono del mondo fisico e senza forzature anche in direzione contraria.
La logica è quella di una omnicanalità che rispetta prima di tutto la user experience degli utenti che si concretizza nella logica Service First in un contesto, come ha più volte sottolineato Fogliadini, in cui il servizio si crea e si sviluppa sulla base di conversazioni sino a costruire un patrimonio di conoscenze aziendali che è frutto di intelligenza sviluppata sulle conversazioni stesse. È il concetto della conoscenza aziendale. Con la unificazione dei processi, sui quali si costruisce prima la convergenza di tutti i contenuti e poi la capacità di fare intelligenza su questi contenuti, si possono fare progressi impensabili in termini di produttività e di precisione nel processo decisionale. Il tutto in una logica che unisce i temi dell’attenzione alle conversazioni, della centralità della persona e del real time.
L’approccio “answer-driven” per l’omnichannel
L’approccio Omnichannel e l’approccio basato sull’ascolto e sull’intelligenza delle conversazioni ha il suo terreno di elezione nell’eCommerce. LIFEdata Omni-Channel Cloud permette di ripensare i siti in modalità answer-driven con un chiaro orientamento al miglioramento delle conversioni basato sulla capacità di risposta. Più la risposta è chiara, precisa e veloce, più il processo decisionale del cliente sarà positivamente condizionato. Come sottolinea Fogliadini, il servizio deve poi essere gestito con la massima attenzione a tutte le conversazioni, sia quelle che vivono e si concretizzano in ambito digitale, sia quelle che arrivano o conducono a un punto di vendita fisico. La sfida di LIFEdata con questa soluzione è quella di rendere le transazioni frictionless e di rispondere al bisogno dell’utente in modo trasparente in funzione del suo touchpoint, che sia totalmente digitale o che sia fisico, il cliente ha la risposta che cerca nel rispetto del suo touchpoint preferito. E non è solo una questione di gestione dell’omnicanalità e di user experience, è anche un tema di sperimentazione e di abilitazione di nuovi percorsi di business che possono a tutti gli effetti sfruttare le potenzialità dei touchpoint anche come nuovi revenue stream, come potrebbe essere un WhatsApp Commerce e come possono essere le possibili declinazioni di un In-Store Digital experience commerce.
Per chi sceglie di puntare sul “Service First” il punto di partenza è l’attenzione
Fondamentale per imprese che hanno una vocazione service first e che puntano sul bene più prezioso per il servizio: l’attenzione. “Sappiamo bene – osserva Fogliadini – che l’attenzione è collegata all’intenzione e quand’è che in azienda sei più attento? Quando inizi a cercare qualcosa. Sulla base di questo assunto le nostre soluzioni sono concepite per “ascoltare” con precisione i bisogni e per recuperare velocemente e in modo preciso tutti i dati che servono per dare risposte precise”. Siamo nella Intelligent Enterprise e siamo in un ambito nel quale è d’obbligo pensare al post Coronavirus come alla costruzione di una Nuova Normalità in cui il nuovo si concretizza anche in un nuovo rapporto tra uomo e intelligenza delle macchine. Siamo in ambito in cui si creano le condizioni per un ascolto progressivo delle conversazioni e si apre la possibilità di dare vita a una Intelligent Enterprise nel senso di una azienda che si trasforma in una Self-Learning Enterprise.
In un momento come quello attuale in cui la Business Continuity rappresenta una priorità assoluta per la stragrande maggioranza delle imprese la capacità di mettere a fattor comune la conoscenza aziendale è un fattore che permette di unire sicurezza e competitività. È proprio il caso di dire che si lavora per trasformare anche in ROI gli investimenti in conoscenza. LIFEdata Intelligent Enterprise permette di agire a livello di processi lavorando su una Human-Machine intelligence che mette in linea e in coordinamento dati, applicazioni e persone. Ancora una volta la parola chiave è user experience che per questa soluzione vuol dire Knowledge Graph, una “sorta” di guida per tutta la conoscenza acquista dall’azienda con tutti gli attori, sia interni sia esterni per concretizzare quella che Fogliadini chiama Intelligenza collettiva.
Si arriva alla Single Source of Truth e alla Self Learning Intelligence
Guardando in prospettiva, Fogliadini aggiunge che l’intenzione è di uscire da questa crisi mettendo a disposizione delle aziende soluzioni che siano nello stesso tempo plug and play e che permettano di attuare e di “vedere” una logica end to end dei processi, “perché, se voglio avere il valore dei dati – osserva ancora – devo abbattere i silos”. Il marketing, le vendite, le operations, devono dialogare e ci deve essere una capacità di conversazione complessiva che ascolta e che mette in relazione informazioni, valori, competenze e che genera risposte in tempi sempre più veloci. “Per questo puntiamo a una automazione cross funzionale dei processi: l’azienda può vendere, può supportare la vendita e può sostenere il servizio, può reinterpretare la manutenzione e il post vendita, puntando sempre di più sulla human machine intelligence. In questo modo si garantisce una prospettiva in cui l’interpretazione umana è fondamentale per le decisioni, la macchina lavora sui dati e fornisce gli elementi per mettere a disposizione delle persone una single source of truth. E se ancora una volta la domanda è “Come?” la risposta è appunto nel ruolo dell’intelligenza collettiva o in altre parole dalla self learning intelligence aziendale, dal processo di apprendimento continuo con la partecipazione di tutti, sia per fornire dati (anche le domande sono dati preziosi), sia come accesso alle risposte che i dati mettono a disposizione”.