“Sebbene il termine analytics come etichetta sia abbastanza recente, basta guardare agli studi di mercato e ai sondaggi sulle priorità dei Cio di 30 anni fa per capire che l’analisi dei dati era una priorità già allora. Quando Stratos è nata, nel 1984, uno dei problemi più grandi che le aziende italiane si trovavano inconsapevolmente ad affrontare, era sicuramente legato alla mancanza di informazioni sulle tecnologie disponibili sul mercato, problema successivamente superato con l’avvento di Internet. All’epoca la nostra mission era quella di ricercare tecnologie all’avanguardia in giro per il mondo, con un focus particolare sull’analisi dei dati, per introdurle nel mercato italiano. Abbiamo iniziato col proporre semplici strumenti di query e reporting alle grandi aziende che all’epoca potevano permettersi il lusso di possedere un data center e abbiamo seguito l’evoluzione frenetica che ha caratterizzato questo mercato negli anni a venire, guidata dalla incredibile esplosione dei dati disponibili, sia sotto il profilo tecnologico che di ambiti di business di applicazione. Nel tempo abbiamo acquisito solide competenze non solo sulla parte di pura analisi, dove il business chiede sempre maggiore semplicità e velocità, ma anche lato back end dove l’esigenza di governance in termini di raccolta, organizzazione e preparazione dei dati rappresenta un elemento imprescindibile per il successo dei nostri progetti. Guardiamo al futuro con la solidità del passato e la stessa voglia di migliorare”. Luca Oglietti, amministratore delegato di Stratos Analytics, riassume così in un’intervista a BigData4Innovation i cambiamenti e l’evoluzione che ha interessato il mondo degli analytics, e ha portato oggi a un utilizzo sempre più massiccio delle tecnologie emergenti su logiche sempre più “data driven”.
Oglietti, cosa vuol dire oggi presidiare questo settore?
Oggi quando si parla di analytics ci si riferisce a una materia sconfinata. Stratos è nata con l’obiettivo di ricercare le tecnologie da proporre al mercato, con un intento quindi prevalentemente di evangelizzazione, e dai primi passi siamo arrivati oggi a parlare di argomenti quali AI e machine learning, all’epoca pura fantascienza, con una velocità e naturalezza impressionante. La nostra fortuna in questo campo è stata di aver iniziato quando tutto iniziava, e questo rappresenta per noi un vantaggio competitivo molto importante. Oggi i dati sono ovunque e la capacità per le aziende di documentarsi e farsi una cultura è ormai sconfinata, grazie anche all’avvento di Internet. Il problema piuttosto è riuscire a mettere ordine tra tutte queste informazioni e definire delle solide strategie in ambito Big Data e Analytics che rappresentino il giusto compromesso tra scalabilità di lungo periodo e esigenze di supportare il business nel quotidiano. Visione e pragmatismo sono i requisiti per poter presidiare questo settore.
Che cambiamenti ha comportato questo cambio di approccio?
Oggi i dati sono ovunque, basta guardare i telegiornali in questi giorni di crisi: è evidente come vi sia un’esigenza di disporre di dati e statistiche per supportare le decisioni da prendere, simulare scenari futuri e guidare le aspettative della gente. La stessa cosa avviene nel business, non a caso si parla di aziende “data driven”. Sempre più si capisce come i dati rappresentino un asset aziendale dal valore inestimabile, un’opportunità da sfruttare che però richiede un cambio culturale ancor prima che tecnologico. Il principio di fondo è che chi deve prendere decisioni, per poter correre più veloce ponderando correttamente i rischi, oltre ad affidarsi alla propria imprescindibile “intelligenza di business”, ha bisogno di supporti oggettivi che possono arrivare dai dati in termini di suggerimenti e di conferme. I dati parlano molto forte, siamo noi che dobbiamo imparare ad ascoltarli. Non è un cambiamento che si realizza con un semplice clic del mouse, ma un percorso lungo un’articolata curva di maturità che può portare a benefici enormi se correttamente affrontato. Per questo motivo il nostro ruolo non è semplicemente quello di implementare soluzioni IT: siamo dei partner con un’anima consulenziale. Lavoriamo con i nostri clienti per conoscerli a fondo, condividere insieme strategie e definire obiettivi e roadmap di implementazione concrete e pragmatiche.
Cosa è cambiato con l’avvento del cloud, e quali nuove opportunità apre oggi?
Il cloud ha sicuramente contribuito a rendere questo processo ancora più veloce: l’infrastruttura e la disponibilità di risorse non rappresentano più un vincolo e sia noi che i nostri clienti possiamo focalizzare gli sforzi sullo sviluppo di nuovi skill e in attività a maggiore valore aggiunto come ad esempio la definizione di architetture scalabili, procedure di certificazione del dato, analisi più sofisticate e semplici da fruire, front end con user experience più efficaci sfruttando la maggiore velocità di execution legata ad una drastica riduzione dei tempi di avvio dei progetti e a una maggiore capacità di prototipazione in ottica agile. I nostri clienti ci chiedono semplicità e questo si sposa perfettamente con due pilastri della nostra value proposition: master complexity e smart simplicity.
L’emergenza Coronavirus ha messo in crisi l’intero sistema produttivo italiano. Investire in innovazione può essere la ricetta per uscirne?
Se fino a qualche mese fa l’innovazione digitale rappresentava una scelta di miglioramento per le realtà più virtuose e con una visione più delineata, con l’emergenza Coronavirus sono purtroppo emersi gravi problemi per quelle aziende rimaste indietro in tal senso. Molto spesso le iniziative di digital transformation portano con sé un’opportunità di razionalizzazione ed efficientamento dei processi di business sottostanti. Se parliamo di Analytics, in periodi di incertezza come quello che stiamo vivendo, è evidente come l’esistenza di un processo strutturato di raccolta, certificazione, distribuzione rapida del dato e la capacità di costruire rapidamente scenari di simulazione nei diversi ambiti (finanziario, commerciale, produttivo, …) rappresentino un elemento fondamentale per poter guidare un’azienda e non abbandonare il management nel bel mezzo della tempesta.
Quali sono oggi le principali richieste che vi arrivano dagli IT manager e più in generale dai vostri clienti?
Solitamente le richieste che ci arrivano dagli IT manager riguardano esigenze di tipo applicativo che provengono direttamente dal business. E’ normale, il business comanda e noi lavoriamo con loro per rispondere prontamente anche in ottica propositiva ma cercando allo stesso tempo di sensibilizzare le aziende sul fatto che bisogna guardare un po’ più in profondità. Anche quando il driver è applicativo, infatti, i progetti si portano dietro componenti di back end su cui è fondamentale mettere ordine per allargare i possibili vantaggi nel medio lungo termine.
Quanto conta e che valore aggiunto offre oggi un approccio “sartoriale” ai data analytics?
Approccio sartoriale non vuol dire necessariamente ripartire ogni volta da un foglio bianco. Si tratta di definire una strategia personalizzata per il Cliente che prenda in considerazione la sua situazione attuale e sulla base degli obiettivi dichiarati si concretizzi in un piano operativo chiaro e definito all’interno del quale sarà possibile sfruttare nel migliore dei modi know how, asset e acceleratori costruiti e consolidati nel tempo da Stratos Analytics. Avere un’anima consulenziale ci aiuta molto ad instaurare con i nostri clienti un rapporto di partnership basato sulla fiducia per “fare l’elefante a fette”.
Puntate molto sui processi di back end per la gestione e organizzazione dei dati. Quali soluzioni proponete in questo campo, e a chi si rivolgono in modo principale?
In Stratos Analytics abbiamo una passione per la tecnologica e sappiamo bene che per correre con una macchina sportiva serve un motore potente. Per questo la parte di back end è fondamentale. Un elemento centrale di un sistema di Big Data e Analytics è la capacità di raccogliere e acquisire dati di vario tipo (non solo numeri), che possono arrivare da fonti disparate e anche esterne all’azienda. Il passo successivo è quello di organizzare e preparare queste informazioni rendendole potenzialmente fruibili da parte di molteplici utenti. Dati inizialmente utilizzati in ambito sales potrebbero servire ad esempio anche al Cfo con un “taglio diverso”. Il sistema si deve basare su una logica di scalabilità e di riutilizzo e per arrivare a quest’obiettivo la cosa più importante è partire con la mentalità giusta in una gestione end to end, dal dato grezzo all’utente finale. Ormai da diversi anni abbiamo instaurato una partnership strategica con Ibm in questo ambito: oltre che condividere la visione sugli Analytics riteniamo che IBM abbia un portafoglio prodotti di altissima qualità e con una copertura funzionale unica sul mercato in grado di coprire tutte le esigenze di collect, organize, analize ed infuse dei dati.
A chi si rivolgono in modo particolare queste soluzioni e questi servizi?
Sebbene storicamente i nostri clienti siano aziende di medio-grande dimensione, stiamo assistendo da diversi anni ad un crescente interesse anche da parte delle aziende più piccole. Tra queste in particolare le aziende manifatturiere che con l’avvento dell’industria 4.0, dell’IoT e della supply chain integrata iniziano a sentire l’esigenza non solo di sfruttare ma anche di proteggere questo asset di informazioni, prima inesistente. Indipendentemente dalle dimensioni aziendali o dal settore di appartenenza, Stratos Analytics si rivolge alle aziende che vogliono investire in questo settore e sono alla ricerca di un partner credibile con cui crescere.