Con un giro d’affari di circa 90,237 miliardi di euro al 2019, il settore del Fashion Retail rappresenta uno dei punti forti del Made in Italy e trova un forte sostegno nell’export che negli ultimi anni ha visto crescere il peso della domanda dai Paesi extra UE, con un incremento del business verso i Paesi Asiatici in particolare Corea, Giappone e Cina. Un business globale, caratterizzato da supply chain globali, chiamato a sostenere sfide globali nel segno della digitalizzazione, della sostenibilità, della ricerca di nuovi canali e di nuove opportunità. Oggi i player di qualunque comparto devono fare i conti con consumatori omni-canale sempre più attivi e autonomi nella ricerca di informazioni di interesse, più volubili nei gusti, attenti ai prezzi ma molto attratti anche dalle novità e dalla possibilità di personalizzare prodotti che li rappresentino nella loro individualità. A contare molto è anche il tema della sostenibilità: una sensibilità nuova, ricercata soprattutto dai consumatori e che porta con sé una crescita della domanda di abiti e confezioni su misura e una maggiore cura sia a tecniche di produzione “green”, eque ed etiche, sia a un concetto di durata nel tempo dei prodotti acquistati.
Accanto a questo contesto di per sé sfidante, nei primi mesi del 2020 è arrivata anche la pandemia da COVID-19 che ha portato a galla l’intrinseca debolezza di un comparto che ancora si muove secondo logiche vecchie: produrre stagionalmente articoli, spesso in facility all’estero, senza feedback anticipati da parte dei clienti e sperando che gli articoli prodotti vengano venduti sui mercati in tutto il mondo. Un settore nel quale la sovrapproduzione raggiunge livelli del 30-40% ogni stagione, cosa che lo rende estremamente dispendioso dal punto di vista finanziario e oneroso in termini di sostenibilità ambientale. A tutto ciò con l’emergenza sanitaria globale si sono aggiunti effetti a dir poco drammatici (dalla indisponibilità di materie prime, a causa del blocco dei trasporti internazionali e dell’interruzione delle supply chain, alle cancellazioni di ordini di acquirenti professionali e di eventi come matrimoni o vacanze, al drastico calo nell’acquisto di abbigliamento) che hanno portato il Fashion Retail alla consapevolezza della necessità di intraprendere un percorso strategico che porti a reinventare l’intero comparto.
La digital transformation del Fashion Retail richiede di abbandonare la tradizionale visione lineare della filiera a vantaggio di una supply chain articolata e integrata: un vero e proprio ecosistema digitale in cui tutti gli attori coinvolti sono interconnessi in un network tramite il Cloud e partecipano alla generazione di valore sostenibile per l’intera comunità e per i clienti finali. Imperativa è l’agilità, necessaria per la compressione del fattore tempo e per il perseguimento del vantaggio competitivo. Una supply chain agile è connessa, caratterizzata da processi integrati, virtuale e demand driven. Per perseguire questo obiettivo, serve un approccio olistico alla trasformazione, che tenga in considerazione processi, organizzazione e tecnologia e che sia in grado di rompere il tradizionale approccio per silos a vantaggio di flussi digitali ben orchestrati. È qui che si inserisce la value proposition di Porini, realtà attiva da oltre 50 anni sul mercato nazionale e internazionale, partner Microsoft specializzato nello sviluppo di sistemi ERP, Digital Supply Chain Management, Advanced Analytics, Machine Learning, Artificial Intelligence, IOT, XRM & Customer Engagement su piattaforma Azure, con una forte focalizzazione sulle realtà del comparto Moda e Lusso. Dalla convergenza di soluzioni e best practices, nasce un approccio di piattaforme, nel quale le diverse componenti dell’offering Porini si integrano per rispondere alle esigenze degli attori della filiera.
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