Con l’avvento delle nuove tecnologie, e in particolare degli smartphone, lo sviluppo di internet e dei siti web, in modo particolare i social media, si è modificato il nostro modo di comunicare. Ciò ha comportato non solo un cambiamento nelle comunicazioni personali ma, soprattutto, si sono modificate le modalità di interazione tra cliente e fornitore. Oggi il cliente, prima di operare la scelta di un prodotto o servizio, legge con attenzione le recensioni e i post sui canali social scritti da altri clienti, prima di scegliere il prodotto migliore o l’azienda più affidabile. L’azienda quindi, oltre a doversi confrontare con i competitor sul mercato, deve necessariamente prestare la massima attenzione alla customer experience management dei suoi clienti attraverso il presidio dei canali social. Se fino a pochi anni fa erano considerati importanti, ai fini della misurazione della “customer satisfaction”, indicatori (Key Performance Indicator) legati alle performance dell’azienda, oggi si rende necessario il monitoraggio dell’experience del cliente sin dalla fase di scelta fino a quella di utilizzo del prodotto/servizio nel post-vendita.
Una nuova metodologia di analisi della customer experience
Ecco allora una nuova metodologia di analisi della customer experience, che chiameremo di “text clustering”, attraverso l’interpretazione semantica dei “corpora”, cioè dei testi estratti dai post che i clienti scrivono sui canali social. È questa una metodologia che consente, attraverso l’utilizzo di strumenti SW sviluppati ad hoc, di individuare le “forme” grafiche attive attraverso l’analisi delle specificità del corpus, evidenziando le parole “sovraesposte” rispetto alle “sottoesposte”, fornendo una prima indicazione sui contenuti del corpus oggetto di analisi. Graficamente si può anche costruire quello che viene chiamato il “Word Cloud”, cioè la nuvola di parole che mette in risalto le forme più significative, ma che risultano anche le più banali del corpus perché si presentano con maggiore frequenza.
È con l’analisi delle “corrispondenze lessicali”, in cui si riportano le prime 10 o 20 parole specifiche per “modalità” proiettate sugli assi dei primi due “fattori” dominanti, che si ha modo di identificare i “cluster” semantici di parole, cioè i gruppi omogenei di forme grafiche di cui si compone il corpus, e del peso che essi rappresentano.
Proseguendo poi con l’analisi delle “similarità”, si possono identificare le co-occorrenze delle forme grafiche, evidenziando le “community” di parole co-occorrenti che esprimono con una innovativa rappresentazione grafica una sintesi della customer experience espressa dai clienti con i loro commenti complementare alla “cluster analysis”.
Questa metodologia, a nostro avviso, offre un nuovo approccio alla Customer Experience Management, al fine di integrare l’indicatore NPS, oggi largamente utilizzato, per monitorare la reputazione del brand ed incrementare il fatturato delle imprese. Attraverso la cluster analysis dei testi si possono identificare le aree che rappresentano i “pain points” dei clienti, su cui andrebbe focalizzata l’attenzione dell’azienda per il monitoraggio e il miglioramento delle proprie performance, e, perché no, per fissare gli obiettivi del management.
Molto utilizzato dalle imprese è anche il Net Promoter Score (NPS), un indicatore che sintetizza con un valore che va da -100 a +100 la soddisfazione dei clienti che rispondono alla domanda: “Con quale probabilità consiglieresti il prodotto/servizio a un tuo amico?”
Ma questo indice, che identifica la percentuale di “promotori” rispetto ai “detrattori” e ai “passivi”, non è un indicatore “esperenziale”, in grado, cioè, di contemplare le fasi di selezione, acquisto, e utilizzo del prodotto/servizio.
Per indicatore “esperenziale” si intende un indice che sia in grado di catturare l’esperienza vissuta dal cliente nell’utilizzo di un prodotto o nella fruizione di un servizio.
Qualora l’esperienza d’uso non sia quella attesa, il cliente ricorrerà al servizio assistenza per segnalare l’anomalia, o, come sempre più spesso accade, scriverà una recensione negativa sui siti specializzati (ad esempio Trustpilot) o scriverà un post sui canali Twitter/Facebook di social care dell’azienda.
Per la brand awareness dell’azienda queste recensioni negative rappresentano un elemento a cui prestare la massima attenzione. Esse vanno monitorate costantemente al fine di intraprendere, con tempestività, opportune azioni correttive atte a risolvere le problematiche segnalate.
Le recensioni dei clienti sui siti social, e soprattutto i post scritti sui canali “social care”, sono, invece, troppo spesso gestite dalle aziende con superficialità, provocando, oltre a un danno d’immagine, un impatto sul conto economico della società per la perdita dei clienti che migrano verso fornitori concorrenti. Insomma, la Customer Experience Management è un fattore da tenere sempre sotto controllo.