Lo studio di Denodo illustra come le aziende italiane affrontano e traggono beneficio dalla democratizzazione dei dati.
Ecco i punti salienti del sondaggio per IKN Italy sul data management, a cui hanno risposto imprese appartenenti a vari mercati, per capire come le aziende vedono l’uso democratico dei dati, al fine della loro stessa trasformazione Data-Driven.
Denodo accende i fari sulla democratizzazione dei dati
La survey di Denodo per IKN Italy sulla democratizzazione dei da, giunta alla terza edizione, segue i due precedenti sondaggi: sulla gestione dei dati del 2021 nelle aziende italiane e quello del 2022 sulla trasformazione Data Driven.
Il sondaggio esplorativo di quest’anno fa luce su come le aziende interpretano la democratizzazione dei dati e come traggono beneficio da essa.
Le imprese intervistate rappresentano un campione eterogeneo e appartengono ai seguenti settori [Figura 1]: finanza, biotecnologie e farmaceutico, consulenza, energia & utility, HW Engineering, R&D manufacturing, retail, settore pubblico, software e tecnologia, comunicazione, advertising, media.
La democratizzazione dei dati punta a rendere accessibili i dati a tutti coloro intenzionati a utilizzarli, nel rispetto delle regole che ogni azienda ha stabilito in base alla normativa o alle proprie policy.
Il cuore di ogni democrazia, sia fondata sui dati o politica, non è solo la definizione dei diritti e dei doveri. Ma democrazia è un processo: significa anche far sì che tutti possano esercitare i diritti, rispettando i doveri, nella maniera più semplice possibile.
L’importanza di un uso democratico dei dati
Il 43% degli intervistati ritiene che la democratizzazione dei dati [Figura 2] sia molto importante. Il 32% la giudica degna di interesse, anche se in ambiti più ristretti rispetto all’intera azienda o amministrazione.
Il risultato [Figura 2] dimostra l’attualità del tema, che costituisce un passo indispensabile verso la trasformazione data-driven. In questo contesto, infatti, un utilizzo democratico dei dati rappresenta una condizione indispensabile.
Tuttavia c’è ancora un 25% di intervistati che ancora non pensano che il tema di particolare interesse.
I vantaggi della democratizzazione dei dati
Illustrando i benefici fondamentali collegati a un uso democratico dei dati [Figura 3], le risposte sono articolate, ma mettono in luce alcune categorie.
La semplicità d’uso ottiene il 63% delle risposte. Riunisce chi vede nella democratizzazione un risparmio di tempo e di sforzo nell’utilizzo dei dati e chi un incremento della propria autonomia, diminuendo dunque quella dall’IT o, in generale, dalle strutture dedite alla gestione dei dati sotto il profilo tecnico.
Il 19%, inoltre, vede il processo di democratizzazione come fattore chiave per la definizione di regole chiare, in termini di diritti e doveri, per chi impiega i dati.
Criticità nella democratizzazione dei dati
Gli ostacoli all’uso democratico dei dati sono numerosi [Figura 4]. Il 22% degli intervistati ritengono necessaria una sponsorship importante per dare una svolta positiva all’iniziativa
Seguono quelli che stimano siano le trasformazioni a rappresentare criticità importanti nella dimensione organizzativa (18%) e culturale (21%).
Al 17% si piazza chi trova problemi nella definizione delle regole di Data governance: in uno scenario di democrazia dei dati sono le difficoltà a delineare diritti e doveri di chi impiegherà i dati.
Appena un 10% degli intervistati interpreta come ostacolo l’infrastruttura tecnologi. Ciò conferma che la percezione sia quella di una tecnologia matura, mentre le vere difficoltà risiedono in ambito culturale e organizzativo.
Infine, un 10% dei rispondenti osserva che la peculiarità dei dati gestiti dalla propria organizzazione o azienda sia tale da rendere difficilmente raggiungibile la trasformazione.
Come avviare il processo di democratizzazione dei dati
Presi in esame vantaggi e problematiche, è cruciale individuare il giusto punto di partenza, per intraprendere il percorso [Figura 5]. Il 38% lo identifica nel supporto a un cambio culturale per cui la condivisione rappresenta la chiave per una vera democrazia.
In seconda posizione si piazza chi vede in comunicazione e formazione fattori chiave per il successo dell’iniziativa (32%). Invece il 26% scommette sulla preparazione dell’impianto organizzativo per il debutto e sostegno di questa trasformazione.
Soltanto il 2% ritiene che per avviare il processo di democratizzazione dei dati, bisogna decidere quali dati analizzare per un processo di democratizzazione e quale infrastruttura tecnologica a supporto scegliere.
Modelli o paradigmi tecnologici: Data Mesh o Data Fabric
Nell’adozione di nuovi modelli o paradigmi tecnologici [Figura 6], il 32% pensa che il Data Mesh rappresenti un paradigma di riferimento, confermando il crescente interesse per il nuovo modo di gestire organizzativo dei dati.
Il 28%, forse un po’ sotto le aspettative, indica nel Data Fabric, virtuale o classico, un segno della modernizzazione delle infrastrutture di integrazione dati.
Infine, il 29% di chi adotta un approccio DaaS è orientato a un consumo rapido dei dati, ma anche a sostegno di progetti di Data Marketplace e Data Monetization.
Tecnologie in uso, adesso o nel futuro
Appena il 3% dei rispondenti ancora non ha maturato una chiara visione o fatto una scelta [Figura 7], ma si osserva quasi omogeneità tra l’uso di un Data warehouse, di un Data lake e di un Data Lakehouse.
Il 21% usa o valuta di ricorre all’uso dell’intelligenza artificiale (AI), di cui il Machine learning (ML) è una branca. Unita al Machine learning, il 35% degli intervistati adotta una di queste due tecniche come parte integrante nell’uso e consumo dei dati.
Invece è basso – e sorprende – l’uso Data virtualization (4%), soprattutto rispetto all’utilizzo di un Logical Data Fabric.
Come semplificare l’uso dei dati quando serve
Per semplificare l’uso dei dati [Figura 8], il 46% impiega un catalogo per la ricerca dei dati, quando nasce un’esigenza che richiede l’uso di dati.
Ma la natura del catalogo varia: il 21% si affida a un catalogo di sola consultazione, con i dati che poi richiesti all’IT; il 14% dispone di un catalogo che permette sia la ricerca che l’uso, senza passare dall’IT e, infine, l’11% fruisce della possibilità non solo di ricerca e uso dei dati, ma anche di creazione di nuovi dati.
Secondo il 43%, i dati devono ancora essere richiesti all’IT, senza alcuna possibilità di esplorazione tramite l’uso di un catalogo.
La gestione Self-Service su Cloud (4%) adopera motori di ricerca, soprattutto interni, mentre il 3% si serve di altre modalità.
Gestione dei dati: l’organizzazione
Nella gestione del patrimonio informativo nell’azienda [Figura 9], il 36% afferma che l’organizzazione prevede un team, all’interno dell’IT, centralizzato per la Data management. Nel 18% dei casi, il Chief Data Officer ospita il team nella sua struttura. Un altro 18% la colloca in altra struttura, per riportare a diretto probabilmente al CEO.
Il 18% afferma di ispirarsi al modello di Data mesh, dove ciascun dipartimento dispone di un team che modella i dati di cui è responsabile.
Nel 3% dei casi, il CTO e/o CISO ha a carico la gestione. Il 4% ha una gestione del tutto personale, rischiando una sorta di anarchia del dato. Il 3% infine denuncia uno scenario di Shadow IT, che non appare una situazione ideale dal punto di vista organizzativo.
Casi d’uso in fase di analisi o di adozione
Il 21% prevede di esplorare o implementare casi d’uso riferiti alla Data governance, sempre più importante nell’ambito della democratizzazione dei dati [Figura 10]. Il 22% dichiara di valutare o adottare intelligenza artificiale e Machine Learning: una quota che, secondo la Survey, si spiega con l’enfasi data a questi temi.
Il 7% invece sta lavorando specificatamente sull’ambito della Data science.
Il 14% sta implementando una vista unica del cliente o, comunque,
di entità complesse, mentre l’11% esplora iniziative di Data-as-a-Service (DaaS), tema d’attualità e in rapida ascesa.
A chiudere il cerchio sono i dati per analizzare i social (14%), quelli per l’analisi di vendite e marketing (7%) e solo il 4% raccoglie la Supply Chain, ma forse è un tema di nicchia e dipende dai settori.
Futuri casi d’uso
Sempre più evidente la crescita veloce [Figura 11] di casi d’uso associati all’AI e ML, mentre sorprende un po’ il calo significativo di quelli legati alla Data governance, dove però pesa la crescente maturità.
Stabile la quota dei casi d’uso legati alla Data science, mentre gli altri ambiti osservano un costante declino, con la sola eccezione dei casi d’uso legati alla Supply Chain.
Il 3% dei casi d’uso si riferisce all’IoT e all’Edge computing.
Archiviazione dei dati
L’archiviazione dei dati [Figura 12] è in maggioranza (64%) affidata alla gestione On-Premise, sebbene il Cloud faccia parte integrante delle architetture IT, ma il processo di spostamento/migrazione è ancora in corso. L‘11% risponde che è solo questione di tempo, confermando che lo spostamento sarà completo entro 18-36 mesi.
Il 14% ha un approccio più radicale: ritiene che in futuro la maggioranza dei dati sarà archiviata in Cloud, anche se ci saranno comunque dati che rimarranno On-Premise. L’11% prevede un equilibrio tra l’On-Premise e il Cloud, che rimarrà tale anche in futuro.
Conclusioni
Dalla Survey di Denodo emerge la consapevolezza che il patrimonio informativo costituisca forse l’asset più prezioso e strategico di un’azienda. Intorno a questo asset parte il processo di data driven transformation, una trasformazione radicale e impegnativa, che non dipende solo da fattori tecnologici, ma che, al contrario, basa il suo successo su una armoniosa sinergia di questi con elementi organizzativi e culturali.
La trasformazione, quindi, è complessa, non veloce e priva di difficoltà. L’azienda che vuole intraprenderla deve farsi guidare
dai dati, estraendone il valore e affrontando il processo decisionale vitale per la sua sopravvivenza.
Da questo punto di vista, è essenziale il modo in cui i dati sono resi
disponibili a chi ne abbia necessità, a prescindere dall’uso che ne deve fare. La messa a disposizione non è solo una questione tecnologica ma, soprattutto, la definizione del corretto assetto organizzativo e delle necessaria trasformazione culturale, sia dell’azienda che del singolo, riguardo al ruolo dei dati. Un ruolo che necessariamente si baserà su una loro condivisione.