Big Data Analytics 2020: il mercato viaggia a “due velocità” e arriva a quota 1,815 Mld €

Dai dati dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano esce il profilo di un mercato che segna la differenza tra aziende più “mature” nell’utilizzo dei dati che hanno “sfruttato” i dati anche per reagire all’emergenza e aziende “immature” che hanno frenato o posticipato progetti e investimenti. Banche, manifatturiero e telco tra i settori più attivi con una spesa che premia soprattutto software (52%), servizi (28%) e infrastrutture (20%)

Pubblicato il 27 Nov 2020

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Davanti a una pandemia che ha stravolto abitudini, comportamenti e attività imprenditoriali si avverte nelle persone e nelle organizzazioni una maggiore bisogno di dai e previsioni , sempre più affidabili e precise. Aumenta la propensione ad affidarsi ai dati, ma nello stesso tempo si avverte anche la necessità di disporre di strumenti che permettano di comprenderne al meglio la dimensione e la portata. Si può forse dire che il 2020 ha segnato un cambiamento nel “rapporto con i dati”: da una parte la quantità di informazioni, di opinioni e di dibattiti proprio sul valore di decisioni basate sui dati e dall’altra la necessità di interrogarsi sui criteri che stabiliscono il valore e la qualità del dato, sui vantaggi e sui rischi che questi scenari comportano. Quello che è certo è che tanto nel sociale quanto nelle imprese e nell’economia è cresciuto un evidente bisogno di conoscenza che è destinato a rivolgersi sempre di più a progetti e modelli di Big Data Analytics. L’occasione per capire quanto questo bisogno di conoscenza “percepito” si sia concretizzato in progetti e servizi è offerto dall’edizione 2020 dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano.

E il primo riscontro non sembra almeno apparentemente confermare l’impressione di questa crescita nella domanda di conoscenza. Dai dati della ricerca dell’Osservatorio emerge infatti che la marcia a due cifre “gonfie” del 2018 e del 2019 del mercato Analytics rallenta. Resta, sia chiaro, un bel segno positivo, ma dal 23% del 2018 e dal 26% del 2019 si scende al 6%. Il risultato è un rallentamento della crescita del mercato Analytics, che nel 2020 in Italia raggiunge 1,815 miliardi di euro, mostrando un +6% rispetto allo scorso anno, dopo il +23% registrato nel 2018 e il +26% nel 2019.

Aziende “mature” e “immature” due diverse reazioni all’emergenza

La nota dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics mette in evidenza che se quest’anno ha certamente contribuito a portare maggiore attenzione sul ruolo dei dati nel processo decisionale delle aziende e delle organizzazioni e dall’altra ha anche costretto non poche realtà a intervenire sui progetti e sugli investimenti alla luce di un contesto economico certamente non facile. Come sempre ci sono luci e ombre e le luci illuminano prima di tutto e soprattutto la aziende “mature” che credono da più tempo nel valore dei dati e che in questa situazione hanno saputo sfruttare il potenziale dei dati e hanno accelerato a livello di progettualità data driven. Al contrario, le ombre riguardano invece quelle aziende “immature” che ancora non avevano fatto un salto di qualità verso un modello data driven e hanno messo in pausa o posticipato progetti di Big Data Analytics.

Guardando poi all’atteggiamento verso gli investimenti all’Osservatorio esce una lettura del mercato Big Data & Business Analytics che mostra come le grandi imprese abbiano confermato nel 96% progetti data driven a livello di raccolta e valorizzazione dei dati mentre un 42% ha scelto di muoversi nell’ambito dell’Advanced Analytics. Le percentuali si riducono nel momento in cui la lente si rivolge al mondo PMI dove si parla di un 62% di aziende che ha avviato progetti di analisi dati e solo un po’ più della metà di questa fascia sono in fase avanzata.

Emergenza come “stress test” anche per le logiche data driven

Carlo Vercellis, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics rileva un allargamento nel gap tra aziende che hanno iniziato da tempo a lavorare su progetti data driven e aziende che non hanno ancora attivato questi processi e che appunto quest’anno hanno fermato o posticipato i loro progetti mettendo a rischio la loro competitività. Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics ha a sua volta messo in evidenza che la pandemia ha avuto l’effetto di una una sorta di uno stress test spingendo le aziende ad avere una maggiore attenzione ai temi dell’efficienza, alle competenze e alla governance dei dati e della Data Science. Chi aveva avviato un approccio data driven ha trovato strumenti e risorse per reagire, chi invece e al contrario aveva investito meno ha ulteriormente ridotto il proprio impegno.

Banche, manifatturiero, telco e media i settori più attivi

In termini di settori le banche confermano la loro propensione alle logiche data driven con una quota di mercato del 28%, prosegue la dinamica del mondo manifatturiero che vale il 24% a cui segue il settore che unisce telco e media con il 14%. Più staccati il mondo dei servizi con l’8%, la Gdo e il retail con il 7,5% e poi ancora il mondo delle assicurazioni (7%), delle utility (6.5%), la Pubblica Amministrazione e la sanità con il 5%.

Se si guarda alla composizione della spesa appare evidente l’importanza del software che vale il 52% e che conferma una crescita importante, pari al +16% sul 2019 e che porta risposte in particolare negli ambiti dell’Intelligenza Artificiale e nelle Data Science Platform. I servizi a loro volta rappresentano il 28% del mercato mentre le spese per infrastrutture sono aumentate del 7% e hanno raggiunto una quota del 20% grazie a investimenti per soluzioni di calcolo e storage. Crescono a due cifre gli Analytics in Cloud e con tasso del +24% arrivano a rappresentare una quota del 19% del mercato con una variazione percentuale positiva del 2% rispetto al 2019.

Il ruolo di Data Analyst, Data Engineer, Data Visualization Expert e Data Scientist

Tra le figure professionali che “pilotano” questo mercato il 2020 conferma l’ampia diffusione di Data Analyst con una presenza che arriva al 76%, molto significati la presenza di Data Engineer che arriva al 58% e di Data Visualization Expert a loro volta presenti nel 52% ma che come segnala la nota dell’Osservatorio sono in crescita del 31% rispetto all’anno precedente. Le figure di riferimento della Big data Analytics, i Data Scientist sono presenti nel 49% delle imprese mentre a testimonianza della sempre maggiore vicinanza dei data analytics con il business gli Analytics Translator iniziano ad essere significativamente presenti nel 30% delle realtà.

Per quanto riguarda la gestione complessiva dei processi e dell’organizzazione non emerge ancora una tendenza chiara alla data governance, in molti casi non è ancora codificata, anche se crescono dal 3% al 15% le organizzazioni che hanno scelto di farlo, ma la figura che dovrebbe incarnare in modo più completo questo ruolo, ovvero il Chief Data & Analytis Officer è presente solo nell’1% delle realtà.

Ma cosa distingue le aziende più consolidate e mature da quelle che non hanno preso in considerazione seriamente le prospettive data driven? La ricerca dell’Osservatorio fotografa innanzitutto una situazione in cui il 40% delle grandi imprese vanta una strategia chiara per quanto riguarda gli Advanced Analytics e sono aziende che esprimono per queste ragioni un “profilo di maturità”. Sono aziende che nel 16% dei casi negli ultimi tre anni si è anche distinta per aver avviato sperimentazioni.

Le realtà “immature” sono una “scala di grigi” dove ci stanno realtà che dispongono comunque in una certa misura di competenze che metterebbero le aziende nella condizione di avviare progetti e che quindi sono potenzialmente in grado trarre vantaggio dagli analytics e di portarli al servizio del business, potendo anche contare su risorse legate al reporting e alla visualization. Più lontane invece le aziende che non dispongono di competenze specifiche e che, anche per questo, non hanno al loro attivo nemmeno delle sperimentazioni.

Cosa fa la differenza? La priorità alla qualità e alla valorizzazione dei dati

Nel momento in cui la “lente” va a focalizzare le attività che le aziende hanno svolto o prevedono di svolgere “sui dati” emerge un quadro nel quale si può leggere anche un tema di qualità. Nel corso di quest’anno per il 70% delle aziende il lavoro sui dati aveva come obiettivo il miglioramento dei dati e per un altro 26% si tratta di una attività che comunque verrà affrontata nel breve. Gli obiettivi sono poi un altro indice di questo approccio virtuoso: la qualità dei dati è presente nell’82% dei casi, gli investimenti in tecnologie per l’integrazione dei dati arrivano al 78% dei casi, gli Advanced Analytics sono al 61%. E in soluzioni per la Data Visualization (54%).

Tornando alla distinzione tra aziende mature e immature per le prime la qualità è forse associabile anche alla introduzione di nuove competenze, per le immature è invece nei passaggi legati all’attenzione alla integrazione dei dati dalle diverse fonti. La qualità dei dati è spesso anche da mettere in relazione con la qualità delle decisioni e con la qualità delle valutazioni: la ricerca dell’Osservatorio mette in evidenza come a fronte dell’emergenza le imprese mature non hanno messo in discussione il tema della valorizzazione dei dati, ma anzi hanno scelto di accelerare a livello di impegno sulla data science, cosa che è invece accaduta in misura assai più ampia per le imprese immature, che nel 45% dei casi hanno scelto di mettere in secondo piano il loro impegno in termini di valorizzazione dei dati.

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