Il dilemma decisionale è un problema figlio del diluvio di dati. Un eccesso di dati provoca stress decisionale e complica il processo di decision-making.
“Le persone stanno annegando in un mare di dati”, commenta Seth Stephens-Davidowitz, data scientist e autore di “Everybody Lies” e “Don’t Trust Your Gut”. Ecco come sciogliere il dilemma, per aiutare i leader aziendale a superare le criticità.
Il dilemma decisionale: cos’è
I dati aiutano aziende e organizzazioni a migliorare il processo di decision-making. Infatti chi usa i dati prende in genere decisioni in maniera più corretta, rapida ed efficace.
Tuttavia, l’aumento del volume di dati, spesso di grandi dimensioni e soprattutto derivanti da cosi numerose ed eterogenee fonti, rende stressante il processo decisionale, trasformando ogni scelta in un dilemma da risolvere.
Il dilemma decisionale prende il nome dalla ricerca Decision Dilemma, a firma di Oracle e del data scientist Seth Stephens-Davidowitz, già autore di bestseller sul tema. Lo studio, condotto su 14 mila persone, fra cui numerosi leader aziendali, provenienti da 17 Paesi del mondo. Ecco il parere dei leader aziendali, alle prese con le difficoltà di assumere decisioni sia nella vita privata che professionale, quando si è obbligati a prenderne molte.
L’indagine
Dall’indagine Decision Dilemma, a firma di Oracle, emerge che il 70% dei leader aziendali vorrebbe che, al posto loro, una forma di automazione di Intelligenza Artificiale (AI) prendesse decisioni fondate sui dati.
L’85% dei manager, infatti, denuncia di aver subito stress decisionale nel corso dell’ultimo anno.
Secondo la ricerca, il 72% dice di aver desistito dal prendere ogni decisione, a causa della vasta mole di dati e dall’assenza di fiducia negli stessi. Il data deluge ha insomma prodotto una paralisi decisionale.
Il 94% ha inoltre modificato il modo di prendere decisioni nell’arco dell’ultimo triennio. Invece il 97% vorrebbe che i dati supportassero il processo decisionale, rivelandosi di maggiore aiuto in fase di decision-making.
I dettagli
Il 74% degli intervistati spiega che le decisioni da prendere ogni giorno è decuplicato nell’ultimo triennio, tanto che ben il 78% si sente bombardato da uno tsunami di dati. Un’enorme quantità di dati che oltretutto proviene da più fonti rispetto al passato. “Il volume dei dati è aumentato esponenzialmente”, mette in evidenza Andrea Cesarini, Managing Director di Accenture Oracle Business Group, Europe Lead: “Ogni azienda deve adottare un approccio più strategico e rigoroso quando si tratta di acquisire, accrescere, affinare, proteggere e utilizzare i dati”.
Il 59% ammette di non riuscire a volte, in una giornata, a prendere decisioni.
Il 35% non sa su quali dati o fonti porre fiducia. Il 70% ha perfino rinunciato a prendere una decisione, bombardato dai dati e dunque in prede a uno uno stallo decisionale.
L’85% delle persone, inoltre, ritiene che l’incapacità di prendere decisioni genera un impatto negativo sulla qualità della vita. Produce picchi di ansia (36%), occasioni mancate (33%) e anche spese superflue (29%).
Nell’arco dell’ultimo triennio, il 93% è giunto a cambiare il modo di assumere decisioni. Il 39% si riferisce unicamente alle fonti su cui ripone fiducia. Invece il 29% si basa solamente del proprio istinto.
Il rischio è la passività organizzativa
Secondo la ricerca Oracle, nelle aziende lo scenario è analogo. I manager vorrebbero che i dati fossero d’aiuto, essendo la chiave per il successo delle loro organizzazioni. Tuttavia temono di non avere gli strumenti giusti per usarli bene. Il rischio è la passività organizzativa e l’erosione della fiducia nei dati e nella capacità di prendere decisioni in modo tempestivo.
L’85% dei manager, a causa dello stress decisionale, spesso si sente in colpa o dubita della validità di una decisione presa nell’ultimo anno.
Per il 93% il successo di un’organizzazione dipende dalla giusta intelligence decisionale.
Il 97% vorrebbe ricevere aiuto e supporto dai dati. Le persone vorrebbero ricevere sostegno dai dati nel processo decisionale (44%), nella riduzione dei rischi (41%), nella tempestività delle decisioni (39%), nell’aumento dei ricavi (37%) e nel prepararsi ad affrontare l’inatteso (29%).
Per il 72% però la grande mole di dati disponibili e l’assenza di fiducia nei dati ha provocato uno stallo decisionale. L’89% pensa che il numero crescente di fonti di dati abbia ostacolato il successo della propria azienda.
La gestione di varie fonti richiede l’impiego di risorse aggiuntive per la raccolta di tutti i dati (40%). Inoltre rallenta il processo decisionale strategico (36%). Oltre ad aumentare le possibilità di sbagliare (26%).
“Questo studio evidenzia come l’enorme quantità di input ricevuti dalle persone ogni giorno (tramite ricerche su Internet, notizie o commenti non richiesti) spesso diventi troppo grande perché sia gestita adeguatamente dal loro cervello”, sottolinea Seth Stephens-Davidowitz.
“Le persone sono tentate di eliminare i dati confusionari, e talvolta conflittuali, e seguire il proprio istinto. Ma questo può essere un grosso errore. È stato dimostrato più e più volte che il nostro istinto può condurci fuori strada e che il miglior processo decisionale possibile si basa su una corretta comprensione dei dati più rilevanti. Trovare un modo per gestire il flusso di dati a portata di mano per aiutare le aziende a distinguere tra elementi importanti e secondari è un primo passo fondamentale”, conclude l’autore di bestseller.
Le principali problematiche
I leader aziendali non pensano che l’attuale approccio ai dati e al data analytics non aiuti a risolvere queste criticità. Il 77% ritiene che dashboard e grafici non risultano sempre utili allo scopo del processo decisionale.
Il 72% pensa che la gran parte dei dati disponibili sia davvero utile solo per i professionisti IT o per i data scientist.
I leader aziendali pensano che serva un cambiamento. Dati e insight giusti offrono supporto a prendere decisioni migliori in ambito HR (94%). Anche in AFC/Finance (94%), supply chain (94%) e customer experience (93%).
La soluzione contro il dilemma decisionale: l’AI
La rilevanza dei dati è una priorità per le decisioni da prendere. Se non sono rilevanti, si rischia di farne a meno. Ma raccoglierli ed interpretarli ha stressato le persone. Tuttavia la posta in gioco è alta.
Secondo il 70%, la raccolta e l’interpretazione dei dati è “troppo da gestire” per gli intervistati.
Nel mondo imprenditoriale, il 78% dei manager riporta che i leader spesso prendono decisioni, cercando poi i dati per giustificare le decisioni assunte. Per il 74% dei dipendenti, le imprese spesso danno più peso all’opinione di alcuni. In particolare delle “persone con lo status aziendale o lo stipendio più alto” che ai dati stessi.
Il 24% pensa che la maggior parte delle decisioni nel mondo del business non abbiano una logica, invece di essere data-driven.
La situazione è così complessa che il 64% delle persone, e il 70% dei leader aziendali, preferirebbe che un robot di intelligenza artificiale prendesse le decisioni al posto loro, azzerando così tutte queste problematiche.
Il rapporto complicato con i dati nei mondi personali e professionali rende le persone consapevoli. Infatti, senza dati, le loro decisioni sarebbero meno precise (44%). Ma anche meno efficaci (27%) e più soggette ad errori (39%).
Le persone ritengono inoltre che un’organizzazione che utilizza la tecnologia per prendere decisioni basate sui dati sia più affidabile (79%). Pensano che abbia maggiore successo (79%). Inoltre, crede che avrebbe probabilità superiori di ricevere investimenti (76%), ottenere collaborazioni (77%) o attirare talenti e competenze (78%).
“Man mano che le aziende si espandono per servire nuovi clienti in nuovi modi, si espande anche il numero di input di dati necessari per ottenere il quadro completo. I leader aziendali che prendono decisioni di importanza critica su come gestire i loro business ignorano questi dati a proprio rischio e pericolo”, spiega T.K. Anand, executive vice president di Oracle Analytics. “L’esitazione, la diffidenza e la mancanza di comprensione dei dati (…) indicano che molte persone e organizzazioni devono ripensare il loro approccio ai dati e al processo decisionale”.
“Ciò di cui le persone hanno realmente bisogno è poter connettere dati, insight, decisioni e azioni”, affermaT.K. Anand: “Grazie alla nostra ampia gamma di funzionalità cloud connesse, dalla gestione dei dati fondamentali agli analytics aumentati e applicati alla nostra suite di applicazioni sui processi aziendali, siamo in grado di soddisfare questa esigenza”.