FIRENZE – Bridge Consulting inizia il suo percorso verso il cloud nel secondo semestre del 2014, a partire dall’esigenza di sviluppare studi di fattibilità su sistemi Big data. Per reperire le ingenti risorse informatiche, necessarie per un periodo limitato, si è valutata una soluzione in cloud, con la scelta dell’infrastruttura Big data Amazon (Elastic Cloud Hadoop): “Abbiamo così potuto verificare direttamente i vantaggi dei sistemi in cloud che ci consentivano di modificare pressoché istantaneamente la quantità di risorse utilizzate – ricorda Antonio Paterno, Responsabile Gruppo DB e Middleware, Bridge Consulting – Da qui siamo passati all’utilizzo del cloud anche per il backup delle nostre attività, finalizzato al disaster recovery, andando a memorizzare i dati in un luogo sicuro diverso dall’infrastruttura aziendale”.
Un percorso analogo è seguito oggi da molte aziende, come sottolinea Marco Bettini, Co-fondatore di Bridge Consulting e Direttore Area DB, Middleware, Architetture Distribuite e Nuove Tecnologie. “Per noi il cloud è stato in qualche modo il proseguimento del percorso avviato con l’impiego dei sistemi ingegnerizzati Oracle, che possono essere visti come una prima forma di private cloud”, commenta ancora Bettini, ricordando che all’epoca l’offerta cloud di Oracle, il partner storico di Bridge, non era ancora disponibile, mentre oggi questa scelta tecnologica del vendor è molto chiara, visto che i nuovi prodotti usciranno prima su cloud e poi on premise (vedi articolo Oracle hybrid cloud? “Push the button”).
“Il primo sistema ingegnerizzato Oracle, lanciato nel 2008, si presenta come già standardizzato, configurato e ottimizzato, contenendo al suo interno storage, potenza di calcolo e integrazione fra le varie componenti – puntualizza Simone Traversari, I&O Team Leader di Bridge Consulting- La novità di oggi consiste solo nel fatto che il sistema non si trova più nel centro di calcolo dell’azienda cliente, ma sta in cloud e ne sfrutta tutti i vantaggi, in termini sia di flessibilità sia di costi”.
Perché e come andare in cloud
All’inizio del 2015, Bridge ha avviato con Oracle un programma di sperimentazione del monitoraggio di macchine virtuali in cloud (beta test di Enterprise Manager): “Abbiamo approfittato di questa sperimentazione per mettere alla prova i servizi PaaS di Oracle (data base e middleware), portando in cloud un’applicazione scritta da Bridge”, nota Traversari. D’accordo con Unicoop Firenze, uno dei più importanti clienti di Bridge, è stata effettuata una proof of concept (POC) sulla migrazione, da sistema ingegnerizzato a Oracle Cloud PaaS, dell’applicazione commerciale realizzata da Bridge per Unicoop (basata su Java e database Oracle, con interfaccia Html con widget Html5). La migrazione ha riguardato il database e l’applicazione Java, ma nel prossimo futuro Bridge ha intenzione di aggiungere anche la parte di integrazione basata su Oracle Service Bus: “L’obiettivo era sperimentare la difficoltà di trasferimento in cloud, le performance, la fruibilità e l’opportunità di trasformare ambienti che hanno una vita temporanea come, ad esempio, quelli training e di sviluppo”, sottolinea Bettini.
Si voleva in questo modo dare risposta alle preoccupazioni più comuni quando si deve affrontare una fase di transizione al cloud. La mia applicazione si può spostare in cloud? Saranno necessari interventi ingenti sul codice? Come monitorare le applicazioni? Sono necessarie nuove competenze? È possibile mantenere lo stesso livello di servizio? “Pur passando a una nuova release, non abbiamo trovato nessuna differenza rispetto al trasferimento fra due sistemi on premise. Per il trasferimento è stato sufficiente un giorno, con l’intervento esclusivo degli specialisti database e middleware senza la necessità di interventi sull’applicazione che, va ricordato, è basata su open standard”, è la risposta di Traversari.
La semplicità della transizione deriva, secondo Bridge, anche dalla scelta di continuità fatta da Oracle che adotta lo stesso stack tecnologico anche in cloud. “Ciò significa non dover cambiare le proprie applicazioni, ma semplicemente scegliere dove tenerle”, precisa ancora Traversari. “Mentre il sistema ingegnerizzato può richiedere un upgrade anche complesso quando diventa inadeguato rispetto all’evoluzione del business, i servizi in cloud consentono un utilizzo elastico delle risorse con la possibilità di pagare solo per quanto effettivamente serve”.
“La stessa continuità scelta da Oracle anche per gli strumenti di manutenzione e monitoraggio fa sì che non ci siano variazioni rilevanti per le attività di Bridge, se non per la fisicità del dato”, aggiunge Paterno. In pratica non servono a Bridge nuove tecnologie né nuove competenze per monitorare i sistemi e le applicazioni in cloud. “Neppure sul lato aziende clienti, essendo mantenuti gli stessi standard on premise, sono necessarie nuove figure e nuove competenze: il database manager o il middleware administrator possono gestire e configurare nello stesso modo le risorse on premise e on the cloud”, aggiunge Traversari. L’unica differenza sarà la necessità di creare il servizio, ma per questo bastano pochi clic.
Dopo questi risultati, Oracle ha proposto a Bridge di essere presente al webcast di lancio di Enterprise Manager a giugno 2015 e l’esperienza di Bridge è stata argomento di una sessione sia all’Oracle OpenWorld 2015 sia all’Oracle Cloud Day di Milano a novembre 2015.
La scelta di proseguire la sperimentazione cloud utilizzando i servizi Oracle, deriva soprattutto da una valutazione di completezza dell’offerta rispetto a quella di altri fornitori, generalmente specializzati in un campo specifico. “L’immediata conseguenza è che un cliente che decide di andare in cloud ha a disposizione tutte le componenti per soluzioni di business, senza dover ricorre a provider differenti, oltre alla possibilità di integrazione con altri servizi on premise e on cloud”, sottolinea Traversari .
Tutte le strade portano al cloud
Insomma, tutto va autoconfigurandosi in un’architettura ibrida: “Perché tutto funzioni è fondamentale il ruolo dell’integrazione – sottolinea Bettini – E noi, a partire dalla conoscenza dei sistemi e dell’esperienza maturata, ci offriamo come consulenti per ridisegnare un’architettura ibrida, mantenendo l’attuale modello di business”.