Il panorama di business attuale pone le aziende di fronte a una crescente complessità: i dati sono la risorsa più importante delle organizzazioni di oggi, ma per poterli sfruttare al meglio è necessario sapersi confrontare con informazioni sempre più numerose, eterogenee e distribuite, ripensandone dunque la gestione.
Si tratta di un cambiamento non solo tecnologico, ma anche organizzativo e culturale che coinvolge le aziende a tutti i livelli e che può presentare sfide importanti: dall’automazione in ambienti complessi al rispetto della conformità normativa, dalla mancanza di accesso rapido alle informazioni ai rischi in termini di privacy e sicurezza. Saperle identificare e affrontare tempestivamente risulta strategico per rimanere competitivi sul mercato.
Con il recente studio Data Gap Report 2023, condotto su 500 grandi aziende in Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, Denodo ha voluto esplorare un contesto in rapida evoluzione, in cui una strategia di data management efficace può fare la differenza.
Report Denodo: al centro l’intelligenza artificiale
Non sorprende che, anche nell’ambito della gestione dei dati, l’intelligenza artificiale sia emersa come uno dei trend maggiormente sotto i riflettori – sia nell’ottica di semplificazione per i data consumer, che hanno necessità di trovare i dati di cui hanno bisogno velocemente, sia per supportare i data steward e data engineering nell’integrazione dei dati stessi.
I risultati dello studio mostrano una certa attesa in materia di AI: solo in Italia, ben il 70% delle aziende ha in programma di aumentare l’adozione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale nei prossimi mesi. Se poco meno di 2 su 10 (19%) non hanno ancora iniziato a fare ricorso ad AI e ML, ben il 51% ha già implementato tali tecnologie ma prevede di incrementarne ulteriormente l’utilizzo.
Il dato è generalmente in linea con quelli degli altri Paesi europei, a dimostrazione del fatto che la spinta verso questo tipo di tecnologia sta coinvolgendo le organizzazioni a livello internazionale anche quando si guarda specificamente alla gestione dei dati.
A fronte di una strada che appare segnata, resta tuttavia da lavorare sulla reale consapevolezza delle aziende. Ci troviamo davanti a un’introduzione graduale di funzionalità che derivano dall’approccio tipico dell’AI e che ora dovranno dare un supporto concreto alle due figure principali che ruotano intorno ai dati: chi li usa, e chi li gestisce.
Report Denodo: la centralizzazione dei dati
Il report ha poi messo in luce un certo fermento in materia di gestione vera e propria delle informazioni, evidenziando come oggi nelle grandi aziende italiane i dati vengano per lo più gestiti in modo centralizzato (62%). Va comunque tenuto presente non solo che, a seconda della dimensione di un’organizzazione e della sua storia in termini di uso dei dati, un modello sarà più affine di altri, ma anche che il contesto attuale è sempre più fluido: per il futuro possiamo aspettarci non più un paradigma unico, ma approcci al data management diversi in base alle specifiche esigenze di ciascuna azienda.
Ad esempio, grandi realtà (come quelle bancarie o assicurative) saranno più propense a scegliere modelli distribuiti come il data mesh, con un team centralizzato responsabile di controllare, monitorare e garantire una gestione conforme alle normative.
Tali scelte vanno di pari passo con la definizione della struttura aziendale preposta alla responsabilità dei dati. Se da un lato sorprende che non tutte le organizzazioni dispongano di un Chief Data Officer, dall’altro questo è sintomatico del valore effettivamente riconosciuto alla figura del responsabile dei dati, il cui compito non deve essere confuso con quello di mero coordinatore tecnico. Da questo punto di vista, l’Italia si distingue positivamente: nel Belpaese, infatti, il ruolo del CDO è presente ben nel 79% delle grandi aziende intervistate, a fronte di una media europea che si attesta su 20 punti in meno (59%).
Report Denodo: la democratizzazione del dato
Lo studio ha infine messo in luce la centralità della democratizzazione del dato per le aziende di oggi: tutti, infatti, devono avere il diritto di utilizzare i dati necessari con facilità, ma nel rispetto delle proprie responsabilità, coniugando aspetti tecnologici, organizzativi e culturali. Nell’era della trasformazione data-driven, questo diventa la conditio sine qua non per prendere decisioni accurate, tempestive e davvero basate sui dati.
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, il tema dell’integrazione dei dati da sorgenti diverse diventa fondamentale. A tal proposito, il modello logico di gestione dei dati può essere risolutivo, poiché risponde a esigenze diverse che richiedono un livello di agilità elevato: da un lato la necessità di lasciare i dati dove sono per evitare inutili consumi di risorse e duplicazioni che potrebbero implicare problemi di sicurezza, dall’altro la necessità di avere un unico punto d’accesso che consenta di ritrovare i dati facilmente anche in futuro.
Lo studio mostra come, a livello europeo, il 77% delle aziende riconosca i vantaggi di un’architettura di gestione dei dati distribuita e che, allo stesso tempo, il 75% vede nell’approccio centralizzato la miglior risposta alle esigenze aziendali: il modello logico si rivela dunque la soluzione, poiché in grado di indirizzare entrambe le necessità – a scapito delle architetture tradizionali, che cominciano a soffrire in un mondo in cui i dati vengono prodotti sempre più velocemente.
Conclusioni
In generale, dal report emergono tendenze comuni a tutti i Paesi coinvolti, che delineano un movimento europeo per cui i data consumer vengono messi realmente al centro. Quasi 7 aziende su 10 (68%) vedono margine di miglioramento nella propria capacità di sfruttare i dati e nelle soluzioni tecnologiche implementate: è in atto un vero e proprio processo di transizione che mette le aziende di fronte alla necessità di passare da architetture fisiche ad architetture logiche, in cui le piattaforme di data management e tecnologie all’avanguardia possono fare la differenza.