La strategia di Pure Storage va sempre più a braccetto con l’as a service, cercando di offrire alle aziende servizi, soluzioni e piattaforme che vadano oltre l’archiviazione, per abbracciare piuttosto la gestione a 360 gradi dei dati, sempre più vero e proprio patrimonio delle aziende di tutti i settori e dimensioni. Come ha messo infatti in evidenza Mauro Solimene, Country Manager Italia, il concetto chiave per comprendere l’attuale Pure è quello di piattaforma: “Pure Storage ha sempre più a che fare con la gestione e management del principale patrimonio che le aziende hanno a disposizione, ovvero dei dati digitali. Si tratta di un fattore prioritario per qualsiasi tipo di business. Per questo motivo l’azione di Pure ormai travalica il concetto di storage, ormai quasi limitante: pasrliamo ormai di modern data experience. Il senso è che dati non solo devono essere conservati ma devono anche essere messi a lavoro”. Ovviamente questa linea è frutto dell’evoluzione della stessa Pure storage che, nata nel 2009, si è rapidamente affermata come uno dei pionieri dell’all-flash, in seguito adottato da tutti i principali competitor.
Cloud e servizio come orizzonte
Per continuare a mantenere una differenziazione dai suoi competitor, Pure ha deciso di puntare sugli analytics e, soprattutto, sulla proposizione di una formula as a service, introdotta negli anni scorsi e in crescita di un tasso del 30% anno su anno. Una formula che, come ha messo in evidenza Solimene, consente ai clienti di focalizzarsi sui risultati, piuttosto che sulla gestione della tecnologia, grazie alla maggiore flessibilità che questa formula è in grado di assicurare. La logica è quella di una Modern data experience, cioè di uno storage integrato nei workflow e nelle applicazioni aziendali, consentendone così una fruizione più ottimale. Il trend, complice anche l’emergenza pandemica, è quello di una sempre maggiore applicazione presso le imprese: la stima di IDC è che questo genere di servizi crescerà con fattore x3 nel 2021, portando il 50% dei datacenter verso modelli di consumo e utilizzo a servizio. D’altra parte, come ha evidenziato Umberto Galtarossa, Channel Technical Manager di Pure Storage Italia, i tradizionali cicli di refresh dell’infrastruttura IT ormai sono troppo lunghi per un cliente, che dunque spesso e volentieri sposa la flessibilità del cloud.
Un 2020 traguardato con successo
Pure Storage ha cercato così di rafforzare ulteriormente la sua evoluzione con Pure as a service 2.0, annunciata nel 2020, che può permettere ai partner di offrire infrastruttura a consumo a tutto tondo. In particolare, la versione 2.0 strizza l’occhio alle imprese di media dimensione, grazie a un notevole abbattimento dell’entry point (50 TB con un anno di subscription), che permette di usufruire dei benefici dell’infrastrutture Pure anche senza necessità di possedere volumi dati di stampo americano. In ottica Modern Data experience, andando oltre le classiche necessità di archiviazione, Pure storage può mettere sul piatto UFFO (Unified Fast File and Object Platform), una piattaforma Flashblade che permette alle imprese di poter effettuare analisi in tempo reale sui social o su altri canali non tradizionali di relazioni con i propri clienti e, inoltre, di poter effettuare le opportune azioni di risposta. Per gestire i dati provenienti da applicazioni cloud native, che sempre più spesso coinvolgono soluzione a container come Kubernets, Pure ha acquisito Portworx, per risolvere alla radice ogni possibile problema. Questa evoluzione ha consentito a Pure Storage di superare con successo, anche in Italia, un anno complicato come il 2020: “Abbiamo assistito a una reazione incredibilmente positiva da parte del mercato. Ovviamente, hanno tenuto meglio i clienti di classe enterprise, che hanno continuato a eseguire i propri piani quasi senza interruzione. Noi abbiamo saputo aiutarli e in un modo o nell’altro non ci siamo mai fermati, con grande soddisfazione”, conclude Solimene.