La trasformazione digitale è entrata a far parte del dibattito sulle nuove strategie aziendali ormai da anni, tuttavia molte organizzazioni, pur avendo maturato la consapevolezza di dover modernizzare i propri sistemi, non ne hanno ancora chiare tutte le implicazioni. Il percorso di Digital transformation è infatti foriero di cambiamenti all’interno dell’intera azienda, coinvolgendo dipartimenti diversi che vanno ben oltre l’IT tradizionale: si tratta di un processo che, per avere successo, richiede un approccio di change management a tutti i livelli.
L’AI ha bisogno di una base dati accurata
In un’epoca in cui le informazioni sono il vero patrimonio aziendale, la gestione dei dati (finalizzata al loro utilizzo) diventa dunque uno dei principali ambiti coinvolti dalla trasformazione: senza una base dati accurata e ottimizzata, senza una governance che ne consenta un consumo consapevole, così come un’infrastruttura che risulti quasi trasparente per il consumatore e non richieda regole o competenze specifiche, tecnologie come l’intelligenza artificiale, il Machine learning e l’automazione non sarebbero in grado di supportare adeguatamente i processi e le decisioni aziendali.
Non solo. Se non sfruttata correttamente, la grande quantità di dati a disposizione perderebbe il proprio valore: è per questo che le aziende più lungimiranti stanno implementando policy di gestione dei dati che ne prevedano la vera e propria democratizzazione. Questo, insieme a una solida Data & Analytics Governance, permette a tutti gli utenti di accedere con semplicità ai dati di cui hanno bisogno, così da svolgere al meglio le proprie attività di analisi e monitoraggio, prendendo decisioni davvero informate e basate su dati affidabili, protetti e utilizzati in conformità con le normative vigenti.
Le sfide di un approccio nuovo: democratizzare i dati
Democratizzare i dati significa innanzitutto promuovere una rivoluzione culturale che coinvolga persone, competenze e tecnologia. Inoltre, proprio perché implica un cambio di paradigma nel modo stesso di affrontare le dinamiche lavorative, tale rivoluzione non può avvenire repentinamente, ma si tratta di un percorso che va affrontato in modo graduale per garantire un’adozione efficace.
Il primo passo verso il successo, ma al tempo stesso una delle sfide più comuni, è coinvolgere fin dal principio tutte le persone all’interno dell’azienda, in tutte le aree e a tutti i livelli, instaurando un dialogo aperto, che consenta a tutti di condividere la propria esperienza: per esempio, è utile istituire community per diffondere la cosiddetta “cultura del dato”, all’interno delle quali possano confrontarsi figure professionali diverse. È infatti importante che i profili che si occupano di business imparino a dialogare con quelli tecnici e viceversa, in modo da promuovere un approccio nuovo basato sullo scambio reciproco, scardinando logiche a silos che oggi rappresentano rallentamenti e ostacoli in termini di business e questo presuppone l’istituzione di ruoli che sappiano parlare un linguaggio comune, in grado di armonizzare punti di vista spesso differenti.
Creare aziende data-centric
Le organizzazioni, infatti, devono saper essere flessibili e fluide, per sfruttare competenze trasversali che consentano di cogliere le opportunità offerte dalle tecnologie emergenti per affrontare complessità sempre maggiori (si pensi, per esempio, al settore delle istituzioni finanziarie, soggette a un panorama normativo in continua evoluzione).
Dal punto di vista tecnologico, è necessario poter sviluppare un’unica piattaforma dati che permetta, in semplicità e autonomia, di esplorare, comprendere e utilizzare il patrimonio informativo a disposizione, integrandosi al tempo stesso con i sistemi esistenti. È questo l’obiettivo della self-service BI/AI, che vuole rendere persone e aziende realmente data-centric, mettendo i data consumer nella condizione di accedere autonomamente e consapevolmente ai dati e utilizzarli per i propri fini.
I benefici della democratizzazione dei dati
Il fondamentale cambiamento culturale nell’approccio alla gestione dei dati va accompagnato anche da strumenti che consentano di metterlo in atto in modo agile e sicuro. In Credem ci siamo rivolti a Denodo per abilitare una trasformazione che avvicinasse tutti gli utenti al dato (non solo chi lo consuma, ma anche chi lo produce, così che tutti diventassero più consapevoli di come si possa sfruttare e valorizzare appieno il patrimonio informativo aziendale). Un’architettura in cui il dato viene gestito centralmente e reso accessibile in modo autonomo e sicuro, infatti, consente di liberarne appieno il valore.
È in tale contesto che si inserisce il concetto di metadato, grazie al quale anche chi non possiede competenze tecniche approfondite è in grado di recuperare il dato di cui necessita, interrogarlo ed elaborarlo per i propri scopi. Questo approccio self-service porta quindi importanti vantaggi sotto un duplice aspetto: da un lato il business può operare più velocemente e senza intermediazioni, riducendo il time-to-market, dall’altro l’IT può concentrarsi maggiormente sull’infrastruttura a supporto.
Inoltre, una data platform basata su un approccio logico garantisce il disaccoppiamento dei dati dalla tecnologia con la quale questi sono gestiti, mettendo al riparo i data consumer da qualsiasi cambiamento in tal senso, tra cui il progressivo passaggio al cloud.
La democratizzazione dei dati è dunque in primis un cambiamento culturale, che non può prescindere da un contestuale rinnovamento tecnologico. Proprio per questo, però, si tratta di un cambio di paradigma che va saputo perseguire sapientemente: per essere davvero efficace, il percorso di adozione deve essere graduale e commisurato all’effettiva maturità aziendale e dei singoli. Non è raro, infatti, trovare livelli diversi di competenze e apertura all’interno della stessa organizzazione.
Ecco, quindi, che diventa indispensabile seguire un modello ibrido in cui dare agli utenti la possibilità di “consumare” i dati in modo autonomo, senza tuttavia lasciarli soli e, anzi, accompagnandoli passo passo fino alla totale autonomia.
Democratizzazione dei dati: il caso Credem
L’esperienza di una realtà bancaria come quella di Credem è esemplificativa di come una strategia basata sulla democratizzazione dei dati possa migliorare il lavoro quotidiano dei dipendenti, contribuendo al contempo a renderli più consapevoli del patrimonio informativo aziendale: l’infrastruttura si sta evolvendo e trasformando, secondo un processo che sta davvero avvicinando tutti gli utenti al dato (non solo chi lo consuma, ma anche chi lo produce).
In particolare, l’implementazione di un modello “Hub and spoke” favorisce la condivisione e la collaborazione continua tra i team e tutti i soggetti coinvolti. Questo si traduce in iniziative concrete volte a favorire il cambiamento culturale: tra queste, l’istituzione di veri e propri gruppi di scambio all’interno dei quali professionisti appartenenti ad aree di competenza differenti possono condividere idee, punti di vista e competenze per accelerare e migliorare l’utilizzo dei dati stessi.
Anche la formazione svolge un ruolo importante per favorire l’adozione di una data strategy davvero al passo con i tempi. Insieme a programmi di formazione sulle tecnologie più all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, Credem favorisce un vero e proprio training on the job in cui il team IT accompagna per step i diversi data user lungo il percorso che porta alla self-service BI/AI.