Dati e Active Intelligence, nodi cruciali per affrontare l’emergenza

I dati sono tra le priorità che i capi di azienda si trovano a dover considerare. Fattori cruciali sono i dati in tempo reale, governance dei dati e data literacy

Pubblicato il 08 Lug 2021

James Fisher

CPO presso Qlik

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I leader d’azienda hanno dovuto prendere decisioni importanti nel corso dell’ultimo anno, per essere sicuri di mettere a disposizione dei dipendenti tutto ciò di cui avevano bisogno per lavorare (vedi soprattutto lo smart working). I dati sono tra le priorità che i capi di azienda si trovano a dover considerare.

Tre considerazioni fondamentali sui dati

I capi d’azienda devono dare priorità a tre considerazioni fondamentali:

Dati in tempo reale

Gli ultimi 12 mesi hanno messo alla prova la nostra percezione del tempo e di come le cose possano cambiare nello spazio di una notte. Più che mai abbiamo capito che il modo in cui oggi stanno le cose può essere molto diverso da come stavano ieri, per non parlare di un mese o di un anno fa. Se i dati che mettiamo a disposizione dei nostri dipendenti sono obsoleti, allora anche le decisioni saranno già fuori tempo massimo nel momento in cui vengono prese. È come se si restasse sempre un passo indietro e si giocasse a rincorrersi. E questo gap sarà sempre più evidente via via che il numero di decisioni automatizzate aumenterà. Disporre costantemente di nuovi dati è fondamentale per agire nella giusta direzione quando si verificano situazioni particolari.

Governance dei dati

Questo aspetto è diventato centrale perché il numero di persone che lavora fuori ufficio è aumentato esponenzialmente. Avere stabilito rigorosi controlli di governance è importante per due ragioni. La prima, assicura che i dipendenti possano accedere solo ai dati che sono utili per il loro ruolo, coerentemente con le regole dei dati e del mercato. La seconda è che è di importanza vitale migliorare le decisioni prese sulla base dei dati, e questo si può ottenere migliorando la loro qualità e accuratezza.

Data literacy

È cosa buona e giusta mettere a disposizione dei dipendenti i dati che li portano a prendere decisioni migliori ma questo sarà davvero possibile solo dopo che avranno sviluppato le giuste competenze. Dovranno essere tutti abituati a interpretare i dati e arrivare alle giuste conclusioni. Potrà sorprendere sapere che mentre il 63% degli impiegati di tutto il mondo prende decisioni basate sui dati ogni settimana, solo il 21% ha una competenza adeguata in merito ai dati. Si tratta di una percentuale incredibilmente bassa se consideriamo quanta parte della nostra vita lavorativa oggi si affida ai dati. È importante quindi che i leader d’azienda capiscano subito cosa fare per colmare questa lacuna nella data literacy e aiutare i loro team a migliorare i loro stessi processi decisionali, offrendo gli strumenti giusti per analizzare le decisioni prese dai sistemi automatici. La capacità di riconoscere e ricercare valori anomali nei dati garantirà che, via via che l’automazione cresce all’interno dell’azienda, non si finisca per restare prigionieri di un’ottica miope i cui risultati sono influenzati negativamente dai bias.

L’importanza del fattore fiducia

Se chiedeste a qualsiasi manager quali sono state le sfide più grandi che la sua azienda ha dovuto affrontare nel momento in cui le persone hanno iniziato a lavorare da casa, senza dubbio la fiducia sarebbe infatti nella lista. Non si tratta di fiducia nel fatto che i dipendenti svolgano il proprio lavoro e lo svolgano bene: la maggior parte delle persone ha lavorato anche più del solito e ha sofferto la pressione di una cultura esageratamente “always-on”. Il 55% degli intervistati in questa survey ha fatto addirittura fatica a contenere il suo carico di lavoro nelle classiche ore lavorative, durante la pandemia.

Si intende la fiducia da parte dei leader d’azienda, responsabili del successo dell’azienda stessa, che sono abituati ad avere sotto controllo ogni processo decisionale. In un ambiente d’ufficio, è facile presentarsi al desk di qualcuno o inserirsi in un meeting. Lavorando da casa, quel livello di visibilità e la possibilità informale di influenzare qualsiasi decisione è impossibile. I leader d’azienda si sono trovati così a dover delegare la responsabilità del processo decisionale.

Come per la maggior parte dei cambiamenti, avvenuti nel corso dell’ultimo anno, anche questo passaggio di consegne sarebbe in realtà dovuto accadere in precedenza, ma è stato accelerato dalla pandemia. Considerando la sempre maggiore pervasività dell’intelligenza artificiale nella nostra vita lavorativa, era inevitabile. Se non riusciamo a dare fiducia agli umani nel momento in cui c’è da prendere una decisione, come potremo darla alle macchine? Possiamo vedere la pandemia quasi come una cartina di tornasole per il modo in cui diversi leader di diversi mercati affronteranno l’introduzione dei processi decisionali basati su IA nel prossimo futuro.

Ciò che comunque è abbastanza chiaro è che decentralizzare il processo decisionale ha avuto qualche effetto positivo sul business. Thomas Malone, professore presso la MIT Sloan School of Management crede che questa pratica incoraggi creatività e motivazione, permetta a più persone di lavorare allo stesso tempo sul medesimo problema, e favorisca flessibilità e individualizzazione.

Dati e informazione, elementi cruciali per costruire un buon livello di fiducia

Ci sono ovviamente alcune cose che i leader d’azienda possono fare per avere più fiducia nei loro team, come per esempio definire un processo decisionale chiaro e abituare i membri del team a utilizzarlo. Queste sono sicuramente cose importanti, ma c’è un elemento cruciale che spesso finisce per essere dimenticato: l’informazione. Senza una buona informazione come possiamo essere sicuri che una decisione sia quella giusta?

Abbiamo visto molte aziende dare per scontato che le informazioni sui cui si basano le loro decisioni importanti siano corrette e precise. Ma quanti potrebbero giurare che le cose stanno davvero così? Questo non vuol dire che le aziende non dovrebbero fidarsi dei loro dati perché in questo modo smetterebbero di usare quello che invece è lo strumento più potente oggi disponibile per aiutarli a capire e ad agire di fronte a situazioni in continua evoluzione. Ciò che voglio sottolineare è invece che, come sempre accade, quello che si ottiene è ciò che si immette nella nostra pipeline di dati.

Le aziende devono aspirare a mettere l’Active Intelligence al cuore di ogni processo decisionale, per avere costantemente a disposizione un livello di intelligenza proveniente da informazioni aggiornate e in tempo reale e capace di portare ad agire immediatamente. Vediamo cosa deve essere messo a disposizione dei dipendenti per ottimizzare ogni momento di business e creare una cultura dei processi decisionali affidabile.

Conclusioni

James Fisher, CPO di QLink

Se i capi d’azienda accoglieranno queste sfide riusciranno ad avere una relazione molto più dinamica con l’informazione che l’Active Intelligence, l’evoluzione della business intelligence, porta loro, regalandosi così maggiori opportunità di successo nei processi decisionali decentralizzati, corroborate da una solida cultura della fiducia. Come diceva Ernest Hemingway: “Il miglior modo per sapere se puoi fidarti di qualcuno è fidarti di quel qualcuno.” Con un po’ di aiuto da parte di un’informazione in tempo reale e regolamentata, naturalmente.

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