Secondo una ricerca di Denodo, l’approccio data driven conquista meno di due aziende italiane su dieci. Ma il percorso che sta trasformando le organizzazioni italiane è in atto.
Lo studio fotografa una generale propensione ad adottare un processo data driven, tuttavia c’è disomogeneità nei livelli di adozione. Ecco perché e come superare i divari.
Aziende alle prese con la trasformazione data driven
La trasformazione delle aziende in data driven è un processo in fieri, anche se è ancora disomogeneo.
L’evoluzione è al centro delle agende e dei piani di sviluppo delle aziende italiane. Le imprese sono propense e pronte ad adottare un approccio data driven, tuttavia appena il 17% ha compiuto la trasformazione.
In Italia oltre otto aziende su dieci, pari all’83%, stanno comunque percorrendo questo iter che conduce a fondare le dinamiche di decision-making sui dati. Ecco come la gestione dei dati sta diventando una priorità.
Dinamiche di decision-making basate sui dati
Lo studio di Denodo cerca di scoprire come evolve l’approccio delle aziende italiane alla gestione dei dati. Si osserva una crescente consapevolezza della criticità della trasformazione delle aziende con un approccio data driven.
Inoltre, dalla ricerca emerge la vocazione delle aziende alla gestione data driven. Il 42% ha già intrapreso un iter di trasformazione data driven. Invece, il 24%, pur avendo avviato il percorso, ha imboccato la fase propedeutica all’implementazione del processo.
Infine, una minoranza di aziende:
- deve affrontare difficoltà e sfide connesse alla trasformazione (10%);
- oppure giudica l’approccio data driven non adatto alla propria azienda (7%).
I driver della trasformazione digitale
Le aziende riflettono specifiche esigenze di business condivisibili con diversi settori. Ecco quali sono:
- un progresso generale dell’efficienza operativa (41%);
- diventare più agili e veloci nel rispondere alla domanda di mercato e incrementare le opportunità di business (17%);
- ottimizzare la customer experience (10%);
- rispettare norme e regolamenti, ridurre rischi ed errori, oltre a diventare più competitive e a migliorare il processo di vendita (7%).
Aziende data driven, le barriere da superare
Alcune aziende italiane incontrano difficoltà per adottare un approccio data driven. Ecco quali ostacoli devono affrontare:
- dispersione dei dati (35%), che ne ostacola accesso e consapevolezza;
- la mancanza di strutture per la gestione dei dati (21%);
- eccessiva dipendenza dall’IT, che frena un uso self-service dei dati (17%);
- lacuna di un modello semantico unico, per attribuire un significato ai dati stessi da rendere esplicito e consultabile (14%);
- cultura del dato poco declinata alla condivisione (10%).
“Nell’era della Data Driven Transformation, in un mondo che si muove sempre più velocemente e che mostra spesso cambiamenti repentini, ogni decisione aziendale deve essere accurata, tempestiva e fondata su un uso sapiente dei dati a disposizione”, spiega Andrea Zinno, Sales Director & Data Evangelist di Denodo: “Questo non è possibile se non attraverso una reale democratizzazione del patrimonio informativo, che consenta di fornire le giuste informazioni alle diverse tipologie di utenti, garantendo al contempo sicurezza e governance”.
La governance dei dati
La data governance è un elemento imprescindibile (60%), perché non è importante solo l’uso dei dati, ma che l’adozione data driven rispetti la normativa e le politiche interne. Il 24% dei rispondenti ha dichiarato quanto serva una formazione specifica in tal senso.
Gli aspetti organizzativi sono un driver di successo della trasformazione, ma non bastano. Gestire i dati nelle aziende, in strutture dedicate e con regole e metodologie condivise, è però un obiettivo ancora lontano.
Infatti quasi 7 intervistati su 10 (69%) indicano una gestione solo locale dei dati. E appena il 17% conferma la presenza di un Team centralizzato per la loro corretta gestione. Infine, solo il 14% delle aziende ammette regole condivise.
Tuttavia una gestione omogenea dei dati permetterebbe una reale condivisione, grazie a un team centralizzato e all’adesione a linee guida comuni di regole.
Data delivery
Le aziende italiane non spiccano per innovazione nel valorizzare al massimo i dati, gestendone l’intero ciclo di vita, dalla rilevazione fino al consumo da parte degli utenti.
Infatti la ricerca sottolinea che il 69% delle aziende ritiene che l’IT ricopra un ruolo cruciale, nei termini di struttura che ha la responsabilità di:
- selezionare i dati;
- eventualmente aggregarli per poi consegnarli ai richiedenti.
Appena il 28% delle aziende dispone di un catalogo di dati, da consultare:
- a scopo informativo (14%);
- con un livello di autonomia (14%) per assemblare i dati presenti, generandone di nuovi e operando in modalità self-service.
“Il processo richiede la diffusione di una cultura del dato che trovi riscontro nella creazione di policy adeguate e nell’istituzione di strutture organizzative dedicate“, conclude Zinno: “Gli utenti e le applicazioni”, infatti, devono essere “in grado di accedere immediatamente e facilmente a tutti i dati di cui hanno bisogno, indipendentemente dalla loro localizzazione, dal formato e dalla loro complessità tecnologica, sintattica e semantica per un approccio sempre più basato sui dati.”