Nonostante l’incertezza economica, le aziende italiane confermano l’impegno negli investimenti sul digitale, riconoscendolo come essenziale per la competitività.
In base ai dati degli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano i budget ICT cresceranno dell’1,5% entro il 2025, in linea con il trend degli ultimi nove anni, anche se a un tasso di crescita inferiore rispetto al 2023 (+1,9%).
A sorpresa, le piccole imprese (+3,7%) e le medie imprese (+4%) trainano questa crescita, mentre le grandi aziende mantengono una maggiore stabilità.
La spesa digitale delle organizzazioni strutturate rimane focalizzata su cybersecurity (57%), soluzioni di business intelligence e visualizzazione dati, con un crescente interesse per intelligenza artificiale, cognitive computing e machine learning, su cui investirà prioritariamente il 43% delle aziende.
Anche le soluzioni di GenAI sono in crescita, citate dal 39% delle organizzazioni. Tra le PMI, la cybersecurity resta la priorità principale (31%), seguita dalla migrazione e gestione Cloud (25%) e dalle tecnologie di Industria 4.0 (24%).
“In un clima caratterizzato da cautela e crescita limitata, le aziende italiane confermano l’intenzione di investire nel digitale, per identificare soluzioni alle sfide in atto e cogliere nuove opportunità di business”, afferma Alessandra Luksch, Direttore degli Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Thinking del Politecnico di Milano. “Imprese e startup devono oggi entrare in una nuova fase nella valorizzazione strategica dell’innovazione, spostando il focus dalla pura sperimentazione alla generazione di impatto”.
Le differenze fra PMI e grandi imprese
Le differenze fra PMI e grandi organizzazioni si riflettono anche nelle strategie di innovazione. Nelle grandi imprese, l’innovazione digitale è integrata nei piani strategici nel 92% dei casi, sebbene solo nel 5% rappresenti la leva principale.
Più della metà (56%) ha formalizzato una strategia digitale, diffusa in modo importante nel 38% delle organizzazioni. Tuttavia, solo l’8% utilizza metriche consolidate per valutare l’impatto delle attività di innovazione digitale, spesso misurando solo input e output economici di breve periodo. Le PMI, d’altra parte, mostrano maggiore flessibilità e adattamento, ma con meno formalizzazione strategica.
Innovazione, i modelli organizzativi
C’è una crescente spinta verso modelli diffusi nella gestione dell’innovazione. Il 39% delle imprese possiede una “Direzione Innovazione” interna, ma molti optano per un approccio trasversale: quasi due aziende su tre hanno identificato figure di Innovation Champion (44%) provenienti da diverse funzioni aziendali per coordinare l’innovazione. Le principali sfide includono l’integrazione dell’innovazione con le esigenze delle business unit (45%) e il coordinamento con le funzioni aziendali (42%).
“Chi all’interno dell’azienda deve valorizzare l’innovazione si trova spesso a fronteggiare una scarsa apertura al cambiamento ed una limitata capacità di comprenderne appieno i potenziali benefici, con il rischio di non far avanzare idee e progetti oltre alle fasi di sperimentazione e test”, afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Digital Transformation Academy. “Per ingaggiare la popolazione aziendale, le imprese più mature ricorrono in modo sempre più frequente ad azioni di Corporate Entrepreneurship. La sola formazione, però, rischia di essere inutile se non adeguatamente accompagnata da percorsi pratici”.
L’open Innovation
Nel 2024, l’88% delle grandi aziende italiane adotterà pratiche di open innovation, confermando un trend positivo di crescita. La percentuale raggiunge il 98% tra le imprese con oltre 1000 dipendenti. Tuttavia, la crescita è più contenuta per le PMI, con solo il 31% che adotta pratiche di open innovation.
Le iniziative più comuni includono collaborazioni con università (72%), scouting di startup (59%) e hackathon (30%). Tra le strategie outbound, le piattaforme digitali (22%), le joint-venture (21%) e il Corporate Venture Building (12%) sono le più diffuse.
“Nei prossimi tre anni, le aziende prevedono sempre maggiore attenzione a fonti esterne e di innovazione e in particolare, è destinato a crescere il ruolo delle startup”, afferma Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Thinking. “Lo spostamento di focus verso fonti esterne e diversificate indica una tendenza verso una maggiore apertura e collaborazione con l’ecosistema esterno, in logica open innovation.”
Aziende e startup
Attualmente, il 48% delle grandi aziende collabora con startup da oltre tre anni, utilizzandole come fornitori o partner per co-creare prodotti e servizi.
Solo l’8% delle PMI collabora con startup, mentre il 71% non mostra interesse, suggerendo che molte imprese non percepiscono ancora le potenzialità di queste relazioni.
Open Innovation è rilevante per la sostenibilità: il 56% delle aziende collabora con università per progetti sostenibili e il 46% con startup, indicando un’integrazione crescente tra innovazione e sostenibilità.