Equipaggiarsi delle soluzioni e delle infrastrutture indispensabili per garantire una experience ottimale sul fronte videoconference; scegliere soluzioni flessibili e di agile utilizzo; fare formazione e, prima ancora, verificare gli skill delle nuove figure che entrano in azienda: sono alcune delle indicazioni emerse nelle interviste che ZeroUno ha svolto sul tema Unified commpunications & collaboration con Andrea Bettoni, Ict manager di Diapath (azienda del settore medicale), Guido Angelo Ingenito, It Infrastructure & Security Manager di Ferretti (settore della cantieristica navale) e Lorenzo Anzola, Corporate It Director di Mapei (azienda specializzata in materiali chimici per l’edilizia) con l’obiettivo di capire come le tecnologie vengono utilizzate dalle aziende per comunicare e collaborare con le altre realtà: fornitori, distributori, attori della supply chain e altri interlocutori di business.
Comunicazione unificata: una questione anche di immagine aziendale
“Diapath ha iniziato a utilizzare strumenti Ucc per dialogare con figure esterne circa due anni e mezzo fa – spiega Bettoni – Abbiamo sperimentato l’utilizzo della soluzione di TeamViewer nella sua funzione webinar per organizzare dei seminari con i nostri distributori esteri, ma la user experience non è stata particolarmente favorevole”; come spiega il manager, due le cause di questo insuccesso: limiti legati alla banda, risolti con la stesura della fibra ottica, e al prodotto: “Essendo TeamViewer uno strumento vicino al peer-to-peer, la end user experience era discreta nelle videochat one-to-one, ma non in quelle one-to many”, dice Bettoni, che poi chiarisce perché Diapath abbia quindi deciso di dotarsi di una soluzione specifica per la videoconference, Cisco Webex: “Dal punto di vista tecnologico, l’unico consumo di banda di cui mi devo occupare è quello dalla mia azienda verso i server di Cisco; è Cisco poi a gestire la connettività degli altri partecipanti: questa è già un’agevolazione importante”, dice il manager, che prosegue – Grazie a ottimizzazioni di protocollo, la connessione più lenta di un partecipante influenza negativamente solo la sua user experience, e non quella degli altri, come accadeva invece con lo strumento precedente”. Sono dettagli non trascurabili, quando si agisce in una business community: se ci si fa garanti del successo della comunicazione mettendo a disposizione la propria piattaforma tecnologica, la soluzione dovrà infatti essere in grado di mitigare il più possibile gli effetti delle eventuali lacune infrastrutturali degli interlocutori, su cui non si può avere controllo.
Ma esiste anche un tema di immagine: “All’estero, il nostro modello di business si basa su un rapporto one to one tra noi e un’azienda che per ogni country individuiamo come nostro distributore”, dice Bettoni, che quindi sottolinea la necessità di garantire fluidità alle videoconference: una cattiva experience corrisponde in una certa misura a un cattivo servizio offerto. “L’esigenza alla base degli adeguamenti descritti è la diminuzione dei viaggi del nostro personale, e dunque delle spese, ma anche – aggiunge il manager – il miglioramento della nostra immagine aziendale che volevamo fosse più fresca e aperta alle nuove tecnologie”.
Bring your own device: passaggio necessario e alternativa pericolosa
Come racconta Bettoni, nonostante la diffusione degli strumenti business, è ancora viva tra alcuni utenti la tendenza all’utilizzo di soluzioni consumer come Skype: “Un’abitudine pessima: Skype [nella versione non business – ndr] è una soluzione casalinga, bypassa tutti gli strumenti di sicurezza che ci sono lato azienda e non permette all’It di avere alcuna gestione centralizzata degli account”; rispetto a quest’ultimo punto, il manager chiarisce in che modo questo generi un danno di immagine facendo riferimento ad alcuni commerciali, soprattutto stranieri, che utilizzano il proprio account personale per confrontarsi con clienti e partner di business, account in alcuni casi con nickname informali e poco professionali.
E tuttavia l’utilizzo di strumenti consumer sembra essere in certi casi inevitabile, anche per aziende bene attrezzate con soluzioni business. Come ci racconta Ingenito, Ferretti ha a disposizione, per la comunicazione e la collaborazione con partner di business esterni, più soluzioni: Microsoft Skype for Business e, nuovamente di casa Cisco, strumenti di telepresence e la soluzione Unified Communications Manager. Nonostante questo ampio ventaglio di possibilità, come spiega il manager, “se il fornitore esterno non riesce ad adattarsi alle nostre soluzioni, dobbiamo essere noi a farlo, anche sfruttando strumenti consumer: non sempre si ha la possibilità di scegliere” (la diffusione del Byod e di applicazioni consumer, indipendentemente dalle direttive dei sistemi informativi, più o meno tolleranti in materia, si ritrova peraltro anche nelle altre due aziende intervistate). Proprio l’introduzione spontanea da parte degli utenti di strumenti non business è stata d’altra parte – spiega Ingenito – una delle leve che ha portato, tra il 2014 e il 2015, all’adozione di Skype for Business e di Cisco Telepresence, a testimoniare come la spinta all’adeguamento in campo Ucc arrivi spesso proprio dal versante consumer.
Il ruolo degli utenti: capire le esigenze, curare la formazione
Sul tema “utenza” Bettoni ha sottolineato l’importanza di procedere seguendo quella che è la domanda dei lavoratori: “Può capitare che la richiesta d’adozione di strumenti Ucc arrivi non dall’It, ma da altre funzioni aziendali; tuttavia – prosegue il manager – i budget per l’acquisto di queste soluzioni sono generalmente a carico dell’It ed è l’It che viene ritenuto responsabile della riuscita del progetto”; per questo il manager sottolinea l’importanza di verificare sempre l’effettiva necessità che i potenziali utilizzatori degli strumenti hanno e, in base a questa necessità, selezionare le richieste delle Bu.
Sempre a proposito di utenti, dalle interviste è emerso come, nonostante l’investimento in formazione (tutte le aziende intervistate, seppur in misure e con modalità diverse, hanno curato questo aspetto), in certi casi le difficoltà siano forti quando manca un’alfabetizzazione digitale di base; per questo, almeno con le nuove risorse che entrano in azienda, la selezione legata a competenze di base in ambito informatico non deve essere trascurata come in certi casi invece accade: la capillarità con cui gli strumenti Ucc vengono usati da ogni settore impone che tutti i neo-assunti possiedano competenze informatiche di base.
Quando il momento di collaboration si svolge con un partner di business, la preparazione rispetto all’utilizzo degli strumenti diventa particolarmente importante: l’utente interno deve infatti farsi garante della riuscita della videoconferenza guidando gli interlocutori nell’utilizzo della soluzione raggiungendo un grado di autonomia che liberi progressivamente l’It da una eccessiva funzione di supporto.
Strumenti diversificati, mobilità ed esigenze di agilità
Nelle interviste realizzate sono emerse due costanti: la prima è che in tutti e tre i contesti aziendali si è ritenuto necessario, contact center esclusi, accostare almeno due soluzioni di collaborazione differenti e complementari: una incentrata sulla telepresence e costruita attorno al canale video (spesso veicolato tramite ampi schermi in sale riunioni dedicate), che ha l’obiettivo primario di garantire la massima qualità allo svolgimento di meeting spesso di livello manageriale; l’altra, dedicata soprattutto all’operatività quotidiana, ricca di numerose funzionalità oltre alla videochat, finalizzata all’utilizzo desktop e distribuita in modo capillare agli utenti che la utilizzano dalla propria postazione.
In questo secondo caso, sono soprattutto la flessibilità dello strumento e la semplicità d’utilizzo a risultare prioritarie; e se si vuole che lo strumento venga rapidamente utilizzato o adottato dai partner a cui lo si propone, questa agilità è fondamentale. Mapei, così come racconta Anzola, si muove appunto seguendo questo doppio binario: Lifesize sul versante videoconferenza e Microsoft Lync [soluzione entrata l’anno scorso nella famiglia di Skype, oggi proposta come Skype for Business – ndr] su quello della collaborazione operativa: “Quando si collabora con partner di business abituali – dice il manager – strumenti come Lync risultano più efficaci poiché spesso l’utilità non è tanto vedersi quanto comunicare tramite chat anche in modo asincrono o condividere documenti su cui lavorare a quattro mani ognuno alla sua postazione”, dice Anzola, che quindi sottolinea ulteriormente – ricollegandosi al tema formazione e autonomia degli utenti rispetto all’It – la differente natura dei due strumenti: “Alle due soluzioni corrispondono anche due pubblici diversi: la telepresence di solito è utilizzata da un utente che non sa come farla funzionare; sono i sistemi informativi ad occuparsi di preparare il collegamento e ‘aprire’ la riunione. Lync invece garantisce la flessibilità e la rapidità d’uso necessaria a chi deve sfruttare lo strumento nel suo lavoro operativo quotidiano”. Anche Diapath sta procedendo seguendo questo doppio binario; come racconta Bettoni, è attualmente in corso un progetto volto ad ampliare le funzionalità dello strumento utilizzato in azienda per la gestione della telefonia, ProCall Enterpise di Estos Italia; l’obiettivo è consentire anche a utenti che usano soluzioni diverse da ProCall di collegarsi tramite chat e videochat: la soluzione, prima utilizzata solo internamente, si potrebbe dunque evolvere in un contact center multimediale aperto a esterni, clienti e partner di business, che potrebbero in qualunque momento interagire con l’azienda (unica operazione rapida necessaria, lo scaricamento di un client). Anche in questo caso lo strumento non si sovrappone a Cisco Webex: sarebbe infatti sfruttato nel day by day, con una agilità che la soluzione di videoconference non può offrire.
L’altra costante individuata, è la mobility: le soluzioni scelte dalle tre aziende sono quasi tutte fruibili, ed effettivamente utilizzate, anche in mobilità, soprattutto quelle desktop come Skype for Business; anche parte dei sistemi di telepresence citati sono fruibili tramite smartphone e tablet e occasionalmente vengono effettivamente sfruttate dagli utenti, ma gli intervistati hanno evidenziato come l’experience video depotenziata (per fattori di connettività e di ridotte dimensioni degli schermi dei device) rappresenti un forte disincentivo.
Quando il partner con cui si collabora è il partner tecnologico
Tra i possibili interlocutori di business, rientra anche il partner tecnologico. Anzola spiega come Lync venga sfruttato in azienda per comunicare con Microsoft, che è peraltro fornitore anche del software gestionale utilizzato in Mapei: “Se come It abbiamo un problema tecnico da risolvere apriamo [sfruttando un portale dedicato – ndr] un case incident e quindi utilizziamo Lync per analizzare il caso e cercare una risoluzione”. In un panorama di progressiva penetrazione del digitale in tutti i rami e livelli aziendali, il ruolo e le responsabilità dell’It si allargano e diventa di conseguenza prioritaria la scelta di partner tecnologici in grado di supportare questo percorso: l’utilizzo dell’Ucc è perciò estremanete utile ai sistemi informativi anche per rafforzare questo tipo di collaborazione.
Ricordiamo infine che anche Anzola ha sottolineato l’importanza, riferendosi in particolare allo strumento di Telepresence, di garantire un’elevata experience. “In ogni sede dove abbiamo la telepresence c’è un accesso Internet dedicato: una esperienza medio-bassa è del tutto inutile – dice il manager, che aggiunge – Quando ci si dota di questo tipo di strumenti bisogna accettare l’idea di fare investimenti ad ampio raggio”. Ed è sempre l’esperienza di Anzola la più rappresentativa dell’avanzare del cloud anche sul versante Ucc: per entrambi gli strumenti presenti in azienda sta infatti attualmente avvenendo una trasformazione che vedrà l’abbandono dell’on premise a favore della nuvola.