Gli sforzi dei Governi di tutto il mondo per migliorare il proprio percorso di digitalizzazione, quello del proprio paese e dei servizi online offerti alla cittadinanza sono certamente aumentati negli ultimi anni ma c’è ancora moltissimo spazio di miglioramento. Il settore pubblico ha compiuto buoni progressi sul fronte della digitalizzazione ma, nella maggior parte dei paesi, enti e Governi non si muovono mai velocemente quanto i cittadini vorrebbero. Questo, in linea generale, quello che emerge da alcuni recenti studi condotti da Boston Consulting Group (Bcg) a livello globale.
In particolare, utilizzando la lente degli utenti Internet, di coloro quindi che sfruttano il web per accedere a servizi online, Bcg ha analizzato il livello di digitalizzazione dei servizi offerti dagli enti pubblici di alcuni paesi, in particolare, Australia, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Olanda, Danimarca, Francia, Indonesia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Malaysia e Singapore. Anche se l’Italia non rientra nel bacino dei paesi analizzati, è interessante notare alcuni parallelismi che, di fatto, indicano quanto sia urgente anche nel nostro paese ‘uscire dalla retorica’ e ‘passare ai fatti’; lo facciamo con il diretto supporto di Fabrizio Pessina, Responsabile Technology Advantage di Bcg Italia, Grecia e Turchia.
“Moltissimi cittadini, abituati a ‘toccare con mano’ l’innovazione tecnologica attraverso la fruizione di servizi digitali in ambiti che vanno dal Retail ai servizi finanziari o all’accesso dei contenuti Media, ‘pretendono’ la stessa esperienza digitale di qualità dai servizi offerti dalla pubblica amministrazione”, fa notare Pessina. “Oggi i servizi offerti dalla PA si fermano soprattutto alla pubblicazione di informazioni o poco più, ma i cittadini vogliono poter ‘fare di più’ ed interagire con le istituzioni in modo rapido e facile via web”.
Cittadini insoddisfatti, proprio sui servizi più ‘critici’
Tracciando la fotografia di quanto rilevato dalle indagini di Bcg, che ha preso in esame per ciascun paese 37 tipologie di servizi digitali differenti, suddivisi in 10 categorie (comunità e cultura, formazione, sanità, edilizia domestica, immigrazione, giustizia, anagrafe civile e registri d’impresa, servizi sociali, tassazione, trasporti) (figura 1), emerge un utilizzo diffuso da parte dei cittadini dei servizi online offerti dai Governi: il 95% dei rispondenti dichiara di aver utilizzato almeno una volta qualche servizio digitale nell’arco degli ultimi due anni; il 32% sostiene di sfruttare i canali digitali per interagire con gli enti pubblici più di una volta a settimana. “Quando si entra nel merito della ‘soddisfazione’ circa la qualità del servizio digitale – commenta Pessina – allora il quadro roseo cambia aspetto: in generale c’è un buon livello di soddisfazione da parte degli utenti sulle ‘interazioni basiche’ (tipo accesso alle informazioni sui portali e canali web, scaricamento di documentazione e modulistica, ecc.) che però tende addirittura ad arrivare alla ‘frustrazione’ quando l’interazione con l’ente pubblico riguarda task o transazioni più sofisticate (come l’upload dei documenti per le richieste di lavori edili o lo scambio di informazioni e documentazioni per l’accesso ai servizi sociali)”.
I servizi digitali offerti dalla PA del proprio paese dei quali gli utenti dichiarano di essere meno soddisfatti, ma che al tempo stesso considerano i più importanti, sono quelli che riguardano la sanità, il welfare, l’immigrazione e la giustizia. “In questo senso possiamo dire che l’Italia ha un posizionamento sostanzialmente in linea con la media dei paesi europei analizzati da Bcg per quanto concerne i servizi pubblici digitali. Il che dimostra, da un lato, gli sforzi fino ad oggi fatti, dall’altro i gap ancora importanti da coprire rispetto a paesi significativamente più avanzati quali, ad esempio, Regno Unito, Svezia, Olanda, Danimarca e la stessa Spagna. Tale posizionamento è da legarsi sia all’offerta di servizi, sia al livello di diffusione del digitale in tutta l’economia Italiana, non solo quella pubblica, che è ancora basso nel suo complesso. Basti pensare, ad esempio, alla penetrazione dell’eCommerce che rappresenta meno del 3% del totale vendite retail, rispetto a paesi più maturi quali Regno Unito dove la penetrazione tocca quasi il 20%. Ciò è da imputarsi non solo a carenze infrastrutturali, quali ad esempio l’accesso alla banda larga, ma anche alla percezione, da parte degli utenti in rete, di mancanza di sicurezza e convenience dei servizi abilitanti il digitale in senso lato: la gestione delle informazioni personali, gli strumenti di pagamento digitale, i servizi di delivery dei pacchi B2C.”
Come ‘cambiare rotta’
Molti Governi centrali hanno già avviato un percorso di digitalizzazione ma, si evince dagli studi Bcg, spesso c’è un gap considerevole tra retorica e realtà. “Quello che manca non sono le intenzioni: sono infatti numerose le Agende Digitali Nazionali che parlano di ‘digital first’, ‘e-government’ e ‘gov2.0’ – osserva Pessina – ma serve ‘più strategia’ e ‘più visione d’insieme’: diventare digital richiede capacità di leadership ad altissimi livelli, investimenti in capitale umano e skill, un cambiamento culturale e comportamentale significativo, nonché trovare le opportune risorse per gli investimenti tecnologici”.
Basandosi sui numerosi progetti condotti a livello globale da Bcg e sulle ricerche effettuate in una dozzina di paesi in termini di utilizzo e soddisfazione dei servizi digitali della PA, gli analisti della società di consulenza globale, hanno tracciato una sorta di ‘vademecum’ per aiutare i Governi a capire quali sono i necessari passi da compiere per una concreta evoluzione:
- focalizzare l’attenzione sul valore dei servizi per i cittadini: bisogna concentrare gli sforzi su quelle aree dove i cittadini possono ‘percepire’ il valore, fermo restando che la digitalizzazione dei processi interni porta indubbiamente considerevoli vantaggi in termini di efficienza operativa ed efficacia nelle relazioni e comunicazioni tra gli enti ed i cittadini;
- adottare un approccio ‘service design thinking’: quando si progetta un servizio, bisognerebbe sempre mettersi nei panni dell’utente, del cittadino in questo caso, e chiedersi: quanto è semplice o complesso reperire le informazioni? È tutto disegnato e realizzato in modo semplice? Quanti passaggi devo compiere per riuscire ad accedere ad una informazione o scaricare un modulo? La semplicità di accesso ed utilizzo dei servizi è un aspetto fondamentale dell’eGov dal quale dipende il successo o meno di una strategia politica centrale;
- portare gli utenti online e fare in modo che ci rimangano: bisogna investire per offrire servizi end-to-end in modo che l’utente possa ‘completare’ la propria esperienza (ottenendo ciò di cui ha bisogno) direttamente online, senza dover ricorrere al call center, doversi recare nei centri di servizio e, addirittura, senza dover stampare moduli o documenti cartacei a casa;
- dimostrare un’autentica – e visibile – capacità di leadership: servono leader in grado di ‘mettersi in gioco’ pubblicamente, condividendo con i cittadini i propri sforzi ma anche e soprattutto mostrando i passi concreti che il proprio Governo è in grado di fare;
- sviluppare le competenze e la capacità di esecuzione: i Governi devono sviluppare o acquisire le competenze e le capacità che consentiranno loro di sviluppare e fornire servizi digitali.
Cosa si può e deve fare in Italia
“La trasformazione digitale è per l’Italia un chiaro motore di crescita economica. Se fatta bene anche nella Pubblica Amministrazione e nei rapporti delle PA con i cittadini e le imprese, la trasformazione digitale porterebbe indubbi vantaggi quali efficienza operativa, efficacia dei controlli (ad esempio sull’evasione fiscale), velocità di implementazione dei nuovi servizi, convenienza in senso lato (economica, velocità di interazione, qualità)”, fa presente Pessina. “Mutuando dalle esperienze dei Governi più evoluti, Bcg ritiene che un ruolo chiave lo giocherà l’Identità Digitale, ovvero l’insieme delle informazioni anagrafiche e degli attributi chiave di un cittadino o di un’impresa che possono essere utilizzate ai fini del riconoscimento univoco e sicuro in rete per accedere ai servizi digitali messi a disposizione da una pubblica amministrazione o da un soggetto privato”.
All’identità digitale, è possibile legare servizi a valore aggiunto creando la ‘convenience’ per i cittadini e le imprese, quali, ad esempio:
- un unico log per accedere ai servizi digitali della PA, sia informativi, quali la visione di una cartella esattoriale, sia dispositivi, quali il pagamento di un’imposta;
- un sistema di riconoscimento certo per esprimere on line le proprie preferenze di voto:
- un sistema certificato di firma elettronica.
“In questo l’Italia si è già mossa, con lungimiranza; basti pensare al Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid), che permette a cittadini e imprese di accedere con un’unica identità digitale ai servizi online della PA e dei privati aderenti. Seppur nella fase di lancio, nel corso di questo semestre sarà già possibile accedere ad oltre 300 servizi erogati da 10 pubbliche amministrazioni, modificando in maniera sostanziale il paradigma di rapporto con lo Stato e gli enti pubblici”, sottolinea in chiusura Pessina. “Il passo successivo, ancora da fare, sarà quello di renderlo fruibile su larga scala e di costruirci attorno servizi specifici”.