“Sta per partire una nuova rivoluzione che trasformerà completamente le nostre vite grazie all’accelerazione di tre forze che stanno sempre più convergendo:
- l’incredibile mole di dati che già oggi è resa disponibile dalla trasformazione digitale e che subirà un’ulteriore crescita con l’IoT;
- la disponibilità di software per l’analisi sempre più sofisticata dei dati, soprattutto in real-time su dati destrutturati;
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l’accesso per tutti a risorse computazionali con modelli di cloud pubblico che abbattono le barriere dei costi”.
È così che parla al pubblico presente all’evento italiano di lancio di Hpe Synergy, Stefano Venturi, Corporate Vp e Amministratore Delegato di Hewlett Packard Enterprise in Italia. “Ci sono una miniera (i dati) e una forza escavatrice (la capacità elaborativa) ma a fare la differenza sui mercati globali saranno coloro che riusciranno ad interpretare in modo corretto e prima degli altri i dati estratti”.
Cosa possono fare allora le aziende per prepararsi ‘all’impatto’ di queste forze? “Modernizzare le infrastrutture e le architetture verso sistemi più flessibili, attuando modelli ibridi dove l’It interno si intreccia con ambienti di cloud pubblici”, suggerisce Venturi. È in questa direzione che va la nuova infrastruttura Synergy di Hpe annunciata lo scorso anno e disponibile sul mercato entro la fine del 2016.
L’It ibrido si fa con risorse "fluide" e componibili
“Il futuro appartiene ai più veloci”, interviene Fabio Tognon, Country Manager Divisione Server Hpe Italia, facendo eco alle parole dell’Ad, “ed è la velocità la caratteristica principale dei sistemi componibili, che rappresentano una nuova categoria completamente differente dalle infrastrutture It precedenti”.
Ciò che fa la differenza, spiega Tognon, è il fatto che i pool di risorse che solitamente compongono una infrastruttura (capacità di elaborazione, storage e network) “diventano così granulari da poter essere gestite in modo indifferenziato e ‘componibili’ a piacimento, indipendentemente da dove risiedano ed anche se l’hardware è in realtà un sistema ‘fisico’ collocato all’interno del data center aziendale”.
È così, nella visione di Hpe, che ci si avvicina sempre più al concetto di It liquido dove “la complessità di gestione dei sistemi non viene superata con strati di software (come avviene per esempio per i sistemi iperconvergenti) ma praticamente eliminata dal fatto che ad essere gestite sono le singole risorse (aggregate e disaggregate da un unico punto di controllo, Hpe OneView, in funzione del singolo workload)”, spiega ancora Tognon. “Il software non è più l’elemento con cui governare la complessità hardware ma la ‘cabina di regia’ con cui spostare, aggregare o disaccoppiare le risorse (l’hardware è neutro); non servono più nemmeno pacchetti di Api per integrare il tutto, anche con le risorse cloud esterne. Synergy ha una sua ‘unified Api’ che permette di ‘programmare’ l’infrastruttura dialogando con altre piattaforme di gestione (VMware, Microsoft, Chef, OpenStack, Docker, ecc.), riducendo ad una semplice riga di codice la configurazione delle risorse necessarie per supportare le applicazioni ed i servizi digitali di business”.