Flessibilizzare il data center per sostenere l'inevitabile trasformazione digitale dei modelli di business. Come? Il roadshow in tre tappe (Torino, Bologna, Napoli) organizzato da ZeroUno in collaborazione con Dell Emc e VMware ha messo al centro le infrastrutture iperconvergenti come chiave per conseguire l’agilità auspicata.
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L’iperconvergenza è un fenomeno in crescita, come ha riportato Patrizia Fabbri, caporedattore di ZeroUno, in veste di moderatore agli eventi piemontese ed emiliano: “Secondo Gartner, entro il 2020 le infrastrutture iperconvergenti saranno una soluzione mainstream all’interno dei data center, che libererà il team It dagli oneri di gestione infrastrutturale per concentrarsi sullo sviluppo applicativo”.
Il trend è dettato dalla necessità di soddisfare un business sempre più veloce, in un contesto di consumerizzazione e pervasività dell’It. Per raggiungere l’obiettivo si richiede una “trasformazione epocale dei sistemi informativi” in ottica di flessibilità, come ha sottolineato Stefano Mainetti, Co-direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud e Ict as a service della School of Management del Politecnico di Milano, con il compito di sostanziare lo scenario digitale durante gli appuntamenti di Piemonte ed Emilia.
DevOps e hybrid It per la digital enterprise
“Rendere liquide le infrastrutture rimanendo ancorati alla gestione fisica delle componenti hardware è impossibile – ha spiegato Mainetti -, ma piuttosto bisogna passare alla programmazione attraverso software. Abbattere il muro tra chi si occupa di sviluppo e di operations è la chiave per il rilascio rapido dei servizi, passando dal modello waterfall all’Agile”.
Il DevOps è un elemento vitale per la digitalizzazione di impresa, quanto il cloud ibrido, che presuppone un percorso di virtualizzazione, standardizzazione e automazione del data center aziendale perché possa interfacciarsi con la nuvola pubblica, in grado di creare nuove sacche di agilità su workload specifici.
Fondamentali, nel percorso evolutivo dell’It, sono anche gli strumenti di monitoraggio per avere la libertà di sperimentare, tenendo sotto controllo il rischio.
Verso modelli software-defined e iperconvergenti
Mainetti ha indicato tra i possibili percorsi di flessibilizzazione l’adozione dei sistemi iperconvergenti: “Dai sistemi legacy, il passaggio è stato verso soluzioni integrate, pre-testate dai vendor, e successivamente convergenti, che riuniscono in un unico blade diverse componenti. Infine, il salto ai sistemi iperconvergenti [poiché caratterizzati da standardizzazione, interoperabilità e approccio “basic blocks” a granularità fine, ndr] ha permesso di trarre i massimi benefici di modularità e agilità. Oggi il mercato offre alle aziende delle leve per concretizzare la trasformazione digitale”.
Grandi aziende e Pmi: l’It ha due velocità
E i budget ci sono: “Dal 2013 – ha affermato Mainetti -, in Italia, gli investimenti nella cloud enabling infrastructure registrano una crescita annuale a due cifre e hanno superato il miliardo di euro”.
Come ha evidenziato Mainetti, però, le Pmi sono rimaste indietro rispetto alla rivoluzione in atto, che dal 2014 vede un’accelerazione da parte delle grandi imprese verso Sddc, hybrid cloud e public Iaas. “I sistemi iperconvergenti – ha affermato – rappresentano quindi un’opportunità anche per le realtà più piccole al fine di predisporsi al cloud, avendo a disposizione tecnologie enterprise con budget contenuti”. L’onda della data center transformation insomma va cavalcata, in virtù di benefici quali la continuità di servizio, l’agilità di risposta, l’efficienza e la governance sulle infrastrutture. Tuttavia, come ha ammesso Mainetti, la via non è semplice e occorrono visione infrastrutturale, standardizzazione delle tecnologie e dei processi, nuovi skill interni, facendo inoltre i conti con gli oneri e la complessità dell’intervento.