Composable infrastructure per il nuovo data center, cos’è e come funziona

Il webinar organizzato da ZeroUno con Hewlett Packard Enterprise, ha offerto una disamina di scenario e un’approfondita discussione sul nuovo modello di infrastruttura componibile

Pubblicato il 24 Gen 2017

Il business corre e le infrastrutture devono tenere il passo, garantendo il rapido rilascio di servizi. Come? Le alternative tecnologiche non mancano e la composable infrastructure rappresenta un’opzione interessante. Di questo si è parlato al webinar “Automazione e virtualizzazione dell’infrastruttura It in house e in cloud”, organizzato da ZeroUno con Hewlett Packard Enterprise Italia.

Di questo servizio fa parte anche il seguente articolo:
LA SOLUZIONE – Hpe Synergy, guardiamo dentro l’infrastruttura componibile
I relatori del webinar, da sinistra: Patrizia Fabbri, caporedattore ZeroUno, Fabrizio Amarilli, Project Manager, Fondazione Politecnico di Milano e Fabio Tognon, Country Manager – Server Division, Hewlett Packard Enterprise Italia

“Velocità e flessibilità sono l’ossessione dei dipartimenti It – ha esordito Patrizia Fabbri, caporedattore ZeroUno -, che si combina con la necessità della riduzione dei costi operativi. Virtualizzazione, gestione via software, infrastrutture (iper)convergenti e IaaS hanno permesso enormi passi avanti sul fronte dell’agilità infrastrutturale. Oggi, un’altra strada percorribile è rappresentata dalle infrastrutture componibili”.

I percorsi di evoluzione infrastrutturale

Fabrizio Amarilli, Project Manager, Fondazione Politecnico di Milano, ha sostanziato lo scenario: “Secondo l’Harvard Business Review, quattro driver It stanno guidando oggi la digital transformation: cloud, big data, mobile, social media. Completano il quadro due fenomeni macroeconomici: la frammentazione delle filiere produttive e la necessità di contenere i costi”.

Come impatta questo contesto sulle infrastrutture? Amarilli ha evidenziato le sfide: “A fronte del beneficio in termini di agilità, il cloud è critico sul tema dell’interoperabilità. Del resto l’esplosione dei dati impone grande capacità elaborativa e di storage. La mobility (con il Byod) richiede l’integrazione con i sistemi esistenti e genera problematiche di sicurezza / compliance. I social alimentano le difficoltà di data management. La delocalizzazione delle aziende comporta la parcellizzazione dei sistemi informativi. La riduzione dei budget obbliga a definire piani di investimento It con cadenza annuale”.

I vantaggi delle infrastrutture convergenti, iperconvergenti e componibili – fonte: presentazione di Fabrizio Amarilli

Per Amarilli, in sintesi, la ricerca di efficienza e agilità (intesa come scalabilità e integrazione di tecnologie eterogenee) guida l’evoluzione infrastrutturale: dai sistemi legacy organizzati in silos alle soluzioni (iper)convergenti che pacchettizzano e gestiscono automaticamente le risorse (server, storage, network) fino alle recenti architetture componibili, che trasformano gli asset in nodi computazionali, aggregabili e disaggregabili via software dentro il data center e sul cloud.

Quali sono i vantaggi delle moderne soluzioni? “Migliora l'efficienza – ha puntualizzato Amarilli -: i tempi di deployment si riducono da ore / giornate a minuti / secondi; inoltre, il software permette l’auto-ottimizzazione dell’intera struttura, riducendo il costo del personale”. Le sfide nel refreshment infrastrutturale, invece, risiedono in: bilanciamento tra necessità di innovare e salvaguardare l’esistente; integrare architetture nuove e tradizionali; trovare la combinazione conveniente di cloud ibrido.

Le risposte ai dubbi delle aziende

L'evoluzione delle infrastrutture – fonte: presentazione di Fabio Tognon

Dopo la relazione di Fabio Tognon, Country Manager – Server Division, Hewlett Packard Enterprise Italia, che ha presentato la soluzione componibile Synergy, le domande del pubblico pervenute in redazione hanno aperto una discussione animata. Ecco alcune delle tematiche emerse:

  • La composable architecture richiede nuove competenze? “Il software OneView che orchestra l’infrastruttura – ha spiegato Fabio Tognon, Country Manager – Server Division, Hpe Italia – è lo stesso che gira sui nostri server ProLiant, non è una novità. Inoltre, le componenti tecnologiche (server, storage…) sono comuni ai sistemi tradizionali. Le competenze piuttosto vanno sviluppate sul fronte dell’integrazione: grazie alle Unified Api, Synergy, infatti, si interfaccia con il mondo cloud, DevOps, It Ops e facility; bisogna sapere sfruttare queste potenzialità per massimizzare i benefici di efficienza derivanti dalla soluzione”.
  • Come è possibile migliorare la gestione delle facility? “Synergy – ha ribadito Tognon – rende programmabile l’infrastruttura a qualsiasi livello. Connettendosi alle componenti di facility (Emerson, Schneider Electric o altri), si ottiene un controllo granulare sull’alimentazione o sul condizionamento, con la possibilità per esempio di regolare la potenza assorbita. Aumentare la governance sull’infrastruttura significa affinare il controllo economico”.
  • C’è il rischio di lock-In? “La composable architecture – ha dichiarato Tognon – non deve essere totalizzante né il punto di arrivo mandatorio, ma convivere con altri modelli infrastrutturali [vedi articolo “Hpe Synergy, guardiamo dentro l’infrastruttura componibile” ndr]. Va applicata dove conviene, per questo consiglio di partire con progetti pilota su aree circoscritte. La soluzione, inoltre, è stata concepita in partnership con moltissimi player da Microsoft a Red Hat a Invidia: è aperta e non vincolante nella logica di base”.

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