LONDRA – L’ufficio va ripensato per favorire la collaborazione e in ottica on-demand (non permanente, ma all’occorrenza); l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il workplace automatizzato; la sicurezza diventa centrale per abilitare ecosistemi aziendali estesi dove la tecnologia è il collante tra diversi attori.
Alla tavola rotonda londinese organizzata pochi giorni fa da Samsung, alcuni esperti provenienti da vari settori (giornalisti, consulenti, manager di real estate) hanno discusso i cambiamenti tecnologici e sociali della “Open Economy”, a partire dal report di The Future Laboratory commissionato dalla società coreana per sondare il paradigma emergente di impresa aperta e smart working.
L’impresa si apre a persone e dispositivi
Cresce la necessità di abbracciare i nuovi modelli di business abilitati dalla tecnologia (mobility, Internet of Things, Ai, realtà virtuale), che stanno cambiando radicalmente modalità operative, ingaggio dei dipendenti, tessuto organizzativo. Nel 2020, grazie alla proliferazione dei device, il 40% dei lavoratori sarà autonomo (fonte: Intuit), mentre le aziende dovranno gestire 7,3 miliardi di oggetti IoT, che impatteranno oltre la metà dei processi di business (Gartner).
Nell’era digitale, la competitività deriva dalla capacità di interconnettere dispositivi, persone, imprese e startup, che rappresentano un ricco bacino da cui attingere innovazione. Aderire ai nuovi trend tecnologici e organizzativi non solo è fondamentale per massimizzare l’efficienza operativa, ma anche per attrarre i giovani talenti che pretendono strumenti professionali con usabilità consumer, autonomia di spazi e tempi, ambienti lavorativi collaborativi e stimolanti.
Sicurezza, chiave per la open enterprise
Le imprese europee sono proiettate verso i nuovi trend (8 paesi del Vecchio Continente svettano nella top ten del Global Innovation Index stilato da Wipo – World Intellectual Property Organization), ma devono fare i conti con i rischi derivanti dall’apertura del perimetro aziendale (nel 2016, il cyber-crime è costato all’economia mondiale 335 miliardi di sterline).
Servono piattaforme di protezione che permettano la cooperazione e lo scambio di dati dentro e fuori la struttura aziendale; occorrono strategie di lungo periodo perché la sicurezza diventi un processo di business connaturato all’azienda, non un insieme di policy imposte che i millennials tendono a eludere; bisogna prepararsi a gestire il Bring Your Own Robot (il collaboratore porta in azienda non solo lo smartphone personale, ma tutta una serie di wearable, smart object, soluzioni Ai).
Innovazione e smart working: le strategie
Se quelle delineate a Londra sono le tendenze in atto, un’intervista con Antonio Bosio, Direttore Product & Solution di Samsung Electronics Italia, ha fatto luce sul posizionamento della multinazionale asiatica nel nuovo contesto, nonché sull’effettivo stadio di maturità delle imprese italiane rispetto alla trasformazione digitale.
“Samsung – ha dichiarato il manager – si pone in duplice ruolo come abilitatore della open economy. Da un lato, offre dispositivi hardware, non soltanto smartphone e tablet, ma anche i grandi display e i wearable devices (per esempio, i visori per la realtà aumentata come Gear VR oppure gli smartwatch). Dall’altro lato, fornisce consulenza per i progetti di innovazione, grazie all’esperienza maturata dalla casa madre a livello internazionale e al supporto della rete di partner sul territorio. Un esempio può essere il cliente che intende ottimizzare le attività della forza vendita in mobilità: ci occupiamo di individuare i bisogni aziendali, indirizzare la revisione dei processi (fondamentale perché le iniziative digitali abbiano successo), suggerire i dispositivi più adatti alle finalità specifiche”.
Al tavolo dei lavori, come ha affermato Bosio, solitamente siedono non soltanto le persone It, ma sempre più spesso i responsabili delle Lob. Nei progetti di smart working, le Risorse Umane acquistano particolare rilevanza (era tra i punti di discussione più accesi all’evento londinese), sia come supervisori che agevolano il recepimento delle tecnologie sia come promotori di nuove iniziative.
Tra i settori più effervescenti per Samsung, il direttore ha indicato Finance (con un focus sul lavoratore mobile), Retail (per il ridisegno dei punti vendita) e Manifatturiero (sotto la spinta dell’Industry 4.0).
Knox, sicurezza dal dispositivo all’azienda
L’intervista si è chiusa sul tema della security, chiave per la nuova open enterprise. Il cavallo di battaglia del colosso coreano si chiama Knox, la piattaforma di sicurezza integrata in tutti i dispositivi mobili di Samsung. “Inizialmente – ha precisato Bosio – si trattava di una soluzione volta a irrobustire le feature di sicurezza di Android, ma oggi risiede anche sugli altri device (come Gear S3, che utilizza il sistema operativo Tizen basato su Linux) e include diverse funzionalità”. Le caratteristiche fondamentali sono tre, come sintetizza il direttore: “Workplace, ovvero il container che permette di separare app e dati ad uso professionale e personale, tutelando la sicurezza aziendale e la privacy dell’utente; Premium, una soluzione di enterprise mobility management basata su cloud che permette la gestione centralizzata dei dispositivi Samsung (in alternativa, i device Knox si interfacciano con un’ampia gamma di soluzioni di mobile device management fornite da terze parti); Customizer, una serie di strumenti che permettono all’impresa di personalizzare i dispositivi dei lavoratori (all’accensione, il device eredita una serie di configurazioni, ad esempio regole di sicurezza o il logo aziendale), garantendo tuttavia i normali aggiornamenti Samsung”. Ma il vero differenziale di Knox è la sicurezza end-to-end: “Il nostro vantaggio – ha concluso Bosio – è essere produttori della componente sia software sia hardware, così da ottimizzare la sicurezza sull’intero dispositivo e oltre. Knox non protegge i dati solamente all’interno del device, ma anche durante le comunicazioni con i server aziendali, grazie a meccanismi di cifratura”.