CERNOBBIO (Co) – Niente analisi sull’offerta né particolari approfondimenti tecnologici (per i quali vi rimandiamo subito a questo link) ma solo uno scambio di opinioni su percorsi di digitalizzazione del business e altri fenomeni di mercato in atto con Luisa Arienti, AD di SAP, in occasione del recente Forum di Cernobbio, dove l’azienda ha radunato in una kermesse di overview tecnologica e di scenari futuri, i propri top client, analisti e futurologi anche di livello internazionale…
Luisa Arienti: …Perché per noi è fondamentale, oggi più di prima, abilitare il networking fra le aziende. Rileviamo infatti che sempre più la trasformazione digitale viene vissuta oggi dalle imprese come un’urgenza e le persone sono molto più interessate che in passato a sentire esperienze anche relative a settori diversi dal proprio, mentre solo pochi anni fa era diverso, era molto più richiesto seguire iniziative e linguaggi specifici del proprio segmento di industry. Questo perché Amazon ha fatto crollare il mito delle industry a compartimenti stagni. Oggi non si sa più con precisione chi sono o chi potranno essere i miei concorrenti. E le nostre risposte tecnologiche, Sap S/4 Hana e altre, sono il frutto di una vision di Hasso Plattner che almeno 10 anni fa ha saputo tradurre questi scenari di integrazione dinamica tra settori in tecnologie in grado di reggere le continue discontinuità di business oggi presenti. Guardiamo, in termini di disruption, a cosa è accaduto a imprese che erano leader nel loro settore ma che non hanno saputo vedere il cambiamento digitale…
ZeroUno: Certamente è una questione di vision e di cultura innovativa, ma esiste anche un’oggettiva complessità nel cambiare i modelli di business, di go-to-market e culturali. Kodak è stata la prima, nel 1973, a ideare un prototipo di macchina fotografica digitale, ma più volte il marketing e il management si opposero alla commercializzazione nel timore di erodere i profitti certi provenienti dalle vendite di pellicole. I tempi forse non erano maturi, ma il know how c’era e la complessità e la paura hanno fermato l’innovazione. Con risultati letali…Oggi, tornando sul piano tecnologico, il cloud può rappresentare senz’altro un acceleratore ad un reale supporto a business sempre più rapidi e sempre più digital. I freni, però, sono ovunque. Anche all’interno degli stessi vendor. Anche SAP, immaginiamo, dovrà superare non semplici ostacoli nella ristrutturazione dei modelli di revenue da prodotto/licenza a servizio, con impatti anche sul mondo dei partner. Tutti aspetti che inevitabilmente rallentano la corsa al cambiamento. Per non parlare dei freni già presenti all’interno delle imprese utenti… Insomma: il cambiamento non è mai indolore….
Arienti: Noi abbiamo l’obbligo di seguire e agevolare i percorsi dei nostri clienti. Lo diceva ieri il nostro Ceo, Bill McDermott: oggi le aziende vogliono poter scegliere. Soprattutto in questo periodo di agilità, velocità e indeterminatezza, il modello hybrid è una scelta individuale di impresa; come costruirlo, come disegnarlo è in rapporto alle esigenze organizzative e di business di ogni azienda. Ed è questa flessibilità che noi oggi possiamo garantire ai nostri clienti. Uno vuole poter scegliere cosa portare in cloud e quali applicazioni tenere on premise; devi tenere poi conto di quali normative ci sono nei diversi paesi…Insomma, devi anche essere in grado di supportare un’innovazione che tenga ben presente l’esistente e i differenti percorsi evolutivi…ibridi. Non è semplice. Non è da tutti seguire con le opportune tecnologie performanti e robuste questi percorsi di cambiamento.
ZeroUno: A proposito di percorsi e di supporto dei vendor a queste trasformazioni degli utenti: per un dipartimento IT che voglia porsi in una prospettiva di abilitatore all’innovazione dei modelli di business in chiave digitale serve sviluppare capacità di orchestrazione. Un’orchestrazione dell’innovazione interna ma anche esterna; una capacità di orchestrare soggetti/vendor, tipo SAP, per riuscire ad assemblare rapidamente “semilavorati”, sia hardware sia software, che consentano di ridurre il tempo e il costo dell’innovazione. Questa esigenza degli utenti presuppone però un approccio dei vendor al mercato radicalmente differente da quello, di sfruttamento intensivo, del passato…
Arienti: Ma è proprio ciò che oggi stiamo facendo. Ripensare i nostro modello di go to market in una logica collaborativa con gli utenti. È inevitabile. Qualcuno pensa che l’innovazione sia ancora qualcosa da laboratorio: prendo una certa area, sviluppo progetti pilota, raccolgo grandi quantità di dati che poi, molte volte, restano lì. Se non hai la capacità di integrarli nel flusso completo dell’azienda, questo tipo di dati non ti serve a nulla. Mi viene invece da prendere, come esempio positivo, un nostro cliente come Trenitalia. Lavoriamo con loro a stretto contatto, con i loro specialisti di manutenzione e i nostri scientists per mettere a punto algoritmi di manutenzione dinamica di tipo predittivo.
Ma prendiamo pure una normale azienda di manufacturing, di qualunque tipo, che raccoglie i dati per efficientare i costi di manutenzione: perché non usare questi dati per dare, ad esempio, delle informazioni aggiuntive ai propri partner relative a parti e materiali per ottimizzare i tempi e i costi di supply e la qualità della fornitura? Sempre di più i nostri clienti si relazionano con i loro clienti che vogliono sentirsi unici, valorizzati e ai quali indirizzare specificità di offerta. Non contano più tanto le statistiche, i range all’interno dei quali prendi decisioni, ecc, Tu sei tu, dice oggi il mercato, e quindi devi avere una gestione dei dati e dei sistemi adeguati per customerizzare ogni proposta, per garantire una user experience a misura delle tue esigenze. C’è una necessità estrema di gestire i dati in modo integrato. I dati hanno senso se riesci a trasformarli in marketing one-to-one, in un engagement del consumatore specifico, con la sua taglia, la sua disponibilità economica, i suoi momenti e i suoi contesti ecc. Per fare tutto questo necessariamente, come vendor, devi cambiare un approccio monodirezionale intensivo e articolarlo in una relazione davvero collaborativa e dialettica.
ZeroUno: Un cambiamento di prospettiva non banale per un’azienda strutturata e delle dimensioni di SAP…
Arienti: È vero, ma ogni cambiamento, ogni innovazione, soprattutto oggi, significa persone. Abbiamo in SAP una fascia d’età di persone che vanno gestite in modo diverso dal passato. Noi stiamo assumendo tantissimi giovani e il contributo che danno in termini di idee, comprensione delle aspettative del mercato è notevolissimo. L’altra sera abbiamo organizzato una cena con Bill Mc Dermott. Non dimentichiamo che è il Ceo di SAP… C’è stata un’interazione e un’informalità costruttiva molto importante su valori, punti di forza, punti di debolezza. A 360 gradi. Questi ragazzi, tra le mille difficoltà del mondo del lavoro, sono però anche consapevoli di poter scegliere. Se da un lato c’è un acclarato unemployment giovanile, dall’altro ci sono queste competenze che fanno challenge all’azienda. Io ho scelto SAP, questo il retropensiero, e resto in SAP perché è un’azienda con una strategia, un’attenzione alla diversity, al training differenziato per tipologie di clienti, mi dà la possibilità di cambiare funzione, ecc….Insomma… devono essere trattenuti. E l’azienda deve avere processi e cultura per essere in grado di trattenerli. Devi integrarli, considerare la loro opinione, lavorare sulla struttura per creare un ambiente davvero orientato all’innovazione.
ZeroUno – E l’integrazione in processi strutturati che un’azienda deve inevitabilmente considerare? C’è un legacy organizzativo che non sempre si può ignorare….Il backend con cui bisogna in qualche modo rapportarsi? Cambiare cultura va bene ma bisogna evolvere i modelli organizzativi nel loro insieme. Non basta la cultura da startup….
Arienti: Vero, ma la digitalizzazione porta un inevitabile e profondo cambiamento dei processi aziendali…li parcellizza, li rende ‘molecolari’ per renderli più flessibili. I processi così come li pensiamo oggi, così come sono strutturati oggi, sono convinta che non varranno più in contesti completamente digitalizzati. Noi tutti stiamo cercando di guardare al futuro digitale con una lente un po’ distorta perché è legata alla nostra esperienza pregressa. Il futuro non è più una evoluzione del presente e quindi, bisogna chiedersi, l’esperienza che noi abbiamo fatto finora sarà utile domani? Forse no. Per questo i giovani sono indispensabili, perché non hanno questo legacy culturale che potrebbe anche rappresentare un pericoloso appesantimento.
ZeroUno – Sommando percorsi di innovazione, cambiamenti culturali ed evoluzione delle competenze professionali, credo che i vendor IT abbiamo oggi una grande responsabilità: quella di facilitare un’integrazione realmente orientata al cambiamento digitale, tra le parti IT e le aree business dell’impresa. Non si può lasciare l’innovazione solo in mano alle Lob relegando l’IT alla governance tecnologica e basta. Altrimenti non c’è quadro organico, c’è un’innovazione diffusa e a macchia di leopardo con rischi di tutti i tipi sul fronte integrazione, sicurezza, reale efficacia a livello di impresa. E questo indipendentemente da dove i budget IT risiedano….
Arienti – Quello che noi vediamo oggi sul mercato è che questo senso di urgenza, questa necessità, la spinta a cogliere l’opportunità della trasformazione digitale e dell’innovazione aziendale sono fattori soprattutto in capo a Ceo, Cfo, marketing e a tutte le persone legate alla catena logistica. La trasformazione digitale, a mio avviso, non nasce nell’IT, se non in casi molto sporadici. Non è l’IT oggi il driver della trasformazione digitale dell’azienda, ma certamente ne deve essere una componente fondamentale, integrata e pervasiva in impresa, e deve essere presente laddove l’innovazione si genera. Per questo cultura, competenze e naturalmente tecnologie devono essere pronte a reggere l’onda di un cambiamento ormai ineluttabile.