MILANO – Dopo aver calamitato l’attenzione degli esperti IT e del mondo fintech (operatori bancari che basano il proprio business su Internet) grazie alla sua adozione dalla criptovaluta BitCoin, la tecnologia blockchain ha iniziato a contagiare anche settori diversi da quello dei pagamenti. L’adozione di blockchain e DLT (Distributed Ledger, registri distribuiti) è ormai un fenomeno maturo nel mondo finance. “Questo settore – ha spiegato Mauro Giorgi, Senior Vice President di NTT Data (intervenuto all’evento “Tracciabilità, Autenticità e Reputazione ai Tempi di Blockchain”, organizzato recentemente a Milano da Cscmp Italy Roundtable, un’associazione di esperti di
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FOCUS SECURITY – Blockchain più sicure se integrate con gli standard |
logistica) – è stato il primo a sperimentare questa tecnologia, in particolare la sua declinazione BitCoin, perché ha interesse nei cross-board payments e nella creazione di un circuito alternativo a Swift per questa attività”. Nel suo intervento all’evento milanese (di cui, oltre NTT Data, erano partner anche altre tre aziende IT: 1trued, Reply e the AvantGarde Group) Giorgi ha proseguito con altri esempi di coinvolgimento crescente del mondo tecnologico e business nella sperimentazione di blockchain. Il Senior Vice President di NTT Data ha citato Microsoft, che ha lanciato un servizio cloud basato su blockchain all’interno della propria piattaforma cloud pubblica Azure (BaaS, Blockchain-as-aService), e poi ha affermato che “oggi si inizia a utilizzare questa tecnologia anche in ambiti diversi dal finance, come la PA, le utility, le assicurazioni e le supply chain in settori che vanno dal food al lusso alla produzione di qualsiasi tipo di materiale”.
Verso l’Internet of values
Parlare di blockchain significa parlare di database distribuiti peer-to-peer che memorizzano informazioni le quali, una volta scritte e validate nell’ambito di una comunità (che può abbracciare chiunque abbia una connessione a Internet oppure essere accessibile solo a chi è autorizzato), non possono più essere né modificate né ripudiate. Per questo motivo, blockchain è una tecnologia adatta a supportare scambi di strumenti economici (come il BitCoin, che equivale a denaro contante e garantisce l’anonimato di chi lo cede o riceve), registrazioni di contratti, notifiche in grado di permettere la tracciabilità di spedizioni, certificazioni legate a oggetti o materie prime vendute e così via. “Blockchain – ha sostenuto Giorgi – significa Internet. Negli ultimi anni la Rete è evoluta dall’essere Internet of Information a Internet of Things. Il prossimo passo, grazie a blockchain, che si presta a consentire in modo sicuro scambi di valori, sarà la Internet of Values”.
Questioni di tecnologia e non solo
Nel corso del convegno promosso da Cscmp Italy Roundtable, è emerso chiaramente che blockchain è sì una tecnologia specifica e ormai consolidata (un database di tipo distribuito; un insieme di algoritmi che permettono di codificare i “blocchi” – costituiti da singole transazioni – e inserirli nel db in modo che non possano essere più modificati; un sistema di comunicazioni di tipo peer-to-peer, etc.) ma per la sua implementazione pratica nell’ambito di determinati settori e tipi di attività business o istituzionali ha bisogno di altre soluzioni e processi “ad hoc”, determinazioni di tipo legale e/o normativo, e interconnessioni con altri sistemi, reti e standard esistenti e consolidati. “Prima di investire nella tecnologia blockchain e in piattaforme che la implementano e utilizzano – ha avvertito il Senior Vice President di NTT Data – è necessario chiedersi per quali processi potrebbe essere utile e quali siano i vantaggi di business che possiamo ricavarne”. Poste queste domande, si potrebbe concludere che un certo comparto o una determinata filiera potrebbe avere più interesse ad adottare un modello di blockchain “chiusa” (consentendo a chi partecipa di fruire dei vantaggi del modello dei distributed ledger, che non hanno un ente centrale che la gestisce ed esercita una qualche forma di autorità e di garanzia in quanto terza parte) oppure interfacciarsi con blockchain “pubbliche” e “interoperabili”.