Quali esigenze
Il punto di partenza è stata la comprensione delle esigenze effettive. Nello specifico RINA, per lo svolgimento dell’attività quotidiana nei vari settori (navale, certificazione di sistema o di prodotto, industriale), si trova ad operare in ambienti di riferimento normativo estremamente complessi, con informazioni provenienti da enti internazionali e nazionali; lo stesso Ente produce norme di riferimento sia ad uso interno, sia per la comunità degli addetti ai lavori, in particolare nel mondo dello shipping. “Questo insieme di normative deve essere un patrimonio culturale disponibile per tutti”, sottolinea Favati.
La tecnologia dovrebbe dunque poter soddisfare, ad esempio, le esigenze dell’operatore che sta prestando la propria attività in un porto in una qualunque parte del mondo e che deve poter disporre di tutte le informazioni di cui necessita e nelle modalità ottimali senza che debba sapere dove queste informazioni si trovino e come raggiungerle. Analoghe esigenze provengono da partner e clienti. “Siamo dotati di un’infrastruttura da azienda in rete estremamente aperta che deve mettere a disposizione le informazioni e il supporto ai processi di lavoro a più soggetti in giro per il mondo, personale tecnico dipendente, ispettori non esclusivi, clienti, enti di accreditamento e amministrazioni di bandiera che controllano la nostra attività”, ricorda Favati.
Portale aperto e attenzione alla sicurezza
La scelta è caduta dunque su una soluzione basata su un portale accessibile via Internet il cui cuore è un motore di ricerca in grado di reperire le informazioni di cui si ha bisogno presentandole in modo uniforme indipendentemente dalla loro origine. Il sistema di erogazione dei servizi è stato sviluppato internamente a partire da un frame Bea Aqualogic (www.bea.com), utilizzando tutte le componenti dal content manager al motore di ricerca, dalle funzionalità di collaboration al motore, molto sofisticato, per la gestione della knowledge directory. È inoltre presente un framework di integrazione molto sviluppato fra le parti del portale che rappresenta ormai il principale punto di accesso ai servizi che l’unità It di RINA offre ad utenti interni ed esterni.
Da un sistema aperto conseguono però anche le problematiche di sicurezza per proteggere il patrimonio informativo. “Al di là degli strumenti specifici per la sicurezza, si sta lavorando molto sulla condivisione della responsabilità da parte di tutte le persone dell’azienda, andando ad aumentare la consapevolezza del fatto che la ricchezza dell’azienda consiste nelle informazioni e il proteggerle non è solo una generica prudenza nel modo di lavorare, ma un insieme di atteggiamenti responsabili”, ricorda Favati. L’attenzione è dunque indispensabile sia quando si opera all’esterno della rete aziendale sia quando si rientra all’interno dell’azienda. Ma la sicurezza è un campo dove non si finisce mai di lavorare. “È un costo difficile da giustificare con la direzione: è una voce dove non si finisce mai di spendere e che apparentemente non fornisce valore aggiunto ma serve solo a mantenere l’esistente – sottolinea Favati. – In una realtà di dimensioni medio- piccole come la nostra è un problema: da qui l’importanza di far capire cosa c’è dietro e di lavorare sul fattore culturale”. La diffusione di una cultura della sicurezza e la definizione di policy aziendali piuttosto rigide, che inevitabilmente accompagnano la distribuzione di conoscenze critiche, sono fra i principali ruoli a carico del Cio e della struttura It nel suo complesso.
“Oltre all’uso di tutti gli strumenti per la sicurezza disponibili sul mercato, è indispensabile la gestione dei trust su qualunque tipologia di informazione, del monitoraggio di chi fa cosa e come, con un controllo anonimo (per il rispetto della privacy), ma puntuale, per tipologia di problemi”, sottolinea Favati.
Come cambia l'organizzazione
Ma come cambia l’organizzazione? “Gli elementi chiave sono committment, precisa definizione dei ruoli, formazione continua delle persone che li devono ricoprire”, è la risposta di Favati.
Oltre all’amministratore di sistema, una figura a metà strada fra tecnologia e processo e che ha la visibilità completa del disegno e della strutturazione delle informazioni, sono stati previsti ruoli specifici all’interno delle diverse funzioni aziendali che svolgono attività di coordinamento (che potremmo definire knowledge manager e content manager) per i colleghi del loro settore. Queste da un lato promuovono la richiesta di aggiornamento e l’alimentazione con nuove informazioni e dall’altro svolgono la funzione di consulenti interni. “Nel complesso sta funzionando abbastanza bene; meglio in alcuni settori aziendali rispetto ad altri, ma ciò fa parte delle caratteristiche delle persone”, commenta Favati.
Criticità: rendere facile ciò che è difficile
La criticità maggiore è stata garantire la tecnologia facilmente fruibile sia per chi deve alimentare le informazioni sia per chi le deve utilizzare. “Gli strumenti non sono mai semplici di per sé: bisogna lavorare molto affinché lo diventino – avverte Favati. – A partire dalle caratteristiche standard del portale, le abbiamo adattate alle nostre esigenze esaltandone le caratteristiche per noi più interessanti come il valore dell’integrazione, l’univocità delle operazioni, la semplicità della messa a fattor comune”.
Gli strumenti hanno grandi potenzialità, ma per essere sfruttate richiedono skill diversi da quelli tipici degli utenti non tecnici e comporterebbero dunque la presenza dell’It. La scelta di RINA è però assegnare alla funzione dell’It il ruolo di garantire l’esercizio, ma non di alimentare o preoccuparsi dei contenuti, che sono completamente gestiti dalle unità aziendali, per le quali lo strumento deve essere reso più semplice possibile affinché venga effettivamente utilizzato. Da qui le criticità di tipo tecnico: rendere l’impiego degli strumenti semplice per l’utente finale comporta una notevole complessità della tecnologia sottostante, che non deriva tanto dal portale in sé quanto dall’architettura che c’è dietro. “Sulla carta tutto si integra con tutto, ma nella realtà non è assolutamente vero”, conclude Favati, che ribadisce: “Non perdere mai la misura del ritorno dell’investimento: misurarsi sempre con attenzione in funzione dei miglioramenti e dei vantaggi che si ottengono non solo in termini economici ma anche di immagine o miglioramento del servizio. Siamo una realtà che investe molto in tecnologia, ma sempre in una logica di business e in coerenza con le scelte dell’azienda relative alla propria presenza sul mercato”.
È stata questa l’impostazione che ha garantito il successo del progetto di gestione della conoscenza.
Leggi anche:
Knowledge enterprise: quale ruolo per il Cio?
CASO UTENTE UNIVERSITA’ DI BOLOGNA – Coinvolgere le persone per un knowledge management di successo