Akhela ) nasce come aggregazione di iniziative di ricerca proiettate in un periodo di medio lungo termine nell’ambito dei settori emergenti. “La nostra esistenza è la dimostrazione del fatto che se si svolge una ricerca di qualità poi seguono anche i risultati
industriali – sottolinea Piercarlo Ravasio (nella foto), amministratore delegato dell’azienda, una lunga storia professionale alle spalle come capo della ricerca di realtà quali, ad esempio, Italtel e Olivetti. – La nostra scelta è lavorare su poche cose difficili in settori di alta qualità”.
La prevalente area di ricerca è rivolta al knowledge (wiki, semantic web, ecc.) con una relazione stretta con università italiane (in particolare quella di Cagliari – http://www.unica.it/ e Milano Bicocca – ) e internazionali, con uno scambio continuo di informazioni. Con l’Università di Cagliari si concretizza il legame più stretto attraverso progetti congiunti, borse di studio, stage, ecc. “In un mondo come quello dell’Ict che cambia a ritmo continuo, l’apporto dei giovani è fondamentale mentre, di fatto, avere esperienza può anche significare minor capacità di innovazione”, sottolinea Ravasio, il quale ricorda che vengono a proporsi in azienda ogni anno persone, a fine ciclo di studio, con un’età media di 32 anni. La strategia dell’azienda prevede anche il continuo investimento in formazione (tecnica, manageriale, corsi): 350 mila euro solo lo scorso anno.
Nonostante i buoni risultati della società, che quest’anno per la prima volta chiuderà, con grande soddisfazione, il bilancio in utile dopo essere stata finanziata dall’azionista Saras ), Ravasio evidenzia la difficoltà di innovazione del sistema paese: “La partecipazione a progetti finanziati è troppo burocratica e i tempi per l’erogazione dei fondi sono biblici”.
Akhela ha dedicato alcune persone per capire quali siano i flussi e le procedure per accedere ai finanziamenti, mentre la Pmi avrebbe bisogno di modalità semplici e flessibili, come avviene in altri paesi. Un esempio? In Irlanda si sa, nel giro di poche settimane, se si sono ottenuti i finanziamenti richiesti e nel giro di pochi mesi vengono erogati.
Ma non è solo questa la causa della critica situazione nel nostro paese, che, secondo Ravasio, ha accumulato un ritardo difficilmente recuperabile. “Delle poche aziende innovative di software, nessuna gioca a livello mondiale; siamo in presenza di un mercato tendenzialmente conservatore, dove anche i top spender tendono a fare i grandi progetti con i grandi vendor internazionali anziché puntare su aziende italiane”.
Il risultato è che spesso si vedono ragazzi preparati costretti a cercare il successo fuori d’Italia. “Il meno colpevole della situazione è alla fine il sistema formativo; aziende ricche di giovani preparati non trovano interlocutori capaci di rischiare e di farli crescere”, conclude Ravasio.