Il progetto GNU di Richard Stallman, che si basa su una gestione particolare dei diritti d’autore sul software, secondo la definizione di software libero (contrapposta a software proprietario), segnò nel 1983 l’inizio del “movimento” e dell’interesse globale verso l’open source. La vera rivoluzione del software open source, però, si è verificata più tardi, esattamente dieci anni fa, il 22 gennaio 1998, quando Netscape annunciò il rilascio delle future versioni del proprio browser come software gratuito.
A quel tempo Netscape era considerata l’azienda leader del mondo Internet e quella mossa, anche se si trattò più che altro di un’azione disperata, visto il crescente successo che stava riscuotendo Internet Explorer sul mercato dei browser, ebbe quanto meno il merito di far comprendere ai responsabili It che il software open source non era solo “cosa per hacker”. A seguire, nel gennaio 2000, Ibm dichiarò l’intenzione di rendere “Linux-friendly” tutte le sue piattaforme server, inclusi i sistemi S/390, AS/400 e RS/6000; una straordinaria prova di fiducia che ha contribuito enormemente a fare del software gratuito una possibile scelta per le aziende. Il crash di dotcom (ossia il fallimento dei siti di e-commerce con estensione .com) seguito poco dopo (nel 2001), e i tagli generali dei budget It, hanno avuto l’effetto paradossale di favorire la ripresa del software open source, che ora viene considerato una possibile soluzione per soddisfare in parte le esigenze informatiche aziendali e contemporaneamente ridurre i costi. E più o meno nello stesso momento in cui le aziende stavano scoprendo la potenza del software open source, una nuova generazione di società su Internet andò oltre, affidandosi quasi completamente a questa tipologia di software.
Mentre l’epoca del dotcom 1.0 si basava su un ingente investimento di capitale, gran parte del quale speso in costosi server Sun su cui girava software proprietario, l’era del dotcom 2.0 (soprattutto la parte che è stata denominata Web 2.0), è caratterizzata da scelte differenti (soprattutto perché non si disponevano i fondi necessari per fare investimenti in operazioni Web come nella prima era): acquistare Pc economici ed installare software gratuito. Questo è quello che oggi viene riconosciuto come il famoso stack “LAMP”: GNU/Linux come sistema operativo, Apache con server Web, MySQL come database back-end e Perl/Python/PHP per lo scripting.
In crescita verso nuovi utilizzi
Il successo di aziende quali Flickr, Del.icio.us, Digg – e addirittura Google, che gestisce centinaia di migliaia di server GNU/Linux e utilizza MySQL in modo esteso (il database di MySQL AB, società appena acquisita da Sun) – divenne la migliore dimostrazione che il software open source non solo funzionava in un contesto aziendale, ma che avrebbe potuto anche scalare livelli più estesi, qualcosa che non si era mai visto prima. Di conseguenza, altre aziende iniziarono a credere nel software gratuito, inclusi nomi famosi come Amazon ed eBay. Quasi tutti questi impieghi erano comunque destinati all’infrastruttura informatica. Ciò sembrava confermare le critiche comuni mosse al software open source, ossia che vi fossero poche applicazioni reali per la piattaforma, e che la funzione principale fosse quella di un sostituto a basso costo di Unix.
Una prima area in cui si affacciarono i programmi aziendali open source fu la gestione dei sistemi. In un certo senso si può parlare di un’evoluzione naturale del suo ruolo nell’infrastruttura, ma rappresenta anche una classe di programmi ottimizzati specificamente per l’uso all’interno delle aziende, anche se le origini rimandano al mondo degli hacker. Questo cambiamento rispecchiava inoltre il fatto che, insieme a questi progetti, iniziarono a nascere nuove aziende di supporto e consulenza.
Il superamento dell’infrastruttura e degli strumenti di sistema può essere individuata nella crescita di JBoss, un application server basato su Java. Per loro stessa natura, gli application server contengono la logica aziendale; come tali, non solo fanno parte delle “condutture” dell’elaborazione informatica, ma sono anche strettamente collegati al modo in cui le aziende funzionano. Il crescente successo di JBoss è stato confermato ad aprile 2006, quando Red Hat ha pagato 420 milioni di dollari per acquisire l’azienda e il suo codice. Tra gli altri application server open source vanno citati Enhydra, Geronimo, JOnAS e WSO2.
Subito dopo gli application server si sono fatti strada programmi aziendali open source di un livello più alto. Tra questi, soluzioni per l’Enterprise Content Management (ECM), la Customer Relationship Management (CRM), la Business Intelligence (BI) e l’Enterprise Resource Planning (ERP). Come tipicamente accade sui mercati non maturi, ciascuno di questi settori adesso è inondato di prodotti concorrenti che cercano di imporsi sul mercato. Nel segmento ECM (Enterprise Content Management), queste soluzioni sono Alfresco, eZ Publish, Icoya, Joomla, Mambo e Nuxeo. Le offerte CRM sono CentraView, Hipergate, SugarCRM, vTiger e XRMS. Il settore Business Intelligence è particolarmente affollato: Actuate, Bizgres, DecisionStudio, JasperSoft, Marvelit, Pentaho e SpagoBI (azienda italiana), mentre il settore ERP include Apache OFBiz, Compiere, ERP5, GNU Enterprise, JFire, OpenPro, Openbravo e Tiny ERP. Insieme a queste importanti categorie esiste un numero crescente di potenti programmi open source aziendali finalizzati a soddisfare altre esigenze di business. Per esempio, Open-Xchange, Scalix e Zimbra (ora di proprietà di Yahoo), per quanto riguarda i programmi di posta elettronica e groupware. Un altro interessante prodotto di comunicazione destinato agli utenti aziendali è Asterisk, un motore e un toolkit di telefonia open source. Le aziende che offrono prodotti basati su Asterisk sono Digium e Fonality. Degno di nota è anche Vyatta, che punta a fare per router, firewall e VPN quello che GNU/Linux ha fatto per i sistemi operativi.
E anche le applicazioni desktop…
Questo ingresso nelle aziende è stato abbastanza naturale, poiché costruito sui maggiori punti di forza del software open source: affidabilità, sicurezza e ridotto TCO (Total Cost of Ownership). Il software open source per desktop è invece un’altra storia.
Il software gratuito ha esordito come strumento degli hacker, ambiente dove gli attributi chiave sono velocità, potenza e raffinata capacità di programmazione. Questo, in parte, spiega perché il progetto Eclipse, originariamente avviato da Ibm nel 2001, sia decollato così in fretta. Il progetto, ora, si è ampliato ed è divenuto un impegno volto alla creazione di una ambiziosa struttura di sviluppo software, a discapito però della semplicità d’uso, non sempre tenuta in sufficiente considerazione. Anche se, va sottolineato, sono state aggiunte molte funzionalità per gli utenti generici senza competenze tecniche, soprattutto dopo che Apple e Microsoft hanno privilegiato la facilità d’uso sopra ogni cosa (al punto di ignorare aspetti come la sicurezza, nel caso di Windows).
L’arrivo dei desktop KDE e GNOME, rispettivamente nel 1996 e nel 1997, ha trasformato lo stato del software gratuito, fornendo un ambiente desktop completo che ha favorito la nascita di un’intera nuova generazione di applicazioni desktop open source. Anche se, è bene sottolinearlo, non sono bastati a convincere gli utenti ad adottare GNU/Linux per i propri Pc.
Un ulteriore passo avanti verso la maturità delle applicazioni desktop open source è segnato da Ubuntu. Lanciata nel 2004 da Mark Shuttleworth, la distribuzione Ubuntu si è rapidamente imposta però come soluzione “preferita” dalle aziende; il suo ruolo centrale nel mercato desktop è stato confermato solo nel 2007 quando Dell ha annunciato che l’avrebbe adottata per i propri sistemi GNU/Linux desktop e portatili. Oggi, il successo di GNU/Linux nel sostituirsi ad altri sistemi operativi desktop è sotto gli occhi di tutti e questo dipende non solo dalla maturità tecnologica dell’ambiente applicativo ma anche dall’esistenza di suite di “applicazioni per ufficio” ormai “adulte” e di alta qualità. Il word processor, per esempio, è da molto tempo la terza più importante applicazione dopo la posta elettronica e il browser; seguono per importanza i fogli elettronici e le applicazioni per le presentazioni. Per esempio, OpenOffice.org, la più importante suite di “applicazioni per ufficio” gratuita, ha influenzato ulteriormente la diffusione di GNU/Linux sul desktop.
La battaglia dei formati
A frenare la corsa verso l’età adulta dell’open source, però, c’è quella che oggi viene riconosciuta come la battaglia dei formato dei file. OpenOffice.org adotta il formato OpenDocument Format (.odf), mentre Microsoft utilizza l’Open Office XML (.ooxml). Odf è già uno standard internazionale (ISO 26300), e Microsoft sta quindi facendo la sua battaglia per ottenere l’approvazione per il suo formato Ooxml. Questo perché gli standard sono una questione importante nel settore office: un numero crescente di governi e aziende in tutto il mondo, infatti, sta mettendo a punto regole interne che prevedono che i documenti siano memorizzati in formati standard ufficiali.
L’esito del tentativo di Microsoft di rendere il formato Ooxml uno standard ISO ufficiale, come immaginabile, avrà quindi un impatto significativo sulla crescita e la diffusione di OpenOffice.org e ripercussioni a catena anche sul software open source.
Ma, al di là di quanto stia accadendo nel tradizionale mercato dei desktop, stiamo assistendo anche a un interessante e recente sviluppo del software open source a livello enterprise che si sta diffondendo in diversi settori coinvolgendo anche le scelte dei player e vendor It. Per esempio, il Pc Asus Eee rappresenta una classe di sub-notebook, del peso inferiore a 1 kg, che utilizza la memoria Flash anziché i dischi rigidi e ha un formato ridotto. Per via della RAM limitata, GNU/Linux è il sistema operativo perfetto, perché è gratis (e quindi il pc può essere venduto a prezzi concorrenziali) e funziona perfettamente anche su sistemi hardware modesti.
Everex Green gPC viene venduto oggi dal gigante americano WalMart con ambiente GNU/Linux perché il sistema è ormai noto e tecnologicamente valido e consente di mantenere il prezzo del computer più basso (costa solo 198 dollari, contro i 498 del modello precedente con Windows).
Esistono, infine, altre due aree in cui il software open source viene implementato con sempre maggiore frequenza, anche se gli utenti aziendali non se ne rendono conto direttamente. La prima è quella dei sistemi embedded in generale, e dei telefoni cellulari in particolare. L’annuncio della piattaforma Android di Google è solo uno dei tanti esempi di uno stack per telefoni cellulari basato su Linux, ma potrebbe avere un ruolo cruciale nel favorire la conoscenza, da parte degli utenti, del fatto che un numero crescente di dispositivi elettronici di largo consumo oggi utilizza una versione di Linux.
Infine, all’altra estremità della scala, non sono in molti a sapere che GNU/Linux gira su 426 dei primi 500 supercomputer al mondo, mentre Windows solo su 6. Il fatto che il kernel di un sistema operativo nato in una camera da letto di Helsinki nel 1991 controlli oggi quasi tutti i più potenti computer del mondo è la prova di quanta strada abbia fatto il software open source, e di quanta ancora ne potrebbe percorrere.
Entrato nel mondo del giornalismo nel 1983, dopo la laurea in matematica presso l’Università di Cambridge, Moody ha iniziato scrivendo articoli e facendo consulenze aziendali legate all’utilizzo di Internet (prima del 1994) e si occupa di open source dal 1995. Nel 1997 ha scritto il primo manuale dedicato alle caratteristiche di GNU/Linux e al free software, pubblicato da Wired Magazine (www.wired.com/wired/archive/5.08/linux.html)
Oggi Moody è un esperto riconosciuto in ambito tecnologico/informatico, con particolare focus proprio sull’open source. A rafforzare la sua fama internazionale è stato il libro “Rebel Code: Linux and the Open Source Revolution” (pubblicato anche in Italia con il titolo “Codice Ribelle. La vera storia di Linux e della rivoluzione open source”).
Il suo ultimo libro si intitola “Digital Code of Life: How Bioinformatics is Revolutionising Science, Medicine and Business”.
Per contattare Glyn Moody: glyn.moody@gmail.com
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