Information caos: le risposte della business intelligence

La diffusione delle tecnologie di business intelligence si scontra con problemi e passaggi impegnativi: dalla messa a punto di una infrastruttura idonea alla capacità di gestire quantità sempre maggiori di dati non strutturati. Continuando a diffondere in azienda una cultura orientata all’utilizzo di queste soluzioni. Ma non esiste un punto di arrivo; è un processo continuo verso l’intelligence enterprise. Una ricerca mondiale di idc su oltre 1000 manager disegna Iinteressanti percorsi. E criticità

Pubblicato il 25 Giu 2008

C’è una massima, attribuita ad Aristotile Onassis, che suona pressapoco così: “Per avere successo negli affari bisogna sapere qualcosa che gli altri non conoscono”.
“Purtroppo – osserva John Gantz – in molte aziende le decisioni vengono prese o sulla base di informazioni spesso poco attendibili, perchè i dati impiegati nella loro elaborazione non sono sufficienti, o, peggio ancora, in modo istintivo e viscerale. Queste aziende agiscono senza sapere cose la cui conoscenza sarebbe invece per loro di vitale importanza. Una situazione che sta diventando sempre più rischiosa.”
John Gantz, Chief Research Officer di Idc, è il principale autore di “Taming Information Chaos”, uno studio sponsorizzato da Teradata che, sia per il respiro mondiale sia per ciò che da esso emerge in termini di tendenze e di problematiche, costituisce un importante punto di riferimento sul modo con cui le aziende usano effettivamente la Business Intelligence per supportare i loro processi decisionali.
Il campione considerato è infatti costituito da più di 1000 manager di alto livello scelti tra i Cio (per il 39%) e i responsabili di linee di business (per il restante 61%) di aziende che fatturano non meno di 500 milioni di dollari l’anno e operano in 22 Paesi (tra i quali l’Italia) il cui contributo complessivo alla spesa totale per l’It raggiunge l’83%.
“Lo studio – fa ancora notare Gantz – ci ha permesso sia di avere una conferma di ciò che le tecnologie oggi disponibili consentono alle aziende di fare, sia di verificare se e come queste riescono a trarne un effettivo beneficio. E ci siamo così resi conto che il gap esistente tra le aziende capaci di utilizzare in modo efficace le tecniche della Bi, e quelle che non lo sono, perchè non hanno saputo o voluto affrontare correttamente il problema, si sta continuamente allargando. Per cui potremmo dire che la nostra ricerca è, al tempo stesso, un’analisi di questo gap e un segnale di allarme per tutte le aziende che sono rimaste indietro.”

Figura 1. Disporre di informazioni tempestive in tempi rapidi. Fonte: Idc 2007. (cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

Le differenze
Ma incominciamo col vedere in che cosa le prime si differenziano dalle seconde.
Innanzi tutto – ci fa sapere il 66% dei manager che lavorano nelle aziende classificate da Idc come le più evolute nell’uso della Bi (contro il 15% del campione considerato nella sua totalità) – per il fatto che il loro top management, avendo compreso l’importanza e quindi la necessità di investire nella Bi, non solo la considera tra le iniziative in cima alla lista delle priorità, ma è anche più rigoroso nel misurare i ritorni di questi investimenti e nel definire le metriche da usare per farlo.
Queste aziende fanno inoltre un notevole affidamento sui propri sistemi per la Bi. Se si esaminano infatti le percentuali delle decisioni supportate da applicazioni di Bi, esse raggiungono il 75% nel primo caso e solo il 55% nel secondo.
Queste aziende utilizzano la Bi non soltanto per prendere decisioni di tipo strategico, ma anche nello svolgimento delle attività quotidiane, integrando così la normale operatività con la visione strategica del loro business.
Si tratta infine di aziende che avendo compreso quanto fosse importante prendere le decisioni nel minor tempo possibile, hanno messo a disposizione non solo delle loro ‘front line’ (nel 48% del casi) ma anche dei loro clienti (24%), dei loro fornitori (21%) e dei loro partner (20%) strumenti che permettono di utilizzare – a supporto di un processo di elaborazione delle decisioni basato sugli eventi oltre che sulle strategie – dati storici e dati attuali, in modo da dar loro la possibilità di intervenire, quando le circostanze effettivamente lo richiedono, con azioni dirette e immediate secondo modalità di tipo ‘just in time’.
“I dati raccolti – commenta Gantz – non ci hanno consentito di spiegare come queste aziende siano riuscite a diventare così efficaci nell’utilizzo della Bi. Ci sembra tuttavia di poter individuare nel modo con cui gestiscono il loro business alcuni punti fissi, quali il desiderio di reagire con la massima rapidità ai movimenti dei mercati nei quali operano, e un continuo impegno nella ricerca di tutto ciò che può ridurre la quantità dei passi e il numero delle persone necessarie per prendere qualsiasi decisione.”

Figura 2. Caratteristiche delle Alte Prestazioni in ambito B.I. Fonte: Idc 2007 (cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

Le sfide
Ciò premesso, dallo studio nondimeno emerge che per tutte le aziende, anche per quelle che si posizionano sopra la media, la messa a punto di un’infrastruttura efficace per la Bi può rivelarsi estremamente impegnativa.
Vi è innanzitutto la crescita della quantità dei dati generati nelle aziende, valutata ‘continua’ dal 48% del campione e ‘molto rapida’ dal 33%, Anche se poi i manager intervistati considerano realmente utili per le loro attività di supporto alle decisioni meno del 50% di quelli effettivamente disponibili.
È poi in rapido aumento sia il numero di decisioni che devono essere prese nell’unita’ di tempo (cosi la pensa il 48% dei componenti il campione) sia la loro complessità. Da cui l’esigenza di poter accedere sempre più spesso a informazioni non solo affidabili ma anche ‘fresche’. Per il 33% del campione nel suo complesso e per oltre il 60% dei manager appartenenti alle aziende prime della classe nell’impiego della Bi, la loro disponibilità in ‘tempo reale’ – che può in effetti andare da qualche secondo a qualche ora – sembra essere sempre più importante. Tuttavia solo il 13% di chi può effettivamente usufruire di questa possibilità dichiara di essere veramente capace di utilizzarla per prendere rapide decisioni.
Un altro problema deriva dal fatto che i dati e le informazioni da utilizzare sono sempre più spesso non strutturati: e-mail, messaggi istantanei, documenti multimediali, telefonate via Internet, podcast, blog. Una stima Idc, secondo la quale ormai il 95% di tutto ciò che viene digitalizzato nel mondo rientra in questa categoria, è sostanzialmente confermata anche dallo studio. Da esso infatti risulta che il 55% del materiale usato nelle aziende per prendere decisioni è del tipo non strutturato, mentre le modalità di ricerca e di accesso ai suoi contenuti sono ancora prevalentemente (nel 66% dei casi) manuali, il che rende piuttosto difficoltoso il loro utilizzo. Il tutto aggravato dal fatto che non c’è modo di sapere a priori se un certo contenuto è importante o no. Per cui è comprensibile che il 21% delle aziende del campione consideri ‘estremamente importante’ la possibilità di automatizzare l’accesso e l’analisi dei dati non strutturati.
L’impiego, in prospettiva sempre più diffuso, di sofisticati strumenti analitici da parte di persone non specificamente preparate al loro uso, si prevede possa creare notevoli problemi a chi dovrà supportarne l’operatività, vegliare sulla sicurezza degli accessi, fornire l’addestramento necessario. Anche perchè potrebbe non essere immediatamente compreso che le attività di questa nuova categoria di utenti debbano considerarsi a tutti gli effetti ‘mission critical’. Il fatto poi che le applicazioni di Bi possano essere sempre più utilizzate nell’operatività giornaliera fa temere al 64% delle aziende del campione impatti pesantemente negativi nel caso di cadute dei sistemi dei sistemi sui quali ‘girano’. Per il 21% degli intervistati le conseguenze potrebbero essere molto negative anche a seguito di ‘black-out’ di durata inferiore all’ora.
La necessità di dover competere in un mercato globale spinge infine le aziende a dotarsi di sistemi di Bi sempre più sofisticati. Tuttavia ogni miglioramento nella capacità di un’azienda di supportare i propri processi decisionali può indurre i suoi concorrenti a fare altrettanto, creando di conseguenza i presupposti per quello che può essere considerato da alcuni un circolo virtuoso e da altri invece un circolo vizioso, in quanto non può che accelerare ulteriormente il fenomeno.

Figura 3. Differenti settori, differenti profili di B.I. (cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

È il viaggio che conta
“In effetti – conclude Gantz – ciò che non risulta ancora molto chiaro è quante aziende sono preparate e disposte a spingere le soluzioni che oggi il mercato della Bi sta rendendo possibili, nella profondità delle loro strutture e con la rapidità che, col senno di poi, fra qualche anno noi diremo che sarebbero state necessarie. Forse le aziende dovrebbero soprattutto rendersi conto che il cammino che potrà portarle a diventare ottime utilizzatrici della Bi non ha un punto di arrivo, ma è il viaggio che conta. L’uso delle sue soluzioni non è in grado di offrire vantaggi competitivi permanenti ma solo temporanei. Le informazioni dovranno inevitabilmente essere sempre più tempestive, accurate e pertinenti. Le tecnologie necessarie per farlo sono ormai largamente disponibili, e se scelte in modo opportuno consentiranno sicuramente alle aziende di trarne i benefici attesi.”

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