MILANO – Al lancio di febbraio di Windows Server, Visual Studio e Sql Server 2008, padrona di casa era la divisione Enterprise di Microsoft. Come questa lavora, qual è la filosofia del suo ecosistema coi partner per produrre soluzioni, come si è trasformato il suo go-to-market alla luce della nuova strategia dell’interoperabilità, sono alcune delle domande poste da zerouno a Mario Derba, amministratore delegato di Microsoft Italia (www.microsoft.it).
ZeroUno: All’evento di febbraio, lei ha detto: “Nelle soluzioni aziendali (spazio tradizionale di altri “incumbent”) se non siamo i primi, siamo tra i primi”…
Derba: Se ne sorprende chi percepisce ancora Microsoft come l’azienda di Windows e Office nei Pc. Oggi la divisione Enterprise fattura il 50% della sussidiaria italiana, e analoghe sono le percentuali in giro per il mondo. La crescita è a due digit da 23 trimestri consecutivi. Abbiamo fior di applicazioni mission critical già realizzate in Italia, e vendiamo più licenze Sql di Db2 ed Oracle messe insieme. Ovviamente la concorrenza ha più volumi presso grandissimi clienti. Ma più licenze sono un segnale importante di velocità di adozione.
ZeroUno: Qual è il modello con cui lavora l’ecosistema di Microsoft?
Derba: Il nostro obiettivo è sempre stato concentrarci sul software e privilegiare l’ecosistema dei partner, a differenza di altri che raccolgono tutto il valore della proposizione hardware, software e servizi. Secondo i numeri di Idc (www.idc.com) per ogni euro di “fatturato Microsoft” ce ne sono 18 di “fatturato ecosistema”, che significa poter offrire una “gamma” formidabile: dai partner mondiali come Ibm, Accenture, Hp, Atos Origin, Eds, Tata, agli intermedi come Almaviva, Reply, Txt, Brainforce, Microsys, fino contare tra i 25 e i 30 mila partner italiani sul territorio. Il modello che seguiamo è quindi orientato alla capillarità associata a complementarità con partner mondiali e nazionali.
ZeroUno: Con il “canale” Ibm esiste un rapporto di coopetition?
Derba: Ibm è un ottimo canale, sia come vendor hardware, che come fornitore di servizi. Abbiamo il cosiddetto Faro, una piccola divisione servizi dedita a progetti “market maker”. La filosofia è far da apripista là dove ci sono tecnologie più innovative di per sé o per l’uso, ad esempio per la scalabilità.
ZeroUno: E per progetti di interoperabilità?
Derba: Abbiamo una strategia di alleanze non solo marketing, ma di laboratorio, con Cisco e Nortel per l’Unified Communication, con Sap per la fruibilità dei risultati di applicazioni Erp tramite la nostra Office Suite. Tipiche le soluzioni hosted in ambiente virtualizzato.
Zerouno: In ambito open source, con chi fate accordi qui in Italia oltre che con Novell?
Derba: In questi ultimi 18 mesi, abbiamo visto tra i 20 e 25 accordi di interoperabilità. Qui in Italia è di marzo quello realizzato con Sourcesense, un laboratorio congiunto di sviluppo di soluzioni che segnala le volontà di Microsoft di interoperabilità e relazione in quest’ambito, e Novell per incorporare software commerciale nelle loro soluzioni. Penso sia segno di maturità e di evoluzione. Microsoft non è più un monopolista di nicchia; anche Ibm a metà anni ottanta si è “aperta” adottando gli open standard.
ZeroUno: Ma Ibm è anche, dopo Sun, la più grande fautrice di un modello di business open source: il cliente installa Linux gratis e fa un contratto servizi con Ibm. Non così Microsoft…
Derba: No. Per noi è cruciale proteggere la proprietà intellettuale, sia pure con importanti sfumature. Ad esempio, accesso e utilizzo libero e gratuito a tutti, non solo ai partner, di qualcosa come 84.000 pagine di documentazione. Una qualsiasi terza parte paga royalties solo se fa soldi con la nostra proprietà intellettuale. Ci riserviamo di valutare il business nel suo complesso: ci possono essere situazioni in cui mettiamo a disposizione del software gratuito anche noi.
ZeroUno: Il rapporto operazioni-innovazione It “deve” passare in 2-3 anni da un 80-20 a un 50-50. Come fare con il paradigma software+servizi?
Derba: Lo sbocco di una politica per il 50-50 non è solo l’utility computing. Software+servizi è compatibile con entrambi i modelli “licenza in-house” e “licenza data center”. Vediamo un modello non bianco o nero, ma complesso, in cui a un cliente “information intensive” serve informazione con livelli di servizio personalizzati; ma a un cliente “information enabled”, l’80% in operazioni può essere ridotto da soluzioni che costano meno, tipicamente le nostre, che spalmano i costi su un grande volume. Che è poi il segreto in fondo semplice di Microsoft fin da Bill Gates. Il market share che abbiamo sull’intero It budget è relativamente piccolo. I nostri scenari vedono solo il mercato ampliarsi: un’opportunità per ridurre l’80% di costi operativi. Altri che hanno posizioni da “incumbent” rischiano di più.
ZeroUno: Quanto è centrale il software per il business Grc (Governance, Risk management e Compliance) nella strategia d’offerta Enterprise Division?
Derba: Gli approcci “sparpagliati” consolidati col Security Development Life Cycle dei nostri prodotti hanno generato la piattaforma Forefront con cui ci impegnamo su fronti in cui i clienti non sono ancora preparati, ad esempio quello del Digital Rights Management (Drm), una feature facilmente innescabile di Office System. La sicurezza non è mai solo tecnologia, dipende da regole, da protocollazioni di processi interni che molti clienti italiani hanno finora trascurato. Ma vediamo oggi un grande fermento, e su questo business che cresce velocemente c’è assolutamente la volontà di Microsoft di esserci. È una delle nostre “rifocalizzazioni”. Abbiamo investito pesantemente sul Trustworthy Computing, forse a scapito dello stesso Windows Vista.
ZeroUno In tema di innovazione collaborativa, Microsoft non parla mai di self-organisation?
Derba: Non originariamente, è vero, ma collaborazione e condivisione sono sottese alle tecnologie che sviluppiamo, basate sul concetto di integrated communication. Mentre Web 1.0 accede solo verticalmente al sito, Web 2.0 offre una via ulteriore di accesso paritetico, in cui contribuire orizzontalmente e “lateralmente”. Un modo nuovo in definitiva di comunicare, per cui la comunicazione che scende “da a” non funziona più, rispetto a una convergenza di persone che collaborano. E vediamo persone, processi e tecnologia convergere: serve la componente umana, l’Employee 2.0. E organizzativa, il Management 2.0, sempre più a contatto con le operazioni, a comprimere i tempi di decisione piramidali che vanno al centro e tornano in periferia.