Le aziende cominciano a capire che il Cloud Computing
può avere un grosso impatto sui modi e le forme del loro
business. Può ampliarlo e innovarlo. Il tutto, però,
è in misura proporzionale ai rischi che sono disposti a correre
nell’adottare il Cloud.
C’è questa lezione nel recente rapporto di IBM, The Power of the Cloud,
frutto di un sondaggio su 575 business e IT executive in giro per
il mondo.
Tre approcci al
Cloud
IBM, per comodità, divide in tre categorie le aziende, in base
al loro approccio al Cloud (più o meno rivoluzionario):
ottimizzatori, innovatori, disgregatori (optimizers, innovators,
disruptors).
Non c’è, in questa suddivisione, una classifica né un
giudizio di valore: ogni azienda deve scoprire qual è il
ruolo che meglio si adatta alle proprie caratteristiche e
ambizioni.
Gli ottimizzatori sono quindi quelle aziende che usano il Cloud
per potenziare la propria offerta ai clienti e rafforzarne i
rapporti. Migliorano l’efficienza, lanciano nuovi prodotti,
ma non cambiano il business model. Rischiano poco e di
conseguenza traggono benefici limitati (ma comunque interessanti,
se fanno le cose per bene).
Gli innovatori invece estendono significativamente la propria
offerta grazie al Cloud, tanto da aprire nuove fonti di ricavo;
arrivano a trasformare il proprio ruolo all’interno del
proprio settore o a entrare in un settore adiacente.
I disgregatori sono quelli che rischiano di più, ma anche quelli
che possono ambire a maggiori vantaggi, perché grazie al Cloud
si posizionano come “first mover”. Scompaginano le
carte, creano nuovi mercati o distruggono quelli esistenti.
Generano bisogni fino ad allora inespressi dai consumatori.
Secondo IBM, nei prossimi anni i mercati daranno ragione a coloro
che sapranno cogliere il potere del Cloud per la propria azienda.
Per prima cosa, a questo scopo, devono capire quindi in
che modo il Cloud s’incastra con il loro business e quindi
se conviene essere ottimizzatori, innovatori o
disgregatori.
Una coppia a capo
del Cloud
Business e IT sono chiamati insomma a collaborare più
strettamente e infatti uno dei consigli di IBM alle aziende è di
condividere tra le due aree le responsabilità sul Cloud. A capo
del Cloud è bene che ci sia quindi un duetto: un senior
executive business leader a braccetto con il CIO (Chief
information officer). Non solo: Ibm suggerisce di creare un
comitato di responsabili, presi dalle aree IT e business, per
supervisionare l’adozione del Cloud.
La strategia Cloud
è quella di business
La Cloud strategy è insomma tutt’uno con la business
strategy di un’azienda. Questo perché il Cloud
Computing è una tecnologia permeante e orizzontale. Ha
bisogno di interagire a fondo con il business model, con gli
strumenti dell’offerta ai clienti; anche nei casi in cui
non la rivoluziona e si limita a potenziarla (come avviene per
gli “ottimizzatori”).
Ma solo con la maturità piena ci si può aspettare che il Cloud
penetri a fondo nella struttura business dell’azienda.
Ancora l’anno scorso, in Italia questa tecnologia era
prerogativa indiscussa dei CIO, secondo un rapporto di Nextvalue;
con scarsa collaborazione quindi dei reparti business.
Le cose tuttavia sono destinate a cambiare in fretta, visto che
gli studi e i casi di successo stanno raccontando con chiarezza
qual è il modo migliore di vivere il Cloud in azienda.