No, a dispetto di miti e leggende che circolano, il cloud computing non segnerà la fine dei dipartimenti IT delle aziende. Ma li costringerà a cambiare, questo sì: nel ruolo e nelle funzioni. Sta facendo strada quest’idea tra esperti e addetti ai lavori, man mano che il nuovo paradigma cloud si diffonde.
E c’è anche un corollario: i responsabili IT devono accettare la metamorfosi, smettendo di essere tecnici puri e semplici e diventando consiglieri strategici del business. Altrimenti sì che saranno visti sempre più come inessenziali da parte delle linee di business.
Val la pena, per prima cosa, confutare il mito. È vero che il cloud è self service e centralizzato, ma ciò non vuole dire che gli addetti IT aziendali diventino inutili. “Non è vero quello che temono molti CIO (Chief information officer): che perderanno, per forza, importanza per colpa del cloud. Una preoccupazione che persino sta spingendo alcuni di loro a tenere i server in casa”, dice Stefan Ried, analista di Forrester Research e autore di numerosi rapporti sul tema. L’ultimo, Business Networks Beyond IT (uscito il 18 ottobre), centra anche questo tema, che potremmo anche definire “la crisi d’identità dei CIO”.
La leggenda recita che, nel lungo periodo, gli addetti IT serviranno solo nelle aziende fornitrici di servizi cloud. Ma è falso, perlomeno nelle imprese che finora hanno utilizzato personale IT dedicato.
Diverso il caso di quelle molto piccole, dove gli aspetti tecnici spesso non hanno nemmeno un vero responsabile; qui il cloud può servire a informatizzarle, ad aumentare i servizi digitali utilizzati, perché permette di demandare all’esterno il compito di gestirli (ora avvertito come troppo gravoso).
Nelle aziende con esigenze digitali un po’ più evolute, gli addetti IT e i CIO continueranno ad avere un ruolo, in ambito sia tecnico sia strategico. La differenza, rispetto ad oggi, è che si occuperanno di aspetti meno “terra-terra” e a un livello superiore di gestione.
Gli aspetti tecnici
Per esempio, dal lato tecnico, dovranno gestire e programmare i back up (altro mito: pensa a tutto il cloud), occuparsi della sicurezza informatica (tra l’altro, anche di quella dello stesso canale di comunicazione tra azienda e servizi in cloud). Si occuperanno di gestione password, policy sui controlli degli accessi. Terranno il fiato sul collo dei vendor IT, per controllare (e migliorare) costi e Sla (Service level agreement) del cloud.
Gli aspetti strategici
Più interessante il salto funzionale che dovranno fare i CIO, non solo per non perdere potere ma anche per acquisirne uno maggiore: occuparsi delle decisioni strategiche aziendali a stretto contatto con le linee di business.
È un’opportunità trattata da The Future Role of the CIO- Digital Literacy, recente ricerca condotta da Vanson Bourne su un campione di 685 aziende in tutto il mondo. Ne risulta che solo il 40 per cento di CIO italiani è chiamato a partecipare alle decisioni strategiche aziendali. Il 60 per cento invece dice di non essere coinvolto per niente nelle decisioni con cui l’azienda innova il modello di business e individua nuove aree di azione.
Sono dati in linea con quelli di altri Paesi. Eppure la tecnologia è già pronta al nuovo ruolo che l’IT può rivestire il business: anche senza arrivare al cloud, già ora ci sono strumenti che consentono di automatizzare la gestione degli aspetti tecnici (con cruscotti di controllo e governo della “sala macchina”).
Le innovazioni Cloud calate nel business
I CIO potrebbero quindi concentrarsi su aspetti più alti. Già ora- a quanto si legge in recenti rapporti di Forrester Research e Gartner- alcuni di loro si stanno trasformando in “cloud broker”: recepiscono le esigenze del business e si procurano, sul marketplace dei servizi e delle App, quanto è necessario per soddisfarle.
Il prossimo passo, per i CIO, è quello di diventare propositivi: pensare a nuove linee di azione, sedendosi allo stesso tavolo dei manager addetti allo sviluppo del business. Il cloud, soprattutto, con la sua flessibilità e rapidità d’adozione, promette di far viaggiare l’IT allo stesso passo del business.
Serve un cambio culturale perché questo si realizzi davvero. Ed è importante che parta proprio dai CIO: un po’ perché sono quelli che hanno di più il polso della situazione (conoscendo i vantaggi del cloud), un po’ perché sono quelli che hanno più da perdere altrimenti.
Così Ried, nel suo ultimo rapporto, consiglia ai CIO di concentrarsi sul portare le innovazioni cloud nel contesto business, in vario modo.
Addirittura vaticina un futuro- a dieci anni- in cui le aziende condivideranno processi e dati tra di loro, sulla nuvola, sviluppando business network basati sulla fiducia reciproca. E il direttore di questa neonata orchestra, dal punto di vista IT, sarà proprio il CIO, secondo Ried: per esempio, per capire quali scenari di business si avvantaggeranno di più dei modelli collaborativi e poi per attuarli in pratica.
Indietro non si torna. Né si può restare fermi. I CIO che non si adeguano saranno scavalcati dalle linee di business, che andranno direttamente sul marketplace cloud a comprare i servizi IT. Un rischio che School of Management-Politecnico di Milano ha già identificato alcuni mesi fa: come “il sorpasso a destra” da parte delle linee di business.
Al momento è un pericolo remoto, forse, perché a pensare di mettere il cloud in azienda sono al momento quasi solo i CIO (riferisce la ricerca 2011 dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service, del Politecnico, su oltre 160 CIO delle principali aziende e Pubbliche Amministrazioni italiane).
Ma in questo settore le cose cambiano in fretta e i CIO possono trovarsi ben presto al bivio: fare il salto di qualità o perdere tutto. Dal punto di vista macro economico, bisogna fare il tifo perché sia la prima eventualità a realizzarsi, nelle aziende italiane: se IT e business lavorano all’unisono, si cresce meglio.