Analisi

Le criticità del Cloud Computing

Opportunità, benefici, vantaggi economici. Il Cloud viene certo visto come la tecnologia del futuro. Ma non mancano alcune barriere che ne frenano l’adozione nel nostro Paese. Vediamo i principali punti di attenzione e i 4 ruoli che può giocare la direzione ICT

Pubblicato il 03 Dic 2012

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A fronte delle notevoli opportunità, e nonostante la gran parte dei CIO la consideri come la “tecnologia del futuro”, lo sviluppo organico e diffuso del Cloud trova ancora nel nostro Paese una forte inerzia.

I vantaggi insomma si scontrano con la realtà quotidiana delle aziende che vedono certo con favore il Cloud, ma che sottolineano alcuni punti di attenzione che frenano l’adozione del Cloud. Quali? Vediamo le principali evidenze che arrivano dall’Osservatorio “Cloud & ICT as a Service” della School of Management del Politecnico di Milano.

Le criticità per le grandi organizzazioni
Per le aziende di grandi dimensioni le criticità più rilevanti appaiono essere la difficoltà di integrazione con l’infrastruttura già presente in azienda (40% del campione esaminato) e l’immaturità dell’offerta e dei servizi (35%), seguite dai problemi legati alla compliance normativa (31%), dalla difficoltà nel quantificare costi e benefici derivanti dal ricorso alla modalità di erogazione as a Service (31%) e dalla criticità nell’implementare efficaci processi di controllo e misurazione per presidiare i livelli di servizio interni e del fornitore (25%).

Le aziende che utilizzano servizi di tipo Public evidenziano poi due ulteriori aspetti di criticità, ovvero l’indisponibilità dell’infrastruttura di rete e alcuni timori relativi ad aspetti di sicurezza e privacy.

I falsi miti
L’analisi a posteriori, tuttavia, mette in luce come questi siano, in parte, dei falsi miti: secondo i CIO, infatti, con modelli di Public Cloud si registrano minori casi di perdita di dati rispetto alla precedente soluzione presente in azienda e, in generale, vi è una maggiore continuità di erogazione del servizio (escludendo i problemi imputabili alla rete).

Ovviamente occorre tenere in considerazione il livello delle infrastrutture precedentemente presenti in azienda che, se obsolete, risultano tecnicamente dominate dalle infrastrutture allo stato dell’arte dei provider di servizi Cloud.

Barriere più tecnologiche che organizzative
È interessante notare come le barriere principali a oggi nello sviluppo del Cloud non siano percepite a livello organizzativo e interno della direzione IT, ma piuttosto a livello tecnologico ed esterno.

Il timore della perdita di ruolo della direzione IT nei confronti delle Line of Business, ad esempio, è ritenuta rilevante solo dal 6% dei CIO del campione. Questa percezione è dovuta a un’esperienza ancora superficiale da parte delle imprese che, nella maggior parte dei casi, non hanno portato la strategia Cloud a un livello di rilevanza tale da metter in discussione il sistema Informativo e il ruolo e le competenze della direzione ICT.

I quattro ruoli giocati dalla direzione ICT
Analizzando i cambiamenti e il ruolo giocato dalla direzione ICT emergono quattro approcci prevalenti, secondo i ricercatori della School of Management del Politecnico di Milano: nel 76% dei casi prevale il profilo dell’Hobbista, dove a un atteggiamento tattico e reattivo nei progetti Cloud corrisponde un cambiamento limitato al più alla creazione di nuove competenze interne alla direzione.

All’opposto vi è l’Orchestratore, che si caratterizza per la capacità di avere un ruolo attivo nelle iniziative che si abbina anche a un radicale cambiamento della propria direzione, con la creazione di nuovi ruoli e procedure (6% del campione).

Vi è poi il profilo del Modaiolo (2%) che racchiude coloro che hanno un ruolo reattivo ma, inseguendo l’hype, iniziano a creare ruoli di presidio interni.

Infine vi sono i Broker, ovvero i CIO che hanno un ruolo attivo nelle iniziative, ma che non si sono ancora riorganizzati internamente (16%).

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