MILANO – Sono scesi in pista enti pubblici e organizzazioni private ma in Italia sui processi di incubazione e di venture capital hanno fallito un po’ tutti, quanto meno rispetto a quelle che erano le premesse iniziali e le ambizioni in gioco. E così l’Italia, anche in questo settore di attività, è rimasta al palo se comparata ai risultati, magari non eclatanti ultimamente ma pur sempre di riguardo, ottenuti all’estero. Il cattivo rapporto tra imprese (incluso il sistema bancario) e le Università spiega in parte, ma solo in parte, i cattivi risultati. Neanche la discesa in campo dei manager a fianco dei “nativi digitali” ha sortito effetti significativi.Nelle iniziative di incubazione di nuove imprese, era infatti in atto un trend crescente di coinvolgimento dei manager privati da parte dei cosiddetti “ luoghi di produzione della conoscenza”, in particolare le Università, con la benedizione delle istituzioni a cui fanno riferimento i vari incubatori sul territorio nazionale.
Ma anche questo orientamento alla collaborazione tra attori complementari, nato dalla consapevolezza delle difficoltà insorgenti ogni volta che i luoghi di produzione della conoscenza dovevano farsi carico del ruolo meno connaturato di project manager nell’implementazione sul mercato competitivo degli obiettivi dell’impresa nascente, è riuscito a prevalere. Qualcosa di buono c’è stato ma poca cosa. Per trovare dei riscontri di una certa rilevanza bisogna risalire ai tempi di Elserino Piol e dei fondi Kiwi.
Questa situazione non ha comunque spaventato Telecom Italia che proprio in un momento critico come l’attuale è giustamente scesa in campo con una sua iniziativa, denominata “Working Capital”, attraverso cui mette a disposizione di chi vuole avventurarsi nella giungla web 2.0 e aree limitrofe, risorse finanziarie e tecniche.
Non solo l’infrastruttura ma anche le sue competenze. Almeno questa è la promessa di Franco Bernabè, amministratore delegato della società. “Siamo dell’opinione che la new economy non sia stata sepolta dalla bolla; può ritrovare una sua ragion d’essere e rimettersi in piedi. Ho motivo di ritenere che nel nostro Paese ci siano le competenze umane e tecniche per fare un buon lavoro. Ci sono giovani con idee, animati da molta voglia di fare. È il sistema che non li aiuta, li tiene ai margini del mondo economico e imprenditoriale. In fin dei conti siamo dei conservatori. Tutto quello che è in declino viene mantenuto, quello che emerge di nuovo viene respinto. Si tratta di infrangere questo stato di cose e noi di Telecom Italia lo stiamo facendo sperando di essere imitati da altri”.
Working Capital nasce con l’idea di rilanciare l’innovazione tecnologica in Italia e si avvale di un investimento complessivo pari a 5 milioni di euro in due anni. In concreto, un comitato composto dal top management di Telecom Italia e da esperti del settore individua ed esamina idee e progetti d’impresa riconducibili al web 2.0 e “alla nuova Internet”. Le migliori idee, tra quelle che verranno proposte anche attraverso il sito www.workingcapital.telecomitalia.it, potranno usufruire delle infrastrutture evolute e del know-how tecnologico di Telecom Italia che, nel progetto, diventa partner tecnologico e socio.
Tra contratti di investimento e di incubazione, le due formule previste per l’accesso ai fondi, gli ideatori del progetto programmano di far decollare 30-35 iniziative imprenditoriali entro il 2010. Speriamo! Ce n’è bisogno!
Telecom Italia dà vita alle idee imprenditoriali
Telecom Italia scende in campo con un progetto denominato "working capital" per aiutare aziende e imprenditori a realizzare idee e iniziative. In una sorta di venture capital, Telecom mette a disposizione infrastrutture e competenze nell’area del web 2.0
Pubblicato il 23 Apr 2009
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