I modelli di sourcing di software applicativo on-demand, comunemente intesi con l’acronimo SaaS (Software as a Service), sono oggi di forte attualità per alcuni vantaggi che potenzialmente offrono e perché alcuni elementi primari, tra i quali la robustezza della tecnologia, consentono un utilizzo reale ed efficace di questo modello. Tra i vantaggi ricordiamo: le aziende utenti possono focalizzarsi sulle competenze core; il passaggio da costi fissi a costi variabili; l’adozione di tecnologia all’avanguardia con tempi rapidi di implementazione; un pricing di sottoscrizione trasparente e prevedibile; la possibilità di fronteggiare l’eventuale carenza di skill It. Pur riconoscendone i rischi legati alla affidabilità (garanzia riguardo all’accesso degli applicativi da parte degli utenti business), alla sicurezza (garanzia sulla privacy dei dati), alla dipendenza dei processi (certezza sulla qualità del servizio fornito).
Quali sono i principali fattori alla base dell’adozione del SaaS? Una ricerca empirica europea riguardante 154 aziende operanti in diversi settori, condotta da settembre a dicembre 2007 da ricercatori dell’Università di Monaco (www.uni-muenchen.de), ha cercato di rispondere a questa domanda.
Dai risultati emerge che l’incertezza legata al business rappresenta il fattore più rilevante per le Pmi, mentre, per le grandi aziende è determinante la specificità applicativa. Inoltre, la dimensione aziendale non è ritenuta una variabile discriminante, ossia non si può affermare che questo modello di sourcing sia preferibile da parte delle Pmi piuttosto che dalle imprese più grandi e viceversa.
Il modello della ricerca si basa su quattro ipotesi: 1) la specificità dell’applicazione rappresenta un fattore non abilitante per il Saas; 2) l’incertezza rappresenta un deterrente al SaaS, 3) la frequenza d’uso è un fattore frenante l’adozione al Saas; 4) la dimensione è un fattore negativamente associato al SaaS (figura 1).
Figura 1: Ipotesi sulle quali si basa il modello della ricerca sull’adozione del SaaS
(Cliccare sull’immagine per ingrandirla)
Il framework teorico di questo modello richiama alcuni fondamenti della Teoria dei costi di transazione (Tct), una delle principali teorie nell’ambito degli studi organizzativi, diffusamente adottata per comprendere e spiegare i processi decisionali aziendali in merito all’outsourcing dell’It.
L’outsourcing di applicativi software, cioè lo sviluppo e la manutenzione curate da un fornitore esterno, rappresenta l’alternativa allo svolgimento di tali attività all’interno dell’azienda. Nel principio base (e alquanto ovvio) della Tct si sostiene che, poiché l’acquisto o l’affitto di un servizio (vedi il Saas) o un prodotto richiede un costo, se esso diventa troppo elevato, ne è più appropriata la produzione in-house. La Tct si fonda sui seguenti assunti: la mente umana è incapace di trovare o elaborare tutte le informazioni riguardo a una transazione (intesa come scambio tra parti contraenti) che viene, pertanto, condotta con un certo livello di incertezza; ognuno agisce per il proprio interesse con atteggiamento, quindi, opportunistico. Dalla combinazione di questi due assunti deriva un’asimmetria informativa: il venditore, per raggiungere il miglior accordo, tende a nascondere i difetti del prodotto, mentre il compratore non rivela quanto potrebbe essere disposto a pagare. Poiché entrambe le parti sanno che ognuna agisce in modo opportunistico, ciascuna si attiva a cercare informazioni (per esempio, l’acquirente richiede un test sul prodotto prima di acquistarlo e opportune delle garanzie). Questa ricerca genera costi legati alla transazione. E ciò è particolarmente vero nel caso dell’outsourcing Saas in cui l’applicativo del provider può comportare costi di transazione più bassi o più elevati rispetto all’impiegare un applicativo in-house.
Più personalizzi e meno conviene
Secondo la Tct, i fattori che determinano un accrescimento dei costi di transazione sono raggruppati in tre categorie: la specificità degli asset richiesti per condurre la transazione, l’incertezza riguardo alla transazione e la frequenza della transazione eseguita.
Quando la specificità degli asset è alta significa che essi sono molto connessi al contesto applicativo: ciò fa sì che la loro produzione interna generi dei costi di transazione più bassi rispetto a quella esternalizzata. Nel Saas la specificità dell’applicazione si riflette sul grado di personalizzazione: più l’applicazione è personalizzabile, più elevati sono gli investimenti sostenuti dal fornitore. I costi di integrazione e di coordinamento per l’esecuzione di un sistema applicativo altamente personalizzato fornito in outsourcing hanno maggior peso rispetto ai costi di transazione sostenuti per eseguire l’applicazione internamente. Dunque, appare evidente che la specificità dell’applicazione rappresenta un fattore non abilitante per il Saas (il legame è negativo: più specificità, minore ricorso al Saas).
Il fattore incertezza
In genere di fronte a una elevata incertezza, si tende a percepire rischi più alti e questo può rappresentare un freno al ricorrere all’outsourcing. L’incertezza viene vista sotto un duplice aspetto: di quanto, fattori quali il pricing o i processi, possono cambiare nel corso della relazione con il fornitore? (aspetto di business); di quanto le funzionalità richieste e le caratteristiche dell’applicazione in outsourcing possono modificarsi nel tempo? (aspetto tecnologico). Si potrebbe ipotizzare che quando essa è alta per il potenziale comportamento opportunistico del fornitore riguardo ad attività legate sia al business sia alla tecnologia, l’azienda preferisca mantenere internamente il controllo sulle attività ad alto rischio. Pertanto, anche per quanto concerne l’incertezza il legame è negativo: l’incertezza rappresenta un deterrente al SaaS.
Sempre secondo la Tct, un numero crescente di transazioni comporta la creazione di una relazione di fiducia e routine che possono essere rappresentate in maniera più efficiente se le parti sono all’interno dell’organizzazione rispetto al caso in cui una è nell’impresa e l’altra all’esterno, sul mercato. Inoltre, tanto più strette sono le interdipendenze tra le unità all’interno dell’azienda, tanto maggiore è la necessità di integrarle perché ciò determina un risparmio in termini di costi delle transazioni, che si concretizza in effetti di routine (standardizzazione) ed economie di scala. Le transazioni con bassa frequenza che implicano minore complessità rendono preferibile il ricorso all’esterno. Nell’ambito del SaaS si può ritenere che un uso di un’applicazione che richiede diverse interfacce, skill e risorse e un numero elevato di interazioni (dalla pianificazione, all’adattamento, al monitoraggio del completamento del task) e, dunque, elevata frequenza di transazioni, si traduce in un incremento di coordinamento tra le varie entità e, quindi, maggiori costi. Perciò la frequenza d’uso è connessa negativamente all’adozione al Saas; è un fattore frenante.
Sono diverse le opinioni riguardo al ruolo che la dimensione dell’azienda gioca nel processo di adozione di nuove tecnologie e innovazioni. Da un lato c’è chi sostiene che le large enterprise spesso godono di risorse in eccesso che contribuiscono ad accrescere l’apertura verso sperimentazioni tecnologiche. Dall’altro, si afferma che queste aziende sono più lente e meno agili rispetto alle piccole, hanno cioè un’inerzia strutturale che richiede maggior sforzo e più costi per l’adozione di tecnologia. Nel contesto dell’outsourcing It le Pmi sono particolarmente interessate alla fornitura di servizi applicativi più flessibili: ciò è dovuto al fatto che esse possono accedere a risorse strategiche che sono spesso costose ma essenziali per fronteggiare la competizione con le grandi aziende. In base a questa affermazione e all’ipotesi che le imprese di maggiori dimensioni mostrano una più elevata inerzia strutturale, si può sostenere che la dimensione è un fattore negativamente associato al SaaS (più grande è l’azienda è minore è il ricorso all’outsourcing applicativo).
Al fine di testare le ipotesi formulate nello modello teorico è stato inviato un questionario a 1200 Cio o manager It scelti in maniera casuale da un database di 3000 aziende operanti nei settori finance, manufacturing, logistica, high-tech, energia e entertainment in Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna. L’oggetto dell’analisi ha riguardato 284 (su 1200) questionari (169 per le Pmi e il resto enterprise) per 154 aziende (di cui 115 Pmi). L’applicabilità e i driver per l’adozione del SaaS sono stati testati facendo riferimento ai seguenti tipi di applicativo: Erp, Crm, Scm, Produzione, Risorse umane, Content management e Collaborazione.
Applicazioni non-core
I risultati hanno evidenziato che l’incertezza legata sia al business sia alla tecnologia è il maggior ostacolo per il SaaS. La specificità applicativa è un fattore capace di spiegare il livello di outsourcing It in caso del SaaS: sistemi applicativi che si suppone abbiano un più basso grado di specificità, nel senso che sono più facilmente trasferibili da un contesto applicativo a un altro (come le applicazioni di Crm), mostrano un livello di adozione più alto; invece sistemi applicativi altamente specifici (la Produzione per esempio) presentano un livello di adozione molto più basso. Per quanto concerne la frequenza d’uso i risultati sono stati inconsistenti. Il grado della complessità di interazione e dell’intensità del coordinamento influenza maggiormente la decisione verso il Saas da parte delle Pmi rispetto alle grandi imprese. Ciò potrebbe essere attribuito al fatto che gli sforzi organizzativi richiesti in una relazione di outsourcing richiedono un impegno di risorse più elevato per le Pmi che non per le imprese più grandi. Nel complesso, le aziende sono più inclini al Saas quando si tratta di applicazioni non critiche, che coinvolgono un basso livello di sicurezza dei dati, non hanno implicazioni sulla privacy e necessitano di poca integrazione con gli applicativi già presenti in azienda. Invece, sembrano ancora scettiche nei confronti di aree applicative che interessano transazioni che sono strettamente legate ai processi core (Erp e Produzione) e transazioni tra acquirenti e fornitori soprattutto per l’Erp.
La specificità applicativa gioca un ruolo più forte nell’adozione al SaaS per le grandi aziende, mentre l’incertezza ambientale è un fattore più influenzante per questo modello di outsourcing nelle Pmi. Nell’optare per il Saas, per le Pmi l’incertezza rappresenta il fattore o driver più forte se comparato con la specificità applicativa o la frequenza d’uso. Prima che una piccola-media azienda sia pronta a prendere una decisione in favore del SaaS, vuole sentirsi assicurata riguardo a futuri cambiamenti nei prezzi e nei processi. Mentre per gli aspetti tecnici sono importanti i vincoli contrattuali e la reputazione del fornitore. Al contrario, le large enterprise sono restie al Saas a causa delle forti implicazioni sull’ambiente It presente: esse tendono ad avere frammentarietà dei sistemi legacy, realizzati in tempi diversi e resi più complicati dalla complessità dei processi di business. Per questa ragione la specificità applicativa diventa un fattore fondamentale non solo per le Pmi ma anche per le grandi aziende nell’orientamento verso il SaaS.
Questi risultati si riflettono anche a livello di management. Da un lato, i responsabili It delle Pmi, nel valutare l’adozione del SaaS dovrebbero focalizzarsi sull’incertezza tecnologica e su quella legata alle potenziali fonti di business, tutelandosi attraverso le modalità di contratto (modello di prezzo e definizione di particolari Sla, Service level aggrement). Dall’altro, gli It manager delle grandi aziende dovrebbero, invece, concentrarsi sulla facilità o difficoltà d’integrazione degli applicativi in SaaS con i processi e gli applicativi esistenti e sulla presenza degli adeguati skill, interni o forniti dal provider.
In riferimento alla dimensione aziendale quale fattore influenzante l’adozione del SaaS, la ricerca ha rilevato che non è un elemento significativo.
Sono stati analizzati i livelli di adozione in termini della percentuale di budget per applicazioni in SaaS assegnato per i prossimi quattro anni. Nel primo anno, le Pmi (numero di dipendenti inferiore a 250), in media, hanno assegnato circa il 5,7% stimando di arrivare fino al 14,8% nel quarto anno (prevalenza per il Crm, Risorse umane e Collaborazione), mentre le grandi aziende (con più di 250 dipendenti), rispettivamente il 3,6% e l’11% (con la stessa preferenza per i tipi di applicazioni). Tasso quasi triplicato per entrambi i gruppi di aziende. Le Pmi mostrano maggior tendenza ad avvantaggiarsi della flessibilità offerta dal modello SaaS, anche se, in prospettiva, il divario tra esse e le grandi si riduce.
Si può concludere che il SaaS non rappresenta una valida opzione solo per le Pmi, ma è un’opportunità anche per le grandi aziende e che vi sono due importanti driver da tenere in considerazione, la specificità del contesto applicativo e i rischi legati all’incertezza ambientale.