SoftIT: il web 2.0 aiuta a “fare squadra”

È la community della software factory di Telecom Italia ed è nata per consentire ai team di sviluppo e produzione del software di collaborare e mettere a fattor comune la conoscenza maturata. C’è voluto un po’ di “stimolo” iniziale ma i risultati sono stati confortanti: risparmio di tempo, risorse e costi

Pubblicato il 04 Nov 2009

MILANO – Era la fine del 2008 quando Telecom Italia (www.telecomitalia.it) definiva le nuove linee strategiche per il triennio 2008-2010 che davano il via ad una importante riorganizzazione dell’azienda, soprattutto nella Direzione, che alla modalità di presidio del business per tecnologie (fisso e mobile) ha favorito un’articolazione per segmenti di clientela (business e consumer). Articolazione che oggi ha il compito di individuare strutture e soluzioni che, per ciascun mercato di riferimento, offrano soluzioni sempre più integrate costituite da prodotti e servizi convergenti. Individuato nell’offerta dei servizi convergenti fisso-mobile-dati il “nuovo” core business, il gruppo ha dovuto dare poi inizio ad una riorganizzazione delle attività dedicate alla gestione delle infrastrutture tecnologiche e di rete. La nuova Direzione prende il nome di Technology&Operations (che fa capo a Stefano Pileri) ed è articolata in quattro diverse strutture, una delle quali è quella dell’Information Technology (le altre tre sono: Open Acces; Network; Technical Infrastructures). La struttura IT, che fa capo a Giovanni Chiarelli, ha il compito di presidiare l’innovazione, lo sviluppo e l’esercizio delle infrastrutture e dei sistemi informativi per il business e le operations Tlc e tra i principali driver individuati nel piano strategico 2008-2010 figura l’introduzione di una Software Factory unica per la system integration.
La costituzione di un’unica Software Factory, composta da circa 900 persone e oggi sotto la direzione di Angelo Solari, ha avuto inizialmente come obiettivo principale quello di unificare tutti i processi di sviluppo software in modo che si potessero raggiungere delle vere e proprie “economie di scala”. “Se però la fase iniziale ci ha visti concentrati sulla definizione dei processi industriali di produzione del software (avvenuta anche con il supporto del modello metodologico CMMI – Capacity Maturity Model Integrated) – spiega Solari in una recente intervista rilasciata a ZeroUno – gli sforzi maggiori si sono poi focalizzati sulla capacità di far leva su asset di conoscenza intangibili che, messi a fattor comune, avrebbero potuto non solo migliorare la gestione delle informazioni ma, soprattutto, essere riutilizzati in più progetti, con evidente risparmio di tempo, risorse e costi”. Uno degli strumenti utilizzati per raggiungere questi obiettivi è SoftIT. “Si tratta di una community aziendale al cui interno esistono varie sezioni (blog, sezione Help me per la richiesta di aiuto, newsletter, pillole tecnologiche, interviste al management, ecc.) – spiega Solari -. L’idea era di creare uno spazio di condivisione che potesse trasformarsi in diretto beneficio per gli obiettivi lavorativi. Considerando però che la partecipazione alla community doveva essere in aggiunta agli obiettivi lavorativi (cioè contribuire alla community non va a sostituire gli impegni/obiettivi stabiliti) e che non è cosa facile convincere le persone a trasferire la propria conoscenza agli altri, abbiamo pensato di “stimolare” il progetto con una sorta di concorso mettendo in palio alcuni gadget per gli users più attivi”. L’incoraggiamento ha avuto interessanti risultati e la percentuale di attivazione dei profili è stata del 75% circa (su quasi 750 dipendenti della Software Factory, ci sono state oltre 560 attivazioni). “La community ha aperto nel giugno del 2008 e a settembre è stato dato il via ad una vera e propria “comunità di pratica” che è partita come sorta di forum inserito all’interno della community ma che in pochissimi mesi ha assorbito tutte le altre sezioni diventando di fatto il vero motore della community stessa”, racconta Solari. E per lo sviluppo futuro della community? “Abbiamo chiesto direttamente ai partecipanti di comunicarci le loro esigenze e i loro suggerimenti”, risponde Solari che sottolinea come il patrimonio informativo derivante dalla community costituisca un primo embrione per uno “Skill Inventory” di competenze tecnologiche. Tra gli obiettivi futuri, infatti, oltre a garantire l’equilibrio della community senza ricorrere a concorsi a premi, vi è quello di rendere misurabile il valore prodotto dalla community, “anche con l’aiuto del mondo della ricerca e dell’università”, conclude Solari.

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