Ibm: nuova tecnologia per i server x86

La ricerca Ibm realizza un chipset per la gestione dei processori Xeon che permette di moltiplicare la memoria Ram indirizzabile e di ottimizzare dinamicamente l’I/O in funzione dei carichi di lavoro. Le nuove macchine, in arrivo entro l’anno, si collocano nella fascia medio-alta dell’offerta

Pubblicato il 03 Mag 2010

Dopo sole tre settimane dalla presentazione dei server Unix-Linux basati sui nuovi processori Power7, Ibm rinnova la propria offerta nel campo dei server x86, un mercato molto più vasto e anche molto più combattuto. Le macchine x86 rappresentano infatti, secondo analisi Idc riferite al 2010, il 57% in valore dell’intero mercato server e sono anche l’unico segmento che rispetto al 2009 mostra una tendenza di crescita, contro la sostanziale staticità dei mainframe e dei server Itanium (fermi al 9 e 10% rispettivamente) e il leggero calo delle macchine Risc (dal 26 al 24%). In area x86 Ibm ha negli ultimi 12 mesi, secondo Idc, guadagnato più quota di mercato di ogni altro vendor, raggiungendo a livello worldwide l’attuale market share del 19,6% in valore, con una crescita del 3,5% anno su anno. Va fatto notare, inoltre, che si tratta di una crescita in accelerazione e spostata nell’area dei blade server: se infatti ci si riferisce agli ultimi tre mesi 2009 anziché all’anno, il guadagno in market share è del 5,4%, che porta Ibm ad essere, sempre secondo Idc, al primo posto in questo settore strategico del mercato.

“In questo sviluppo – come ha fatto giustamente notare Ornella Bricchi (nella foto), responsabile System x in Ibm Italia – il nostro paese ha giocato un ruolo di primo piano. L’Italia è infatti il mercato dove la crescita Ibm nei server x86 ha segnato il tasso d’incremento maggiore, con un notevolissimo +15% nel quarto trimestre 2009”. Un dato che sembra indicare una ripresa degli investimenti infrastrutturali indispensabili a un organico sviluppo del settore.

In questo momento di svolta del mercato, Ibm potenzia l’offerta System x e BladeCenter introducendo delle macchine che, come i server Power recentemente lanciati, fanno leva su una nuova tecnologia. Non si tratta ovviamente delle Cpu, che per tutte sono gli Intel Xeon quad-core (e in prospettiva, 6 e 8 core), ma di processori che gestiscono l’accesso alla memoria e ai sistemi di I/O. L’architettura eX5 (quinta generazione della X-Architecture Ibm), riduce drasticamente il tempo di latenza tra memoria e Cpu e, soprattutto, disaccoppia la Ram dal processore, rendendo la memoria scalabile in modo indipendente dalla Cpu. Questo moltiplica il numero dei moduli Dimm disponibili per la Cpu, permettendo, in pratica, di aumentare drasticamente (sino all’82%, secondo test di confronto tra server Ibm ‘two-socket’ standard ed eX5) il numero di server virtuali a parità di licenze software, che sono calcolate sul numero dei processori. Altre nuove tecnologie a supporto del maggior sfruttamento della Cpu sono la eXFlash, per la gestione dei dischi a stato solido (che possono essere sostituiti ai dischi tradizionali senza alcun intervento sul sistema), e FlexNode per la gestione dell’I/O. Quest’ultima permette di convogliare e gestire da una stessa porta fisica più protocolli (Ethernet, Fiber Channel on Ethernet e iSCSI), ottimizzando dinamicamente il sistema in funzione dei diversi compiti.
I primi sistemi eX5, che saranno resi disponibili nel corso dell’anno, sono tre: BladeCenter HX5, sistema ad alta densità two-socket (quindi 4, 6 o 8 ‘core’); System x3850 X5, potente macchina da 4 unità rack con quattro socket, indirizzata ad impieghi di calcolo intensivo e large symmetrical multiprocessing, e System x3690 X5. Quest’ultimo è un server rack sottile (2 unità) che Ibm presenta come il più potente two-socket sul mercato e sul quale, con un pricing che viene definito da ‘entry level’, si concentrerà presumibilmente lo sforzo della rete commerciale.

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