Il ‘green’ che nasce dal software

Le macchine eseguono quello che i programmi comandano di fare. La qualità del software nei confronti dell’efficienza energetica è quindi un fattore essenziale per attuare un programma di contenimento dei consumi, in difetto del quale gli investimenti sull’infrastruttura rischiano di essere vanificati. Come Accenture e il Politecnico di Milano hanno affrontato il problema

Pubblicato il 16 Giu 2010

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Se si considera nell’insieme l’ampia tematica che, per semplicità, viene concettualmente raggruppata e classificata sotto il ‘cappello’ del green computing, non si può non notare come siano gli aspetti ‘fisici’ dell’It, vale a dire quelli inerenti l’hardware, a dominare la scena.
Dai sistemi di condizionamento degli ambienti e di alimentazione e raffreddamento dei sistemi, fino all’architettura e alla costruzione dei processori, è l’efficienza energetica dell’infrastruttura, sia intrinseca sia relativa al suo impiego, che focalizza l’attenzione degli interessati. Si trascurano invece gli aspetti ‘logici’ del problema, che pure sono essenziali. L’infrastruttura, infatti, non è che il mezzo per realizzare il fine ultimo della funzione It, che è quello di fornire al business servizi che sono, di fatto, programmi software.
Da sempre rivolta, per sua natura, ai problemi del software, Accenture ha quindi affrontato il tema del green computing da questo punto di vista.
“Ci siamo chiesti – osserva Giorgio di Paolo, responsabile It Strategy di Accenture – se non ci fosse un modo ‘green’ di scrivere i programmi. E di capire se e quanto il bisogno d’infrastrutture sempre più potenti, e quindi dai crescenti consumi, non fosse dovuto, oltre che alla crescita dell’It e del suo impatto nelle organizzazioni, anche allo scadere della qualità del software. I programmi infatti sono scritti con poca o nessuna attenzione all’efficienza energetica: se fanno quello che devono fare, quanto consumano non è un problema”. Si è quindi deciso di compartecipare, con finanziamenti ma soprattutto con una stretta collaborazione, al progetto Energ-It, promosso dal Politecnico di Milano.
“In una prima fase – ricorda di Paolo – abbiamo lavorato con il Politecnico nella misura dell’efficienza energetica del software”. Tramite macchine realizzate ad hoc, si è visto che misurare i consumi d’energia dovuti al software era possibile e si è osservato che, a parità di livello di erogazione di uno stesso servizio It, soluzioni software diverse davano consumi anche molto diversi. Si è allora studiato un algoritmo che potesse stimare il consumo in base all’analisi del codice ed è stato realizzato uno strumento che può stabilire (con una corrispondenza molto vicina ai dati della macchina hardware) se un software è più o meno efficiente di un altro.
Per chiunque, utente o fornitore, si occupi di It, è un grande risultato. Analizzando, per esempio, il software che calcola il tasso di rendimento di un mutuo per la banca, si sono misurate differenze di tre ordini di grandezza, cioè da 1 a 1000, a seconda dell’algoritmo adottato. Se si pensa a quante volte il servizio viene eseguito, si ha un’idea di quanto ciò pesi sui consumi del Data center in termini di Mips e quindi di elettricità. “Se si cerca di risparmiare energia – conclude di Paolo – scrivere bene il software è un punto nodale”. Sul tema, Accenture sta studiando la nascita di un “Osservatorio dell’efficienza energetica del software”. Lo scopo è di analizzare e monitorare l’evoluzione del problema dandone un quadro annuale, nonché di fornire indicazioni utili, basate sull’analisi dei prodotti in uso, alle organizzazioni che vi vorranno aderire.

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