A metà tra un brain storming e una seduta psicoanalitica, abbiamo avuto il piacere, alcuni giorni fa, di partecipare a un Forum di confronto tra alcuni rappresentanti del mondo dell’offerta e una selezione di giornalisti del settore Ict ed economico. Obiettivo: ragionare sulle complesse dinamiche che sottendono il difficile rapporto esistente oggi, in fase post-crisi, tra fornitori, utenti e tecnologie Ict come leve per lo sviluppo e l’innovazione.
Ne è emerso un quadro nel quale accanto alle inevitabili lamentazioni per la difficile situazione economica, per la scarsa sensibilità a livello politico nel supportare la diffusione dell’Ict come strumento di innovazione competitiva e soprattutto per il “bastone del comando” che, salvo alcune eccezioni, la crisi ha generalmente spostato nelle mani degli utenti (vi ricordate l’Anno 2000, quando gli utenti compravano qualunque cosa?), c’è stato spazio anche per una sana autocritica dei vendor sui propri modelli di approccio al mercato. Modelli da rivedere, con l’esigenza di guardare alla propria posizione di fornitore di soluzioni Ict ripensando in parte approcci culturali, economici e organizzativi che forse andavano bene alcuni anni fa, con un andamento di mercato tutto sommato in grado di assorbire “storture e forzature”, ma che oggi, alla ricerca di quel modello organizzativo e competitivo da parte degli utenti che Gartner battezza sotto il nome di “nuova normalità” post crisi, rischiano di non trovare accettazione da parte del mercato. Andiamo un po’ più nello specifico.
Si è incominciato, non benissimo, puntando il dito in modo un po’ “rancoroso” contro l’utente che oggi è molto più esigente di un tempo: pretende, pensa un po’, di spendere meglio che in passato, è più attento a cosa fare, manca in genere di fedeltà nei confronti del vendor e vuole risultati concreti subito. Per contro, sempre in questa analisi dell’utenza, per forza di cose generalizzata, lo scenario che le imprese dell’offerta oggi vedono e nel quale devono sapersi muovere, sembra essere, dal loro punto di vista, abbastanza povero di innovazione, con scarsità di skill da parte delle aziende utenti italiane. In sostanza sembra esserci negli utenti davvero tanta paura di rischiare, soprattutto quando si tratta di portare un nome nuovo di vendor in azienda. Se il progetto fallisce, quando mi associo ad un top vendor, la colpa è in genere di quest’ultimo; se invece credo nel valore innovativo di quella specifica soluzione e mi lego a un vendor dal nome non così eclatante e riconosciuto, rischio pesantemente in prima persona. E quindi, con una scelta spesso di comodo, blocco il potenziale innovativo dell’Ict rispetto al business della mia azienda.
Siamo nel pieno del capitolo “il coraggio di affrontare scelte nuove”, che vede i vendor in genere lamentare la difficoltà di poter articolare le loro soluzioni all’interno di un ambito, l’azienda utente, culturalmente poco pronto a rischiare attraverso l’innovazione. Oggi i margini di manovra, a detta dei vendor, sono davvero ristretti, sempre parlando in termini generali.
Ma il dibattito non sarebbe stato tale se non fossero emerse, nel contraddittorio, le ragioni degli utenti e la conseguente analisi sul cambiamento di ruolo e dei modelli di approccio dei vendor. E delle relative paure legate al cambiamento. Ecco allora aprirsi il capitolo “psicoanalitico”, un salutare momento di riflessione e autocritica su come intervenire nella riformulazione di modelli di go-to-market e di relazione tra vendor e utenti. Ne è emerso un quadro di necessario cambiamento che vede i vendor ragionare sull’esigenza di investire affinché l’innovazione sia veramente capita e portata avanti presso l’azienda utente; un ruolo, quello del vendor, che insieme al Cio deve accompagnare l’innovazione Ict verso il top management, assumendosi, più di quanto non avvenga oggi, anche margini di rischio economico e cercando modelli organizzativi e linguaggi in grado di superare gli “anticorpi” che sempre si scatenano quando si parla di cambiamento. Proprio sul change management si identifica il territorio comune di lavoro, vendor-utente, che potrà favorire in azienda la diffusione dell’innovazione Ict come leva di efficienza e di aumento competitivo.
“Abbiamo spesso – è stato detto – soluzioni tecnologiche che impattano direttamente sul versante organizzativo dell’impresa. Per questo la soluzione deve essere proposta da un interlocutore di fiducia”. E a dimostrazione dell’impatto che le tecnologie Ict hanno sul fronte organizzativo, sono arrivate alcune dichiarazioni di player in merito ad implementazioni parziali, che hanno volutamente sfruttato soltanto alcune caratteristiche di base della tecnologia, proprio per evitare che fossero eccessivamente dirompenti sul fronte delle abitudini operative consolidate. La fiducia, è emerso…”è una cosa seria”. Il trust, così come a nostro avviso è fondamentale nella complessa dialettica tra sistemi informativi e Line of business, con soggetti credibili e competenti, allo stesso modo è fondamentale nella relazione vendor-utente. “Serve maggiore chiarezza e rispetto dei ruoli nell’ambito dei vendor, per approcciare l’utente finale in modo corretto”, è stato detto, riferendosi al fatto che l’attuale crisi economica spinge talvolta i vari attori dell’offerta verso una logica di “scavalcamento selvaggio” tra i diversi soggetti che compongono la catena del valore che dal fornitore Ict, attraverso le terze parti, arriva fino all’utente finale. Ognuno deve saper stare al proprio posto, ma bisogna anche saper costruire una efficace sinergia.
Ecco allora che nel Forum si è toccato uno dei problemi più spinosi, il capitolo del “modello di approccio al mercato”. Questo, probabilmente, è il tema di riferimento. Oggi i soggetti (i vendor) che approcciano l’utente finale, non sono in grado di mettere a punto soluzioni complessive partendo, come è naturale che sia, da diverse specificità di offerta. Ma se da un lato gli utenti lamentano, in numerose indagini di mercato, l’incapacità dei vendor di saperli seguire in un complesso e lungo percorso di cambiamento nel quale le tecnologie Ict possono rappresentare una delle risposte più efficaci sul piano dell’innovazione, e dall’altro i vendor rilevano la difficoltà di poter portare innovazione presso le aziende utenti, qual è allora la risposta su cui potersi concentrare e indirizzare le proprie strategie? Ovviamente la risposta non è semplice né univoca, ma parte, a nostro avviso, da un’importante considerazione che abbiamo posto al dibattito: le tecnologie Ict vanno quasi sempre a modificare processi e assetti organizzativi. Questa considerazione deve entrare nella cultura di vendita del vendor che non può più seguire logiche di offerta molto parcellizzate e fortemente technology oriented, ma deve avere la consapevolezza che la propria soluzione va ad inserirsi sia in un sistema informativo preesistente disegnato per dare determinate risposte, sia all’interno di un panorama di offerta nel quale la soluzione deve integrarsi. Ecco allora emergere la consapevolezza, nei vendor, che “dobbiamo ragionare in maniera nuova e dobbiamo abituarci all’idea di cambiare approccio, valorizzando una capacità di governo delle partnership tra differenti attori dell’offerta che oggi manca in buona parte, per presentarci all’utente finale come attori credibili, in grado di attuare realmente soluzioni Ict organiche all’esistente e finalizzate a portare davvero innovazione”. Ben sapendo che l’innovazione tecnologica non deve essere ricercata soltanto attraverso l’ultima tecnologia da vendere, ma anche tramite una capacità di proporre soluzioni adatte a quell’azienda in quel particolare momento e contesto organizzativo.
Al “think tank” toscano era presente anche NetConsulting, con il direttore generale Annamaria Di Ruscio che ha provveduto a contestualizzare queste valutazioni all’interno di uno scenario di cambiamento economico, competitivo e tecnologico. Il disegno complessivo è stato efficace in quanto ha evidenziato le principali leve strategiche usate dagli utenti per far fronte alla crisi (ed entrare nella “nuova normalità”) – ad esempio, una su tutte, un profondo cambiamento del ruolo del consumatore all’interno dell’attività organizzativa e operativa dell’azienda (the conversation economy), una fase che vede le aziende utenti mettere a punto strategie di marketing customer centric sempre più sofisticate e innovative, con alla base un utilizzo raffinato e diffuso delle informazioni; con un numero di utenti di social networking che a luglio 2009 ha superato quello delle e-mail (fonte Morgan Stanley); con gli utenti Internet mobile che nel giro di un paio di anni supereranno i desktop internet user. Insomma una fotografia che ha ben definito la distanza esistente tra pressioni competitive degli utenti finali e capacità dei vendor di riuscire a dare risposte coerenti, vantaggiose, flessibili, veloci e in un vero rapporto di partnership. La sfida è apertissima e, valore positivo, i vendor, pur in mezzo a mille difficoltà di cambiamento, se ne rendono ben conto. Anche se il timore di commettere passi falsi è tanto.
L’incontro (11mo Forum IT) a cui facciamo riferimento si è svolto lo scorso giugno in un “pensatoio” tra le colline del Chianti, organizzato dall’Agenzia Grandangolo con i seguenti propri clienti: Axiante, Brocade, Computerlinks, Enterasys, Hitachi Data Systems, Lantech Solutions, Mauden, Panda Security, Riverbed Technology, Zycko.
Figura 1 – Le priorità delle aziende nel mondo per i prossimi 12 mesi
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