Gli impatti del Piano Industria 4.0 in Italia e, in generale, della quarta rivoluzione industriale e delle tecnologie digitali sul sistema produttivo italiano sono stati al centro del XVI Forum annuale del Comitato Leonardo, svoltosi di recente a Milano, che ha analizzato, grazie ad una ricerca KPMG, come sia stato recepito dagli imprenditori il Piano Industria 4.0 lanciato un anno fa dal Governo italiano.
Organizzato in collaborazione con Agenzia ICE, Confindustria e UniCredit, è l’appuntamento annuale che coinvolge istituzioni, imprenditori e rappresentanti del mondo finanziario per fare il punto sulla situazione del Made in Italy e sulle prospettive di sviluppo per le imprese italiane; la Ricerca KPMG è stata realizzata per conto del Comitato Leonardo su un panel di 330 imprese nel settore manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi ed è indicativa del sentiment delle imprese ma non ha rilevanza statistica.
Il cuore di Industria 4.0 può essere individuato nello smart manufacturing, ossia la connessione di produzione, robotica e dati nella prospettiva di superare il modello industriale attuale, rivoluzionando l’idea stessa della fabbrica come l’abbiamo fin qui concepita. Con questa premessa Alessandro Carpinella, Partner, Corporate Finance di KPMG, dà il via alla presentazione dei risultati della Ricerca, evidenziando che per valutare gli impatti del Piano Industria 4.0 si devono considerare le caratteristiche della struttura industriale italiana, caratterizzata da: un elevato numero di PMI; un numero ridotto di grandi attori privati in grado di guidare la trasformazione nel settore manifatturiero; pochi capi filiera in grado di coordinare il processo evolutivo delle catene del valore.
“Questa situazione ci condanna, felicemente, a una trasformazione dal basso”, è il commento di Carpinella, ricordando che il Governo ha scelto di intervenire a livello orizzontale senza focalizzarsi su settori specifici, optando per il coordinamento degli stakeholder ma senza un approccio dirigista. Si tratta di una scelta condivisa dalle imprese, oggetto della ricerca KPMG: “La principale indicazione riscontrata nelle reazioni degli imprenditori in merito al Piano Industria 4.0 in Italia è che gli strumenti diffusi e semplici funzionano”, sottolinea Carpinella, che precisa: “È ancora presto per trarre le conclusioni che questa scelta sia alla base della ripresa, negli ultimi mesi, degli investimenti, che erano invece precipitati nel decennio precedente”. I fatti evidenziano che il piano di incentivi del Governo ha incontrato il momento favorevole della ripresa degli investimenti in fattori produttivi di base, soprattutto nei settori industriali. Si è infatti registrata la crescita del 4% nella produzione di macchinari (nel periodo gennaio 2016 – luglio 2017) con un’impennata del 15% del relativo fatturato.
In tempi più recenti si verificano dinamiche positive in termini di investimenti fissi lordi con una crescita del 9% nel primo semestre 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una crescita dell’11,6% per i macchinari e del 10,7% per apparecchiature elettriche ed elettroniche. La distribuzione degli investimenti assegna un peso del 35% a macchinari e altri apparecchi, del 10% ad apparecchiature elettriche ed elettroniche, del 18% a riparazione, manutenzione ed installazione macchine, mentre il restante 37% va ad altre categorie di investimenti. Il tutto in un quadro di aspettativa di crescita degli ordinativi.
“Si dovrà attendere la seconda metà del 2018 per confermare gli impatti del Piano Industria 4.0 in Italia nel favorire questi risultati, ma è il momento di accantonare la retorica del nostro Paese fanalino di coda”, ribadisce Carpinella, facendo riferimento anche al buon andamento del mercato interno messo a confronto con quello della Germania. In Italia il settore macchinari e apparecchi è cresciuto dell’8% negli ultimi 18 mesi, contro il -2% di quello tedesco, mentre quello delle apparecchiature elettriche ed elettroniche ha visto un incremento del 3,5% contro il 3% tedesco.
È però possibile fin da ora mettere a confronto gli approcci dei diversi Paesi per sostenere il fenomeno 4.0, fra chi ha puntato soprattutto a incentivi a istituti e centri di ricerca, sostenendo in modo corposo un numero limitato di progetti (come ha fatto la Germania, seguita da Giappone e Usa), chi ha puntato soprattutto sugli sgravi fiscali alle imprese (come l’Italia) e chi ha seguito un approccio misto (come la Francia e la Gran Bretagna). Si tratta di capire come i diversi approcci siano in grado di tenere conto degli andamenti differenziati dell’economia dei diversi Paesi e di come favorire la crescita (figura 1).
KPMG misura il “sentiment” delle imprese verso Industria 4.0
A partire da questo quadro macroeconomico, la ricerca KPMG ha analizzato le valutazioni delle imprese, basandosi su un campione di 330 aziende, senza la pretesa di valore statistico.
Si registra un buon livello di conoscenza del Piano da parte di oltre i tre quarti delle imprese intervistate, con un gap di conoscenza in settori non manifatturieri (commercio e costruzioni dove la conoscenza è del 60% circa) e nelle imprese più piccole (dove la conoscenza è inferiore al 40%).
“Nella diffusione della consapevolezza hanno svolto un ruolo importante le associazioni di categoria (che hanno veicolato le informazioni per oltre il 60%), ma soprattutto la capacità di aggregazione dell’offerta, che è stata il principale ‘sponsor’ di Industria 4.0”, evidenzia Carpinelli. Si è dunque verificata una rara convergenza con il momentum positivo per il manifatturiero, registrato a livello internazionale come sopra evidenziato, che ha fatto sì che “le imprese capissero il valore dell’offerta tecnologica per il business”, sottolinea Carpinella, che aggiunge: “Le proposte dell’offerta hanno incontrato il momento giusto grazie alla propensione degli imprenditori all’investimento. Va riconosciuta la capacità di aggregazione dell’offerta che è riuscita a coordinare fornitori di macchinari, soluzioni, strumenti e servizi, fornendo anche consulenza sugli incentivi”.
Dalla Ricerca risulta che più della metà delle imprese che hanno investito ha dichiarato un ruolo propulsivo del Piano Industria 4.0 in Italia: senza gli incentivi avrebbe infatti investito in misura minore quasi il 48%, mentre il 5,6% non avrebbe investito affatto.
Tra gli impatti del Piano Industria 4.0, le misure largamente percepite come più utili sono gli sgravi fiscali: l’iper-ammortamento, utile per 72,4% delle imprese, è considerato la misura più interessante anche nel futuro da oltre il 40%; il super-ammortamento considerato utile dal 47,6%; il credito d’imposta per R&S utile per il 54,6%.
Gli impatti del Piano Industria 4.0 sul business
Il 73% delle imprese intervistate prevede profondi impatti di Industria 4.0 sul proprio business, con una consapevolezza maggiore per le imprese con oltre 250 addetti, dove raggiunge quasi l’85%. I principali impatti del Piano Industria 4.0 si rivolgono all’efficientamento produttivo (62,4%) che rappresenta un classico per l’automazione industriale e pesa soprattutto per le medie imprese (quasi 80%) e le grandi (oltre 73%) ma sono significativi anche l’incremento del valore aggiunto di prodotti e servizi (48,4%), il miglioramento delle relazioni con i clienti (38%) e con i fornitori (16,4%). Le ultime tre voci indicano una crescente consapevolezza del cambiamento profondo nei modelli di business, come approfondiremo in un prossimo articolo.
Le tecnologie abilitanti Industria 4.0 in Italia
Tra le 9 tecnologie abilitanti la quarta rivoluzione industriale (figura 2) le advanced manufacturing solution sono state oggetto di investimento da parte di un’impresa su due. Seguono gli investimenti nell’Industrial Internet (28,5% delle imprese), Big data e analytics (27%), cloud (26%).
Per quanto riguarda gli impatti del Piano Industria 4.0 sulla formazione professionale, quasi il 70% delle imprese avvierà iniziative specifiche in seguito agli investimenti effettuati. Anche in questo caso le più interessate saranno le aziende di grandi dimensioni e appartenenti ai settori dell’industria in senso stretto.
I dati quantitativi sono stati affiancati da focus group su base territoriale con imprese che stanno affrontando la digital innovation.
Ne sono emersi tre punti rilevanti:
- È il momento giusto, anche per gli imprenditori, per investire e introdurre cambiamenti e trasformazioni.
- I limiti alla trasformazione digitale della produzione sono dati solo dalla creatività imprenditoriale: l’estensione del fenomeno è potenzialmente immensa; le nuove possibilità digitali mettono in discussione e spingono a trasformare anche lo stile imprenditoriale.
- C’è un’adesione concettuale immediata agli strumenti del Piano, che segue un paradigma che asseconda le propensioni che guidano gli imprenditori e che funziona per la sua semplicità di attivazione.
“Ha funzionato la libertà assoluta, generando una grande onda lunga culturale che si sentirà anche nei prossimi anni”, è la conclusione di Carpinella.